Dopo l'attesissimo discorso del premier di oggi pomeriggio abbasseranno la serranda e la rialzeranno tra cinque settimane abbronzati, tirati a lucido e carichi di santità a buon mercato, dopo il pellegrinaggio in Terra Santa. Cinque settimane in cui si compirà la strana magia delle sale d'attesa semideserte negli studi dei medici di base, in cui l'indignazione tanto al chilo alla SpiderTruman si riverserà su una notizia letta di striscio mentre stiamo prendendo il sole, tra un cruciverba e l'altro, invece che sul solito link su Facebook che in due secondi condividiamo sulla nostra pagina con tutta la furiosa carica del nostro sdegno, magari accompagnato da un commento acidissimo. Ci incazzeremo in auto, quando Isoradio annuncerà che quest'anno secondo qualcuno andrà in vacanza solo un italiano su cinque, secondo qualcun altro la metà, secondo altri ancora 10 italiani su 5 o dieci alla sesta italiani, ci incazzeremo perché la coda di due chilometri "è in aumento", come dice 103.3, e sbraiteremo ad alta voce: - Son venuti tutti qui quelli che vanno in vacanza??? - E così tra cinque settimane, non appena il cartello "chiuso per ferie" sarà staccato, ripartiremo con le pile cariche e gli indici formicolanti sulla tastiera, ancora più pronti a indignarci a colpi di click, a gridare "TUTTI A CASA!" o "RIVOLUZIONE!" sotto al video dell'ennesima barzelletta di Berlusconi o dell'ennesimo menù di lusso proposto a prezzi popolari nei ristoranti parlamentari. Torneremo ad arrabbiarci perché Vendola preferisce la parola "amici" a "compagni" e per tutti i Giri della Padania e le sedi ministeriali decentrate di questo mondo. È una gara forsennata a chi si indigna di più, un gioco al rialzo che sembra non avere mai fine. Il tappo sta per saltare, la bomba sta per esplodere: da quanto tempo ormai ripetiamo queste frasi come un mantra, sperando che accada davvero? Così non facciamo altro che aspettare qualcosa o qualcuno che faccia scattare la molla al posto nostro. In realtà non facciamo altro che pregare, pregare, pregare. E non accade mai nulla.
Chissà, forse il giorno in cui la traballante sedia su cui poggiamo crollerà definitivamente smetteremo di indignarci e usciremo a milioni, tutti assieme, per gridare la nostra voglia di cambiamento. Quando si ha il culo a terra l'unica cosa che si può fare è rialzarsi. Ma se vogliamo davvero arrivare a quel punto, be', allora significa che tutte le Reti e tutti i social network possibili immaginabili non potranno mai guarire la tragica malattia italiana, e come al solito sarà troppo tardi per dire: "Perché non ci siamo alzati prima?".