Magazine Per Lei

Pranzo di lavoro

Creato il 25 febbraio 2012 da Stimadidanno
La focacciara è chiusa, andiamo al ristorante tuttocompresonoveuro.
Non c'è locale milanese che non stipi gli avventori anche se è vuoto, in previsione di non so che orda inaspettata di clienti. Ci troviamo quindi a pranzare di fianco a due ragazzi, venticinque-trent'anni ciascuno.
M. parla, il visto un po' tirato, è assorbito da questioni molto pratiche ed è anche contento di essere lì, come ci organizzeremo stasera, la G. questa mattina quanti bacini prima di entrare in classe, il lavoroblabla, il fine settimana. Rispondo pertinente, mentre la parte sinistra del mio corpo è impegnata a captare cosa succede all'altro tavolo.
Vedo bene lui. Faccia normale, l'occhio ceruleo lo rende canonicamente belloccio. Troppo placido però, non scorgo particolari guizzanti che lo possano rendere tipo e lo bollo: scialbo. Per vedere lei devo spudoratamente girarmi, butto un occhio verso la cassa giustificando la torsione del collo. Le manca un vero taglio di capelli, il fondotinta è un po' troppo scuro, il profilo e la gestualità mi dicono che è un po' in tensione lì, è emozionata anche se finge indifferenza. Ha un accento del centro-sud, non deve essere in città da molto, me la immagino in un monolocale troppo caro e so che si chiede ma chi me lo ha fatto fare quando è sola.
Parlano di lavoro, lavorano insieme, frasi generiche. Ordinano.
Ed è davanti ad una pizza al prosciutto (lui) e alle tagliatelle gamberi e zucchine (lei) che il fatto si compie.
Lui esplora le intenzioni di lei.
Lei sta sul generico, mica si vuole sputtanare. Colgo vaghissimamente una velata richiesta di attenzioni, lei ha bisogno di punti di riferimento ma deve farsi vedere forte, sicura. Scuote troppo la testa, però, occhio che ti tradisci.
Lui agree, fa il magnanimo, mostra di apprezzare il fatto di essere apprezzato ma non ricambia i velati complimenti. Un po' un bonzo al prosciutto, ecco. Occhio che ti frega, bella.
E infatti, improvvisamente, lui va dritto al punto. Gli sta benissimo continuare a vedersi, così senza un particolare impegno, l'importante è che non si sappia al lavoro e in giro.
Mannaggia al gamberetto, si è fermato nella trachea. Tesoro mantieni la calma. Dignità.
No, non c'è niente che non vada, è che si vede con un'altra. Si conoscono da molto, non sa come andrà, non è ancora nato niente ma non si sa e allora lui ritiene corretto avvisarla. Generoso.
Lei lo ringrazia per la correttezza e incassa. Per fortuna riesce a dire no vabbè allora facciamo che no. Cazzo però anche tu, lo ringrazi? Fingi almeno di aver avuto un sospetto!
Ovviamente non finiscono il pranzo e cercano di svignarsela al più presto, la tensione è palpabile, non riescono più a stare uno di fronte all'altra.
E M.? Non si è accorto di niente! Gli ho dovuto spiegare tutto, dopo!!! Ma come si fa!!!???
Commenti a latere:
1) nella mente di un maschio ammogliato e pensieroso il baccalà alla siciliana batte la soap opera 1-0
2) la strategia di affrontare un discorso del genere in un luogo pubblico, e per di più a pranzo, preserva il maschio occhioceruleo dalla scenata di lei, il contesto business lunch milanese contiene le reazioni ed il tutto sembra una fredda trattativa con analisi costi-benefici. Ti è andata bene, caro mio. Ad altri non è stato risparmiato il cazziatone pubblico. 
3) una che nella vita ha pronunciato la frase Ci vediamo per un dialogo critico-costruttivo non avrebbe il diritto di scrivere un post sulla coppia. Ennò, proprio no. Ho ritrovato di recente una fotografia risalente ad un mesetto prima di pronunciare quella sentenza. Ancora ridiamo. Fortuna che avevo le tette, dice, che il vaffanculo era lì sulla punta della lingua. Un poeta.
4) essere presenti e assenti in assoluta parità di concentrazione è un dono della maturità, va tutelato, allenato, mai più senza. Che la presenza costante è una fatica, serve anche tirare il fiato. O no?
E tra quell'essere presenti e quell'essere assenti non c'è opposizione, c'è un elastico, una gamma di sensazioni indicibili dove la parola è inadeguata (o almeno, la mia lo è), è il mistero che tiene legate le persone, guai a risolverlo interamente quel mistero, ci sarà sempre perché sempre si cambia e ci si rincorre e poi ci si ferma e si riparte. Che fatica, che noia, che bello.
5) scorrono i titoli di coda su queste note:

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