Il 17 aprile Poste Italiane ha presentato il bilancio 2011: i numeri sono estremamente positivi in quanto la società ha totalizzato utili per 846 milioni e un risultato operativo di 1 miliardo e 641 milioni di euro. Si tratta quindi di una parte della Pubblica Amministrazione in salute.
Ciononostante, Poste Italiane ha deciso di mettere in atto una razionalizzazione dei costi. L’operazione, però, non concerne un ridimensionamento delle spese magari superflue, bensì un’inutile falciatura di posti di lavoro, anche a tempo indeterminato. Visti i saldi in verde, si può tranquillamente parlare di sciacallaggio.
Poste Italiane ha intenzione di riorganizzare la distribuzione basandosi su un coefficiente che tiene conto del volume di corrispondenza, della distanza tra l’ufficio postale e la zona di recapito, dei numeri civici, del numero di famiglie e di esercizi e del tragitto totale per attraversare la zona. Il calcolo, secondo le previsioni, garantirà una maggiore uniformità sul territorio circa il numero di postini e addetti vari.
Peccato però che produrrà anche molti esuberi. Le cifre certe parlano di 1765 licenziamenti prossimi venturi nelle 5 regione dove è già stato applicato: Piemonte, Emilia Romagna, Marche, Toscana e Basilicata. Il poco ambito primato spetta alla Toscana che dovrà contare su 600 impiegati in meno tra postini e personale del centro di meccanizzazione postale. Segue a ruota il Piemonte con 547 tagli e l’Emilia Romagna con 466. Gli altri 150 sono divisi tra Marche e Basilicata. Quando il coefficiente sarà usato in tutto il territorio nazionale, la Cgil prevede esuberi fino a quota 12 mila.
E meno male che l’azienda produce utili…
Fonte: Il Fatto Quotidiano