Magazine Cinema
Non è mai facile parlare di un film che vuole appartenere a quel filone, radioso e così terribilmente compianto, che ha fatto del nostro cinema un assoluto protagonista. Quando si pensa alla Commedia all'italiana si torna a ripercorrere quello splendido "scorcio" che si svela sul finire degli anni '50 e si rimargina pian piano negli anni '80. Dopo i grandi Mario Monicelli, Pietro Germi, Luigi Comencini, Antonio Pietrangeli, Luciano Salce, Luigi Zampa e altri non meno importanti, questo genere è andato lentamente a "morire" insieme ai loro "padri". Così, oggi, nel mezzo di questa incomprensibile e triste spirale di nulla e volgarità, fatta di Cinepanettoni e obbrobri senza stagioni, c'è qualcuno che riesce ancora a risollevare le attese di pubblico e critica, con un modo di intendere il cinema sulla scia di quello che i "grandi" in passato hanno saputo fare.
Carlo Verdone torna, con Posti in piedi in paradiso, ad affrontare la vita dell'italiano medio alle prese con una triste e complicata realtà che sfocia spesso nella disperazione e in quelle tipiche situazioni che tanto vanno d'accordo con la Mamma delle commedie.
Ulisse, Fulvio e Domenico si ritrovano a condividere lo stesso appartamento. Le mura fatiscenti non saranno il solo "comune denominatore" , poiché i tre portano addosso gli stessi problemi legati a divorzi, difficoltà economiche e tutto quel che comporta fare il padre "a distanza" e su appuntamento fissato in tribunale.
Verdone, nei panni di Ulisse, ex produttore discografico con una nostalgica passione per la musica "vintage", decide di delegare il ruolo del donnaiolo cialtrone (tipo Gallo Cedrone) a Marco Giallini (Domenico), uno scapestrato agente immobiliare con il vizio del gioco e un numero ancora indefinito di figli ed ex compagne. Poi abbiamo Fulvio, un "sempre grande", Pierfrancesco Favino, sprofondato nel tragico declino della sua professione che va dall'alta critica allo squallido gossip. Dopo Io, loro e Lara il regista e autore romano torna sulla scena conquistando sia pubblico che critica, puntando su una storia che nel suo insieme risulta equilibrata e mai banale, seppur a tratti carica di una comicità leggermente più scontata. Da apprezzare il giusto "mix" fatto di elementi seri, che fanno riflettere lo spettatore senza togliergli però la possibilità e il diritto di concedersi delle sane e grasse risate. Già le tre personalità incarnate da tre personaggi così diversi bastano da sole a creare situazioni davvero esilaranti, ma questo se non fosse amalgamato a "dell' altro", certo peccherebbe di pura buffoneria, e non è questo che va preso del film.
Dico questo perché ai momenti di pura "coattaggine" della ragazza che si fa rompere il naso dal chirurgo e sfoggia il tanga sotto i jeans si alternano momenti più accorti. Ci sono i figli che nonostante l'assenza di un padre scapestrato sanno prendere in mano la propria vita e farsi da soli la strada che li porti ad un futuro onesto e brillante. Figlie che a soli 17 anni trovano il coraggio di mettere al mondo un bambino perché niente e nessuno può farle credere che sia un errore, nonostante la miseria e quella maledetta parola funesta "precariato" rimbombi ovunque...
Le donne finalmente non appaiono come arpie o comunque non trasmettono messaggi negativi (fatta eccezione forse solo per la giovane ex moglie di Ulisse), come si fa a non amare la cardiologa Gloria, svampita e un po' fuori di testa vestita alla perfezione da una deliziosa Micaela Ramazzotti? (anche se dopo aver visto il film non faccio che chiedermi ma, ci fa o ci è?)... Comunque è fantastica!!!
Un film che merita d'esser visto e apprezzato, che ti lascia addosso la stessa malinconia e lo stesso coraggio di un uomo che ad un certo punto capisce di meritarsi anche lui un posto in paradiso...magari in piedi, ma comunque in Paradiso...
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