Ma l’ebook muore? Vive? Rivive? Torna a morire? Resuscita? Vallo a sapere! Qui ciascuno se la canta, se la solfeggia e se la suona, e non si capisce un accidente di niente.
Una cosa però è chiara, e forse non è una, ma due.
La prima: gli editori (non tutti), non ce la fanno. Niente di personale, ma proprio non ci riescono. Sembra che il libro elettronico sia qualcosa che non possono accettare. Devono per forza o trattarlo con sufficienza, oppure non trattarlo proprio. Perché è una moda che passa, e se non passa, passerà, e se non passerà ci saremo comunque noi che dirigeremo il gioco. Ed ecco la cosa numero due. La loro fortuna è che i lettori non si fidano degli autori autopubblicati, ci sono troppe fregature in giro. E tra di esse ci potrei pure essere io.
Ma…
Io sono Lupus de Lupis
Lasciamo perdere questi discorsi tanto carini: “Essi” sono cattivi, mentre noi siamo… Che cosa siano?
Te lo spiego subito: noi siamo, per il lettore, un po’ come Lupus de Lupis, il lupo tanto buonino. Ecco il punto di tutto: “Essi”, gli editori insomma, non sono tutti cattivi, ma di certo noi che ci autopubblichiamo siamo come Lupus de Lupis, e i lettori non si fidano ancora. Insomma, si sa il lupo com’è. Sì, certo tutti dicono che è uno che dopo il terzo boccale di birra diventa una sagomaccia, ride, scherza e ulula che è un piacere. Ma sarà vero? Idem per un autore che si autopubblica: dicono (chi? Mah!), che ci siano delle autentiche perle nell’autopubblicazione. Che c’è di vero?
E soprattutto: i lettori impareranno a fidarsi? Può darsi. Intanto ci si organizza.
Sulla Rete appaiono siti, blog, manifesti, il cui scopo è mostrare al lettore che chi ne fa parte, oppure è segnalato, è una spanna sopra al rumore. Funzioneranno? Può darsi, anzi, ne sono certo. Però occorre tempo. Il lettore ha ricevuto delle sonore fregature anche dagli editori. Fa parte del gioco. Sa tuttavia che, nel complesso, può continuare a fidarsi. La casa editrice, come l’etichetta D.O.P., gli permette di capire che lì, insomma, c’è un certo lavoro; o che ci dovrebbe essere.
L’autopubblicazione è un mare dove tutti si sono gettati. E spesso ci si è concentrati troppo sul come scovare la strategia per emergere. Per farsi trovare.
Alla fine bisogna arrendersi alla realtà. O tu continui su questa strada, e allora ti conviene virare le tue energie, e creare corsi a pagamento per spiegare agli altri come emergere. Strategia che a quanto ne so riesce a portare a casa discreti guadagni.
Oppure…
Chiudi il becco e raccontami una storia
Oppure scrivi, no?
E ti apri un blog dove ci infili un po’ di tutto. Riflessioni sui massimi sistemi; cosa scrivi, come scrivi, perché scrivi in quel modo. Fai in modo che il lettore si avvicini a te. Non gliene importa un fico secco di SEO, e di come vendere in un mese 10.000 copie. Vuole storie.
Lo riscrivo: Storie.
Niente mi toglie dalla testa che mancano. Lo so che dici:
“Ma se c’è pieno di libri!”
Ma il 60% di quei libri non li compra nessuno. E molti sono omogeneizzati, non racconti o romanzi.
“E che ne sai? Li leggi tutti?”
Macché. Io leggo poca narrativa italiana. Ma leggo soprattutto autori che si autopubblicano. Preferisco quella americana perché… Affrontano la realtà senza star lì a spiegarti che è da correggere. E lo sai perché lo fanno?
Ho una teoria a proposito.
Perché non c’è da correggere niente. Quando sei una superpotenza mondiale, modelli il mondo a tua immagine e somiglianza, e lo fai per il bene del mondo. E una volta che lo hai fatto, stop. Che correggi? È perfetto.
Quando Roma dominava il mondo, faceva lo stesso. C’è qualche problema coi Parti? In Britannia? Perché non sono come noi: e mandiamo un paio di legioni a schiarir loro le idee…
Lo so che ci sono autori statunitensi che dicono che tutto questo mondo made in USA è brutto, e cattivo, e bisogna correggerlo.
Io però non voglio correggere niente. Voglio solo raccontare le mie storie.
Fine.
Ah, certo, hai proprio ragione. C’è un sacco di gente che legge e vuole essere confermata; legge solo per quello. Ha bisogna di sentirsi dire che occupa la parte giusta del mondo. Se lo scrittore (che è un faro di civiltà e progresso), la pensa così, e io la penso come lui, allora sono dalla parte giusta, non è vero?
Boh!
A me non interessa. State dove vi pare. Dalla mia parte ci sono io, e se non vi sta bene, addio.
Sì, però… E il marchio?
Potresti aggiungere ancora:
“D’accordo. Però il marchio? Non era questo l’argomento del post?“
Non ti scappa proprio niente! Io posso solo occuparmi e preoccuparmi del mio, di marchio. Devo “solo” definire meglio il mio profilo, spiegare come la vedo io, cosa c’è nelle mie storie, e cosa non c’è.
“Però le iniziative aumentano!“