In fondo lavorare con Isolde mi piaceva.
Mi piaceva prendere la Sbahn all’alba e farmi largo tra le biciclette che, senza pietà, continuavano a spingere la folla.
Il vecchio impero di Potsdam, con la nebbia lattiginosa depositata sul ponte che sovrasta il lago.
Insomma, un vero schifo. Con Isolde ci occupavamo di customer service , come si usa dire oggi con una espressione edulcorata, per una azienda italiana che produce divani.
Un lavoro molto semplice e soprattutto utile alla società: i clienti chiedevano del Dott. Cesegale. Chi era? Un mistero. Avevamo una lista di scuse sul computer da leggere di volta in volta. Il dottore e´in riunione. Il dottore è a Bruxelles per lavoro. Il dottore è morto, torna domani.
Inoltre, rispondevamo via mail a chi chiedeva informazioni sulle offerte del mese.
La mensa. Isolde era a dieta (o almeno tentava), io degustavo le oscene zuppe pappose con i tocchi di wurstel bolliti.
Tutto ciò dalle 9 alle 5. Una vita scandita, lontano dai guai, come direbbe Mark Renton di Trainspotting. Unico svago: contemplare l’autunno dalla finestra nei momenti morti.
Al secondo mese, Isolde ha detto basta, e si è iscritta ad un corso per estetista. Io ero troppo presa dalla contemplazione dell’autunno berlinese per prendere decisioni altrettanto radicali.
Ma per fortuna talvolta sono gli altri a prenderle per noi: un giorno arriva una mail in cui viene stabilito che “il mio gentile contributo” è terminato e l’azienda di divani ha preferito spostare la manodopera virtuale a Kuala Lumpur.
Pazienza. Si vede che era destino.
In piscina, dove nuoto nel mio perfetto stile trota assieme alle signore tedesche pelosissime (la ceretta qui non è mai considerata particolarmente urgente) e quarantenni hi-tech con ipod da acqua, conosco Kristine.
Kristine fa la farmacista, è tedesca di Bonn e ha vissuto per due anni in Cile. Infatti è una crucca atipicamente solare, amante della confusione e del networking selvaggio.
Perennemente in ritardo, Kristine, come molti crucchi non sa cos’è il gusto e la convivialità gastronomica.
Una sera la invito a cena. Preparo antipasti, primi, secondi e contorni: salami, ravioli, arrosti e insalate, più una crostata. L’appuntamento è per le 21 circa.
Kristine arriva e di fronte al banchetto allestito confessa sorpresa che LEI HA GIÀ MANGIATO perché alle nove noi ci vediamo per una birra e dei salatini.
Ok. Mi adeguo.
Una settimana dopo Kristine contraccambia l’invito per una cena. Ho una fame da lupo del Brandeburgo e spero davvero di trovare tutte le leccornie dei sette mondi.
Kristine mi porge una ciotolina di yogurt con dei cetriolini.
- Te gusta Marion?
- Kristine, por favor, hablamos in deutsch..
- Natürlich.
- MMMMMMMMMMMM….sehr lecker….
Appena esco da casa mi rinchiudo nel primo kebbabbaro che incontro per la via. Compro tutto, anche le caramelle gommose che sanno di nafta.
Chiacchierando con Kristine, mi accorgo che il mio crucco parlato è abbastanza triste. Mi riscrivo ad un corso di livello inferiore al mio attuale. Lì conosco Detlef, il mio nuovo maestro.
Franz mi aveva stancata: sempre con questi lavori di gruppi, e che palle! Pareva di essere a giochi senza frontiere. Oltre al vocabolario dovevo ricordarmi le ginocchiere e il casco. Basta.
Detlef è gentile, pacato nelle spiegazioni, meno nevrotico di Franz e non allestisce nessun gioco di squadra. Mi ricorda Benny Hill, ma senza capelli e corsette nei parchi londinesi.
In classe non ci sono tredicenni e profughi di guerra, forse è una classe normale.
Sarà un corso breve, appena il tempo di un ripasso.
Alla terza settimana è già finito e facciamo una festicciola in aula. Ognuno porta qualcosa (tranne io): biscotti, cioccolatini, patatine, arance e banane, nonché del pane per i toast (senza che ci sia nulla da metterci sopra).
Detlef dispone i tavoli e le sedie in circolo. Dopo mette un po’ di musica. Roba forte: Michael Bolton: When a man loves a woman. Che c’entra? Solo lui lo sa.
Siamo tutti seduti attorno al grande tavolo, mangiamo e chiacchieriamo con discrezione. Io non resisto e dico ad alta voce con la bocca piena che È LA PRIMA VOLTA CHE STO AD UNA FESTA SEDUTA.
Detlef mi guarda e mi ammonisce con eleganza. Io continuo a mangiare a scrocco.
Finito il festino, tutti a casa.
Fuori nevica intensamente e fa freddo. Non sono abituata per cui cammino sulla neve affondando i piedi con gusto. I fiocchi di ghiaccio si fissano sui miei occhiali e i turchi alla fermata del bus ridono.
Altra stagione, altro giro.
Ma Detlef non era il protagonista maschile di Christiane F.? Ci sarà la neve anche sotto il ponte della stazione di Zoo?
Natasha Eva Kent Ceci