Gennaro Troìa
Anche quest'anno alle prese col presepe.
Fiocchi, fiocchetti, muschio e statuine. Ci siamo.
Ma sono pronta? Sono davvero dell'umore giusto per addobbare allegramente il mio passavivande natalizio?
Guardo fuori dalla finestra e capisco che non sono affatto pronta. Che il mio paese non è pronto, in ritardo di mesi sul piano di ricostruzione post terremoto.
Transenne, puntelli, sostegni di legno e ruspe in attesa di buttar giù case che nessuno sa come ricostruire. E allora io nel presepe ci metto il mio bar preferito, in un container aggredito dai ladri già ben due volte.
E poi ci metto la chiesa con i tiranti e le catene che in un qualche modo impediscono al campanile di spappolarsi per terra. Al posto della capanna penso di mettere un casale inagibile mentre i pastori saranno i miei compaesani alle prese con un IMU, lievitato come le tende che hanno cercato di rivenderci subito dopo il terremoto.
Le pecorelle smarrite saranno i lavoratori piegati dalla tristezza di un lavoro che non sembra mai arrivare. L'asinello, invece, non potrà che essere il lavoratore che da mesi non percepisce lo stipendio ma che ogni mattina si alza lo stesso per fare il suo dovere, sempre più comune di questi tempi.
Gli angeli nel manto stellare saranno i volontari della protezione civile e i vigili del fuoco perché senza loro nulla sarebbe stato possibile.
Per il muschio mi sono ispirata a un paio di scuole, quelle in cui è stato trovato l'amianto nelle zone adibite come punto di ritrovo in caso di evacuazione. Le rappresenterò rosse, come il sangue che mi sale alla testa quando ci penso.
I muratori non posso metterli, quelli sono quasi tutti in concordato, ma posso rappresentare circa duemila soci prestatori derubati dei loro risparmi proprio quando ne avrebbero avuto più bisogno.
L'albero di Natale non ho bisogno di addobbarlo, le palle girano già che è una meraviglia.
E di tutti i colori.