Presi nella rete, o semplicemente liberi?

Da Flavialtomonte

«Chi di noi non si sente, almeno in parte, un mutante verso la simultaneità; chi ogni tanto non abbandona la “fatica di leggere” per la “facilità di guardare”; chi non non si fa accompagnare dai suoi tanti o pochi schermi?»

Sono nel periodo delle riflessioni, sulla felicità, e “Presi nella rete. La mente ai tempi del web“ fa parte di queste.
Non scriverò una recensione a riguardo, anche perché non ho letto il libro – fresco di stampa – ma, prendo spunto dal pensiero dell’autore, Raffaele Simone (docente di Linguistica all’Università di Roma) per capire meglio cosa ci spinge a navigare sul web.

Una parte del libro è ambientata sul vagone di un treno ad alta velocità dove: «tutti i viaggiatori, nessuno escluso, armeggiano da ore col telefonino, senza interruzione. Strusciano il dito sullo schermo, premono tasti, fanno chiamate, provano e riprovano numeri che non hanno risposto, aprono e chiudono il coperchio, ogni tanto tirano fuori il telefonino e gli gettano uno sguardo, come per assicurarsi che dal piccolo schermo non sia uscito qualcosa di cui non si sono accorti salvo quelli che dormono, tutti sono presi da operazioni somiglianti: parlare e ascoltare servendosi di un qualche apparecchio, digitare numeri, far scorrere sullo schermo immagini, guardare film».

Questa è l’immagine dell’uomo contemporaneo descritta dal Prof. Simone secondo cui l’uomo moderno sta tornando alla prima fase dell’intelligenza, quella della visione e del racconto orale, già superata con la stampa. Il compito di Raffaele Simone è capire da dove parte il bisogno repentino di comunicare attraverso i mass media che hanno modificato il nostro atteggiamento e comportamento verso la semplificazione e l’approssimazione visiva. 
Tuttavia, lo ricorda anche l’Antropologia Culturale:

«i nuovi media hanno accorciato le distanze, annullato l’esperienza umana del viaggio, annientato la relazione spazio-tempo, e infine ridotto la Conoscenza.»

Anche se vorrebbe essere una protesta – senza condannati – il nuovo libro di Raffaele Simone non lo è.
La comunicazione non sta nel vasto orizzonte di canali multimediali che ci permettono di guardare il mondo, le sue realtà e la Conoscenza perduta, bensì nelle informazioni che vengono offerte al pubblico. Dopotutto i mass media non sono altro che un cannocchiale da cui leggere, guardare e osservare ciò che nella nostra città non vediamo. E in questo tornano utili le fotografie, lo streaming, le rappresentazioni grafiche.

I soggetti del quadro mondiale sono infiniti, come le sensazioni che riusciamo a trarne, e questo un po’ ci spaventa e un po’ ci entusiasma. L’errore non sta nel mezzo ma nel fine e il fine non giustifica i mezzi che – al contrario – possono essere infiniti e allo stesso tempo utili per il raggiungimento dei nostri obiettivi.
Tutto questo ci rende liberi. 


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