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Primo giorno

Da Paride

Lui è li che si masturba, sul banco tiene aperto il libro di geografia, la classe è muta, la maestra è in piedi a spiegare come intende procedere nell’insegnamento della disciplina, è il primo giorno di scuola, e l’eco delle sue parole è accompagnato da un leggero silenzio ed un sordo stropicciare. Sergio sente qualcosa, nell’aria, dietro di lui, sta succedendo qualcosa, sforza la coda dell’occhio, l’insegnante è in piedi,  i compagni attenti, quel rumorino gli ricorda qualcosa, si insinua in lui un sospetto.
Sergio non conosce nessuno, è il primo giorno anche per lui, e non si sente a suo agio, alle medie veniva preso in giro, sa dir di se soltanto questo, tutto il resto gli è ancora  oscuro, tutto, così poco comprensibile, selvaggio, non si conosce affatto, né sa prevedere il futuro.
Sergio è attento, guarda la docente, la fissa bene, è molto bella, giovane, castana, porta gli occhiali,
e quel sospetto inizia a sconquassargli le pareti craniche, domande come << se sia mai possibile !?>>, << sta ansimando!?>>  scorrono come titoli di coda sul palco.
Ora il suo pudore si fa violento, è come una forza sorda, non v’è ragione che tenga,  sta’ ansimando, lo sente, ne è quasi certo, fa’ per prendere qualcosa dalla cartella, un diario, tiene lo sguardo basso, vorrebbe, ma non ha il coraggio, s’accorge che forse è meglio non sapere, suppur  le cose stessero in quel modo egli che dovrebbe fare!? denunciar forse alla classe!? Un fatto così sporco, così istintivo …
La penultima fila è un postaccio, ci sono i somari e gli scansafatiche,  questo le aveva detto sua madre prima di lasciarlo a scuola, aggiungendo poi, tienitene alla larga, ma lui a star d’avanti mica gli andava, e poi avrebbe voluto passare inosservato almeno per un po’, far le cose con calma, e lontano dalle attenzioni della gente, ed ora è qui, a rimettersi composto sulla sedia, mentre la  sua curiosità lo rallenta.
La maestra sente un brusio, qualcuno bisbiglia qualcosa, la maestra nota anch’ella un rumore a lei noto, ecco che il brusio si fa più forte. La maestra smorza le frasi, disarticola i periodi, la sua sintassi grammaticale è scossa da un’idea che prende piede in testa, e la sconquassa tutta, è il primo giorno di scuola, anche per lei ed ora muove verso le ultime file, piano.
Sergio è rimasto al brusio, il suo imbarazzo lo congela nel tempo, il panico come unico signore domina questa giovane mente, la maestra muove verso di lui, il pene del suo amico è allo scoperto, e vorrebbe dirlo, e vorrebbe urlare, che lui con questa storia non centra niente, l’insegnante arriva sente i suoi passi, l’imbarazzo lo prende, la maestra esplode, il ragazzo viene; Sergio è in prima fila, un genere di spettacolo a cui non avrebbe mai voluto partecipare.
Il Preside è ancora a bocca aperta.
la prof. Racconta, inorridita, disgustata, vomita lo schifo costretta a trangugiare a forza nella sua ora di lezione, e lì che trema, innervosita, avvilita, senza guardare loro, che ora son seduti alla scrivania del primo professore della scuola.
Sergio non ci crede, non vuol crederci; si rifugia nella pindarica aspettativa d’un ritorno alla realtà,
spera che sia tutto un sogno, spera  che all’improvviso suoni la sveglia, a ricollocarlo nel giusto mondo.
Ma non tutto è conforme a giustizia, e il mondo è un apparecchio complesso, certo domestico, non per casalinghi della vita.
La nota a monito nel registro della classe puzza d’ingiustizia come lo stesso corpo docenti per Sergio, povera e stupida insegnante, idioti compagni di classe, stupido ed ebete mondo …
Di quel tizio Sergio non sa nulla, né nulla ricorda, dopo la sospensione  si trasferì …
egli non tornò a scuola, ma Sergio non era un vigliacco, c’è tornato, in quel postaccio, messo in prima fila, per punizione fianco alla cattedra, giorno dopo giorno, linciato dalle meccaniche più sozze della vita in società, vittima d’uno stupro di massa, una sproporzionata aggressione al suo io, costante nel tempo. Chi  non ha mai sfogato la propria frustrazione su quel rachitico mezz’uomo!
Gli accoltellavano la dignità ogni giorno.
In quella scuola si ride ancor di lui, nessuno l’ha mai conosciuto, né sa qualcosa, solo…
il suo nome, quello lo ricordano tutti molto bene in città: Sergio u’ Recchiaun’
ed alle cene tra amici, nelle quiete sere d’inverno qualcuno sorseggiando buon vino
racconta ancora di lui ridendoci su,
per intrattenere
la noia.


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