Presidenziali in Russia: una vittoria in continuità
Creato il 06 marzo 2012 da Bloglobal
@bloglobal_opi
di Eleonora Ambrosi
Elezioni presidenziali in Russia: Putin passa al primoturno, nessuna grande novità… lacrime del Presidente a parte.
Le statistiche sono note: Putin, superando la soglia del 50% dei voti, non deve affrontare il ballottaggio. Con il 63,57% dei voti, si garantisce un buon distacco sul suo eterno rivale, il leader dei comunisti Zjuganov, che si ferma al 17,2%. Terzo classificato è l’oligarca Mikhail Prokhorov, con il 7,2% davanti a Zhirinovskij (che ottiene il 7,12%) e Mironov, ultimo della lista con il 3,7%. E c’è già chi parla di “Putin III”: nel 2000 infatti, l’ancora poco conosciuto Putin, si aggiudicava la presidenza con il 52,4% mentre nel 2004 con il 71,31%. Insieme alle lacrime che rigano le guance del futuro Presidente, piovono anche tante proteste: Zjuganov ha dichiarato in tv che le elezioni sono state marcate da tante irregolarità e dello stesso parere è anche il magnate Prokhorov che parla di elezioni disoneste. Forte anche l’opinione di Gorbaciov, ex Presidente dell’URSS, il quale manifesta molte perplessità sul fatto che il risultato del voto rispecchi davvero le volontà dei cittadini. L’accusa più gettonata è quella dei “caroselli elettorali”, ossia gruppi di elettori che votano in più seggi, modalità documentata da video disponibili sul web. Sono pareri evidentemente in netto contrasto rispetto alla “maxi operazione trasparenza” organizzata dal Cremlino: webcam nei seggi e più di 500 mila osservatori mobilitati. La trasparenza, però, non è riuscita a bloccare i manifestanti che già si stanno mobilitando per scendere in piazza gridando slogan anti-Putin, nonché organizzandosi in tende; a difendere le mura del Cremlino saranno invece i sostenitori di Putin. È difficile prevedere cosa succederà in questo clima da “rivoluzione arancione” ed è improbabile pensare che Putin si siederà con l’opposizione, definita dallo stesso “traditrice al soldo dello straniero”.Dimentichiamo per un momento la teoria della cospirazione e dei brogli: Putin ha vinto semplicemente perché è un personaggio molto popolare. La maggior parte dei suoi critici non tiene in considerazione che, anche se le elezioni si fossero tenute in qualsiasi momento senza preavviso, avrebbe vinto lo stesso. Tutti i sondaggi di opinione gli attribuivano la vittoria al primo round con circa un triplice vantaggio in termini di voti rispetto al candidato comunista Zjuganov, perenne secondo della politica russa. Quindi, cosa è cambiato da dicembre – momento in cui i voti per Putin erano al minimo secondo i sondaggi – a marzo? I voti sono stati recuperati nonostante oppure a causa delle proteste? La consistente popolarità che viene attribuita a Putin è, da una parte, il risultato di alcuni comportamenti di dubbia moralità come il controllo sui media; d’altra parte è innegabile che i Russi godano oggigiorno di migliori condizioni di vita proprio grazie all’uomo del KGB. Dalla sua ascesa, infatti, il potere d’acquisto dei Russi è raddoppiato e gli stipendi medi si sono stabilizzati intorno agli 800 dollari: giusto o sbagliato, Putin viene associato a questo tipo di miglioramento. Questo esclude ogni tipo di confronto con altri Paesi come la Tunisia o l’Egitto che crescevano, ai tempi del primo mandato di Putin, in modo molto più lento in termini pro capite ed erano importatori di materie prime al contrario della Russia che è principalmente un esportatore: pertanto essi erano più soggetti a shock di prezzo rispetto alla Russia.Le frodi del 2011 di Russia Unita in occasione delle elezioni per la Duma permettevano al partito di garantirsi una leggera maggioranza: in quel momento i brogli erano “necessari” per non rendere la situazione completamente ingestibile. Per quanto riguarda, invece, elezioni presidenziali di marzo, poiché Putin stesso era convinto di ottenere la vittoria al primo turno, diventa più difficile pensare che ci possa essere stata una minuziosa organizzazione finalizzata a truccare gli esiti finali. Al contrario, elezioni davvero pulite, avrebbero in un colpo solo permesso di rimuovere in parte il problema, mantenendo comunque margini per le proteste. Proteste che, con numeri da guerra, si sono puntualmente verificate: 120 mila i partecipanti secondo gli organizzatori della manifestazione, contro i 40 mila conteggiati dal Ministero dell’Interno – scesi in piazza per protestare contro il ritorno di Zar Vlad al Cremlino. Secondo gli analisti, questo movimento sarebbe la più grande protesta verificatasi in Russia da quindici anni a questa parte. Alcuni economisti, fra i quali Alfred Koch, ex vice Premier di Eltsin, sostengono che Putin, in qualità di Presidente, rimarrà senza ombra di dubbio indebolito da questi accadimenti. E sempre secondo l’economista sarebbero due gli scenari che d’ora in poi potrebbero prospettarsi: il primo riguarda un’uscita “stile Gorbaciov”; il secondo, più violento – ma certamente anche più irrealistico –, lo accomunerebbe a quello di Gheddafi, ossia “abbattuto dalla folla”. Già da oggi Putin deve affrontare alcune questioni cruciali per il destino del Paese, come, ad esempio, la riforma delle pensioni, che potrebbe far diminuire ancora di più il consenso nei suoi confronti. Putin è cauto e non si sbilancia circa il futuro politica russa: ma già da Rasmussen arrivano degli ammonimenti circa il riarmo del Paese, riarmo annunciato durante la campagna elettorale, pari a 770 miliardi di dollari e che prevederebbe la dotazione di 400 missili balistici intercontinentali, 28 sottomarini nucleari, più di 50 navi di superficie, più di 600 aerei da guerra e la messa a punto del sistema anti-aereo S400 e del sistema antimissile Vityaz. Non resta altro che rimanere in attesa di capire gli sviluppi futuri e le intenzioni di Putin in politica estera.* Eleonora Ambrosi è Dottoressa in Scienze Linguistiche (Università Cattolica)
Potrebbero interessarti anche :