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Al momento, per spostarmi, posso fare affidamento solo sulle mie gambe che calzano stivaletti i quali, in due anni, si sono mangiati quattro tacchi e una suola e gli autobus pubblici, (qui si chiamano camion). Prendere un autobus in Messico è dividere un po' della tua vita con degli sconosciuti, inquinare meno ed avere più tempo per guardare il cielo.
Oggi vi racconto, alla mia maniera, l'universo dei «camion» urbani di Aguascalientes.
1) La postazione di guida compete (e a volte vince) con l'altare maggiore di una chiesa barocca. Nella maggioranza dei casi fa bella mostra di sé un grande crocifisso di legno con Cristo sofferente e sanguinante, un rosario di legno o di plastica fosforescente e una riproduzione cangiante della Vergine di Guadalupe. Volante e copri specchietto di peluche blu elettrico e una palla da biliardo sul pomolo del cambio completano la personalizzazione del posto guida, altrimenti decisamente troppo anonimo.
2) Dal potente altoparlante situato sotto il sedile dell'autista è possibile ascoltare interessanti trasmissioni radiofoniche come resoconti di reati minori che hanno, per protagonisti, famiglie di basso ceto sociale, o i deliri di conduttori che alternano monologhi sulla loro limitata visione del mondo a distribuzione di premi di scarso valore a radioascoltatori che ringraziano contenti.
Quando va meglio ci si può deliziare con della buona musica. I generi variano fra la musica pop latina, banda, cumbia, cumbia andina, duranguense e chuntaro.
Insieme alla Vergine ed al Cristo, i passeggeri ascoltano canzoni dai ritornelli quali: «No te metas con mi cucu!» che, tradotta, potrebbe essere «Giù le mani dal mio didietro!».
3) Alle fermate, costituite da un palo di ferro con il cartello azzurro con un autobus stilizzato, non si specifica quali autobus passeranno di lì, né a che ora.
Ma non importa, prima o poi passerà un autobus che ti porterà da qualche parte. Se vuoi più informazioni devi chiedere alle altre persone in attesa, altrimenti accetta la realtà nel suo incessante scorrere.
4) Non esistono biglietti; sali dalla porta anteriore e paghi direttamente all'autista che ti da il resto mentre guida nel traffico urbano. Il passaggio costa 40 centesimi di euro.
5) Ogni tanto, a bordo, puoi apprezzare la performance di un artista di strada. Ci sono coppie di clown che gridano le loro battute da un lato all'altro dell'autobus per coprire il rumore del motore. L'humor è stile torte in faccia, prendono un po' in giro l'autista e i passeggeri (Io, una volta, sono stato definito papà di Harry Potter), infine fanno il loro giro di colletta. Ci si può anche imbattere in cantanti più o meno bravi. A volte pagheresti per un po' di silenzio, in altri casi ampli il tuo panorama musicale. Io, per esempio, sono rimasto affascinato da un'interpretazione di «Hoy comì con el abuelo».
6) Quando l'autobus è pieno e devi stare in piedi, tuo malgrado, ti ritrovi bloccato lungo il corridoio in un culo contro culo. Fantastichi che il posteriore che rimbalza sul tuo appartenga a quello di una bella ragazza latina dalla pelle color del miele e grandi occhioni scuri, poi però scopri che si trattava di una grossa matrona sessantenne.
7) Al momento di scendere ricorda che hai dieci secondi esatti. L'autista apre le porte in corsa e le chiude quando reputa giusto farlo. A te spetta coordinare i tuoi tempi risposta per riuscire a scendere sano e salvo.
8) Tranquilli, il fagotto completamente coperto da una coperta che portano con se le donne non è una bomba, si tratta del loro figlio lattante. Che strano, in Norvegia, con il freddo, i bambini giravano per i giardini nudi e qui con il solleone sono avvolti completamente nella lana.
9) Alcuni trovano del tutto ragionevole ascoltare la propria musica, sempre di pessima qualità, dal cellulare senza usare gli auricolari. Così la cumbia andina si fonde con metal o con il rap in una cacofonia disumana. Non so se i passeggeri apprezzino, ma nessuno si azzarda a protestare.
10) Verso sera gli autisti perdono la ragione e guidano i loro mezzi come se fossero auto sportive, ignari del destino del loro carico umano. Io credo che la ragione sia dovuta al fatto che devono andare in bagno dopo dieci ore passate al volante.
La folle corsa notturna ci dice che un'altra giornata lavorativa ha avuto termine... domani è sarà un'altra storia.
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