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Prima gli idioti – Bernard Malamud

Creato il 09 gennaio 2013 da Viadeiserpenti @viadeiserpenti

Prima gli idioti – Bernard Malamuddi Rossella Gaudenzi

«L’inverno era fuggito dalle vie cittadine, ma il viso di Sam Tomashevsky, quando entrò inciampando nel retro della sua drogheria, era una tempesta di ghiaccio. Sura, che sedeva al tavolo rotondo a mangiare pane e pomodoro col sale, alzò gli occhi spaurita e il pomodoro si fece più rosso. Sura deglutì il boccone di colpo, e col pugno paffuto si colpì il petto per farlo andar giù. Era già un gesto di lutto perché sapeva, da quella visione silenziosa, che c’erano guai».
La lettura dei nove racconti che compongono Prima gli idioti di Bernard Malamud, raccolta pubblicata per la prima volta nel 1963 e riproposta da minimum fax lo scorso settembre (con un saggio inedito dell’autore), lascia dietro di sé tracce di colori cupi e fermi. Si fa ingresso nella vita dei personaggi dalla porta principale e lo scrittore ci permette con un grandangolo di cogliere i più sottili interstizi delle loro abitazioni, desolate, e le più mimetizzate rughe dei loro volti, sfatti.
Immediatamente l’architettura di storie creata da Malamud manifesta di essere avviluppata da radici che sono le radici stesse dello scrittore: Bernard Malamud nasce a Brooklyn nel 1926 da una coppia di immigrati ebrei di origine russa. L’eco del passato è forte, anzi fortissima: Prima gli idioti, L’uccello ebreo, Diciamo, un matrimonio (scena da una commedia), Il profugo tedesco, possono solo aggiungere valore all’appellativo “scrittore ebraico” utilizzato per Malamud da vari critici. «Io, allora, avevo compiuto da poco i vent’anni e mi avviavo all’ultimo anno di college: un ragazzo magro magro, dall’aria affamata di vita, che si rodeva aspettando la prossima guerra mondiale. Ero un bell’impostore. Eccomi là, palpitante di voglia di partire, e intanto oltreoceano Adolf Hitler, in stivali neri e baffi squadrati, strappava tutti i fiori e li sputava via».
Si sfogliano le pagine con la consapevolezza di avere per le mani alcuni capolavori di uno dei maggiori narratori di short stories di sempre: «Storie, storie, storie, per me non esiste altro. Spesso gli scrittori che non riescono a inventare una storia seguono altre strategie, perfino sostituendo lo stile alla narrazione».
Un tocco di colore meno scuro e pastoso Malamud se lo concede dando vita a quei racconti ambientati nel nostro Belpaese – Natura morta, Meglio vivi che morti, Nudo svestito, Le scarpe della domestica – dove l’autore ha vissuto per un anno, dal 1956 al 1957: sceglie un’Italia culla delle arti figurative languida, sorniona e malandrina.
Il dolore rappresenta nell’opera di Malamud la mera condizione umana, nessun realismo nudo e crudo sconvolgerà l’animo del lettore; casomai, a scuoterlo, sarà la presa di coscienza che non ci sono vie di fuga, ma quale personaggio di questi racconti le cerca, in fondo, con bramosia o convinzione? Non il padre malato che va accattonando denaro per spedire il figlio mentecatto da un parente agiato, non il rispettabile giornalista tedesco Gassner scampato all’Olocausto, non un uccello parlante e fetido che deve sopravvivere alla cattiveria di un padrone aguzzino. E così via. Nessun personaggio che anima le storie di Malamud cerca scampo alla misera condizione umana: i lutti, la povertà, le malattie, i soprusi vengono accettati facendo spallucce.
Pagine ricche e terse, ritmo, inventiva, dialoghi ficcanti e arguti a comporre nove vicende amare. I barlumi di luce sono guizzi insufficienti a rischiarare l’orizzonte dell’umanità descritta da Malamud, sempre e comunque portatrice di verità. Sopra a tutto, domina la bellezza della pagina.
«Mendel suonò. Il domestico, un uomo dalle lunghe basette, venne alla porta e disse che il signore e la signora Fishbein stavano cenando e non ricevevano nessuno.
“Che mangi in pace. Aspetteremo finché avrà finito”.
“Tornate domattina. Domattina il signor Fishbein vi parlerà. Non fa affari né elemosine, a quest’ora di notte”.
“L’elemosina non m’interessa”.
“Tornate domani”.
“Ditegli che è una questione di vita o di morte”.
“Vita o morte di chi?”
“Se non è la sua sarà la mia”.
“Non faccia tanto lo spiritoso”.
“Mi guardi in faccia”, insistette Mendel, “e mi dica se ne ho fino a domattina”.
Il domestico squadrò lui, poi Isaac, e con riluttanza li invitò a entrare».

Nota sull’autore:
Bernard Malamud (1914-1986), figlio di ebrei russi emigrati a New York, è autore di otto romanzi e sette raccolte di racconti. Prima di dedicarsi esclusivamente all’insegnamento e alla scrittura, svolge diversi mestieri presso modesti esercizi commerciali ed è successivamente impiegato dell’ufficio censimenti di Washington.
Vince il premio Pulitzer (L’uomo di Kiev, 1967) e in due occasioni il National Book Award (Il barile magico, 1959; L’uomo di Kiev, 1967). A partire dagli anni ’60 è tradotto e pubblicato in Italia per Einaudi; da alcuni anni minimum fax ne sta riproponendo le opere.

Bernard Malamud, Prima gli idioti
Traduzione di Ida Omboni
minimum fax, 2012
pp. 243, euro 13


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