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Premiata Sartoria Renzi

Creato il 21 giugno 2014 da Albertocapece

capiAnna Lombroso per il Simplicissimus

Lo so anche voi vi siete domandati mille volte quali fossero le competenze e le “professionalità” del governo Renzi e del suo premier, la cui legittimazione attraverso il voto alle europee va automaticamente associata al suo nome, che ormai nessun notiziario, nessun Tg, nessun commento autorevole può sottrarsi a questa regola. Allora abbiamo capito, come ha rilevato il Simplicissimus, che Renzi, la cui autorità è stata sancita del risultato elettorale, fa il sarto, incaricato di confezionare abiti su misura, come Caraceni, come Brioni, quelli che sanno dove mettere un’imbottitura per nobilitare spalle spioventi, una pince là per esaltare il punto vita, uno spacchetto qua per snellire, che l’abito fa il monaco e certe leggi fanno il politico rispettabile.

Così ha prodotto, insieme alle sue bamboline che dicono sempre si, un Senato su misura per un vecchio irriducibile, pluri condannato e ineleggibile che può rientrare senza essere eletto in una Camera per una volta non da letto, riconquistando una mai dimenticata e mille volte rimpianta immunità, qualcosa di molto vicino e promiscuo con impunità. E si sa gli anni passano e quell’abito ancorché usato, cadrà a pennello anche su notabili oggi giovani ma vocati, si direbbe, allo stesso destino.

Ma siccome è cinetico, molto attivo, molto intraprendente, agucchia operoso anche intorno al manichino del Grande Evento, ereditato si, ma sul quale mette la solita faccia che presta a tutte le vergogne e a tutti gli obbrobri, tanto è di gomma, perché a lui piace lasciare la sua impronta nel futuro, pesante, costosa, futile, e se non si vede tanto perché riguarda il sottosuolo, come la Tav fiorentina, allora almeno si scavi una mega stazione sotterranea che si sospetta comporti spese 4 volte superiori rispetto a una stazione di superficie, ma che provocherà anche indimenticabili dissesti, altrettanto superiori, a una città vulnerabile patrimonio dell’umanità.

Ma si sa i Grandi Eventi, la Grandi Opere, i Grandi Tunnel, le Grandi Velocità, le Grandi Paratie sono abiti fatti su misura per Grandi Malefatte in doppiopetto. Per giustificare Grandi Licenze a leggi troppo strette, Grandi Elusioni di regole troppo rigide, per promuovere Grandi Semplificazioni in presenza di Grandi Emergenze, vengono nutrite senza parsimonia in modo che producano Grandi Profitti e riempire Grandi Tasche. Paradossalmente per favorire l’illegalità i cucitori che si sono susseguiti nell’avvicendarsi dei governi hanno fatto ricorso a una legge dello Stato, una legge obiettivo, quella dei Grandi Eventi appunto, che dobbiamo al secondo governo Berlusconi, e che è stata conservata come una sacra reliquia, costruita sapientemente per sospendere prescrizioni urbanistiche, aggirare strumenti e sistemi di controllo dando luogo a regimi speciali giustificati da condizioni eccezionali, licenze particolari autorizzate da situazioni anomale.

È che tutti si sono assuefatti all’anomalia tanto che è diventata prima norma, legge, abitudine, normalità. Il Ministro delle Risorse Agricole, tal Martino sconosciuto ai più e pressoché invisibile per quanto riguarda la difesa del suolo agricolo, oggetto di proposte non prioritarie per un governo che il territorio si propone solo di sfrutttarlo, che vanta una carriera politica tutta dispiegata nella Regione Lombardia, e cui nel 2013 è stata conferita la delega a presiedere la Commissione di coordinamento per le attività connesse all’EXPO’ Milano 2015, interrogato in merito alla perversa commistione di politica e affarismo, agli scandali che rivelano che si tratta di una prassi consolidata, di un copione che si replica con gli stessi attori , nega che sia un “sistema”. Sottolinea che la pratica esercitata a Venezia è ben diversa da quella adottata a Milano, forse perché la seconda ha avuto la benedizione preliminare di Comunione e Liberazione.

Si limita ad ammettere che “spesso” interventi di grande entità possono dare luogo a esiti non del tutto trasparente, quasi che si trattasse di sorprendenti eccezioni, cui porrà rimedio il grande controllore, nominato dal nuovo uomo della provvidenza.

E d’altra parte, ci tiene a ricordare, l’Expo è stata progettata con il coinvolgimento delle regioni e dei comuni, realtà che hanno già dimostrato specchiata indole al soddisfacimento dell’interesse generale e un istinto all’efficienza e alla trasparenza. E che se ci sono state imprese – qualcuna attiva anche nelle maglie della rete avvelenata del Consorzio veneziano – che hanno commesso qualche innocente trasgressione per oliare quella burocrazia indegna della modernità, incurante delle inderogabili necessità della crescita, ormai ci sono, vigileranno i vari commissari straordinari, quello soli, il Sala che non si è accorto di niente, il Cantone, messo là a chiudere la stalla lasciando che i buoi continuino a lucrare su qualcosa che non solo è dispendioso, non solo è inutile, ma è diventato oltraggioso per noi, per l’immagine che diamo. E che assevera l’identificazione fra grandi opere e ceti corrotti, confermando lo stereotipo di un Paese provinciale e sciupone che sopravvive del mito del suo passato, denigrandolo, cancellandolo, mandandolo in rovina.

Che mette in piedi un Luna Park, che tira su una fiera paesana della corruzione, sulle vestigia abbandonate di Pompei, della laguna, della Val di Susa, di Firenze, del Bel Paese, che sarà ospitato sì nell’Expo, ma sotto veste di formaggio.


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