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La trama (con parole mie): Fabrizio, un giovane figlio della borghesia della Parma dei primi anni sessanta, è tormentato dall'idea che sia necessaria una rivoluzione culturale e sociale che possa risvegliare le coscienze dalla divisione tra classi e stimolare menti e spiriti, influenzato anche dal mentore Cesare, insegnante dalla grande cultura che lui considera una guida.La storia d'amore con la giovane zia Gina riuscirà a distrarre il giovane dallo struggimento e dallo sconforto nato con la morte dell'amico Agostino regalando un'illusione di felicità, ma alla sua conclusione per Fabrizio non resterà che tornare al conflitto intellettuale che lo porterà in bilico tra la sua affermazione come idealista e l'accomodamento tra le braccia della sua ex fidanzata e della borghesia che tanto ha detestato.
Chiunque sia passato al Saloon dai tempi della sua creazione, sa bene quale crociata il sottoscritto abbia intrapreso - ed intraprenda ogni giorno - contro tutto quello che è o si può considerare radical chic, spocchioso e legato ad un concetto di Cinema elitario e snob.Bene: Prima della rivoluzione, film tra i più memorabili della prima parte della carriera di Bernardo Bertolucci, è a tutti gli effetti radical chic, spocchioso e legato ad un concetto di Cinema elitario e snob.Personalmente, l'ho detestato e non poco per gran parte della visione, senza risparmiare sfoghi interiori degni delle migliori tempeste di bottigliate: eppure, giunto alla conclusione, non ce l'ho davvero fatta a non riconoscere l'obiettiva importanza - soprattutto se pensata rispetto al periodo in cui è stato girato - sociale del lavoro del buon Bertolucci, significativo per quanto riguarda un'epoca in cui ancora si godeva della coda lasciata dagli anni del boom economico e che, probabilmente, ignorava i semi che sarebbero esplosi pochi anni dopo e che avrebbero condotto l'Italia - ma anche l'Europa - agli anni settanta, decisamente più ruvidi e tosti dei quasi fiabeschi sixties.La scelta di un protagonista volutamente irritante e perso in pensieri in bilico tra l'intellettualismo supponente e l'energia mal investita dell'adolescenza, inoltre, assume connotazioni sempre più importanti con l'evoluzione della sua vicenda e la scelta, di fatto, di ritirarsi ad una condizione borghese - quella di nascita cui pareva essersi ribellato - battendo in ritirata nonostante tutti i propositi di rivoluzione interiore e sociale, finendo per prendere le distanze anche dal mentore Cesare - interpretato nientemeno che da un giovane Morando Morandini, uno dei più noti critici cinematografici del panorama italiano - così come da se stesso, quieto vivere o ammissione di una sconfitta che sia.
In questo senso l'abbandono dei sogni una volta conosciuto il primo, vero fallimento amoroso ed il ritorno nei ranghi di una vita come quelle tanto criticate fino a poco tempo prima da parte di Fabrizio rappresentano bene la scelta di intere generazioni di figli di papà che, passati gli anni giusti divertendosi a giocare ai ribelli, finiscono per tornare all'ovile e crescere diventando i capi di quelli che esortavano alla rivolta: visto da una prospettiva simile, il lavoro di Bertolucci assume di colpo una valenza che è quanto di più lontano possa esserci dal radicalchicchismo, creando una netta spaccatura rispetto a titoli come L'eclisse di Antonioni, simbolo di salotti che, forse, Prima della rivoluzione tiene, in fondo, a mettere alla berlina.
In un certo senso la figura di Agostino, spaurito e destinato ad una fine prematura e scomoda, finisce per essere quasi quella pronta ad uscire meglio dalla vicenda insieme a Gina, che di fronte agli sbalzi d'umore, politici ed intellettuali di Fabrizio pone reazioni più vicine alla vera vita vissuta di quanto il confuso e poco digeribile main charachter potrebbe mai davvero osare.
Da questo punto di vista il lavoro di Bertolucci ricorda più il successivo - e splendido - Pugni in tasca di Bellocchio che non il già citato Antonioni, e pone le basi per quella che sarà una delle più intense stagioni del Nostro Cinema, mostrando - pur se non con la continuità di alcune delle opere successive - il talento che lo avrebbe reso noto in tutto il mondo fino ad oggi.
Certo, l'epoca d'oro che precede i tumulti della rivoluzione è ormai alle spalle, e le idee che potrebbero animare la stessa ancora sopite - o soffocate da gente come Fabrizio -, ma qui si continua a sperare che prima o poi un vero nuovo inizio possa giungere a rimescolare carte e coscienze.
MrFord
"Sono ancora aperte come un tempo le osterie di fuori porta,
ma la gente che ci andava a bere fuori o dentro è tutta morta:
qualcuno è andato per formarsi, chi per seguire la ragione,
chi perchè stanco di giocare, bere il vino, sputtanarsi ed è una morte un po' peggiore..."
Francesco Guccini - "Canzone delle osterie di fuori porta" -
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