Una via di Saigon
Sono stordito. Stordito dal volo, dalle ore di immobilismo che incartapecoriscono giunture fisiche e mentali. I minuti infiniti che trascorri sulle poltroncine dure in attesa di salire e quelle appena più morbide, ma più strette dove la tua pancia immensa rimane legata come un salame fresco in attesa di scendere, condizionano la tua ansia di verificare le attese e quando la nuova città ti abbraccia non capisci neanche se è un'amica sincera che ti aspettava ansiosa o una puttana in attesa di sfilarti il portafoglio. Sei troppo confuso e smarrito a guardarti attorno per cogliere i primi segnali, quelli che orienteranno subito il tuo (pre)giudizio per farlo collimare con quelli che ti sei portato da casa. Avevo ingannato i tanti giri delle lancette dell'orologio con L'americano tranquillo di Greene e quindi, dai finestrini dell'auto eccomi qua a spiare la gente, le vie, le case, per tentare di riconoscere i luoghi citati, di far collimare la descrizione puntigliosa della vecchia via Catinat e le coppie di ragazze in aodai bianchi svolazzanti, che scivolano con eleganza sulle biciclette nere. Accidente non se ne vede più neanche una, né di aodai, né di biciclette. Lo so che è sciocco basarsi su descrizioni vecchie di cinquanta anni, però in questi casi cerchi il senso generale, l'imprinting di un luogo. Più penetro nel centro, più aumenta la confusione, anche se le auto alla fine non sono molte. Sono completamente circondato, prigioniero di un'orda di motorini così incredibilmente fitta ed infinita da chiedermi come sia possibile una simile densità.Ecco, questa senza dubbio è la nota chiave della città, quella che la distingue immediatamente da tutte le altre. Ancora non ho capito se Saigon è diventata HoChi Minh oppure e rimasta, o ridiventata come prima, la città coloniale preda di tutte le morbosità, crocevia di interessi di ogni tipo, pervasa da un fervore affaristico di convulsi desideri di opportunità, di seconde occasioni per gente che ha perduto le prime, iperpopolata da quanti da tutta questa confusione sperano di ricavare qualche cosa, di agganciarsi alle opportunità create dalle situazioni, dove trionfa il commercio, l'affare purchessia, dove circola il denaro e tutti possono arricchirsi. Cerco una costante, una nota chiave. Ecco, i motorini. Hanno sostituito del tutto le biciclette così come caschi, sneakers e jeans hanno eliminato gli aodai delle ragazze; gli unici che vedi sono quelli finti delle divise di qualche albergo. Ma sono così tanti e occupano così completamente ogni spazio possibile da mettere in minoranza ogni altro mezzo di trasporto piedi compresi. I marciapiedi sono completamente occupati da file infinite di mezzi in sosta ordinata o meno davanti ai negozi, impedendone anche l'ingresso. Stanno addirittura dentro i negozi. Ecco una gioielleria elegante che, nel corridoio davanti alle vetrinette piene di bracciali d'oro e cascate di perle, ne ha parcheggiati dentro addirittura due, del proprietario o del commesso e una cliente, dall'hijab calzato in testa, che lascia uscire una ciocca sbarazzina, forse una malese in vacanza, in cerca di occasioni, deve spostare le manopole del manubrio di una Vespa per accedere alla bacheca degli anelli. La strada poi, è completamente occupata da un fiume in movimento, senza fine, senza sosta, senza spazi di respiro. Negli incroci senza semafori due fiumi si incontrano.
Le loro acque si frangono le une sulle altre; al centro, le infinite gocce d'acqua si mescolano seguendo un flusso difficile da capire, ma tutti vanno avanti procedono nella direzione voluta senza curarsi di quanto li circonda. Suonando accuratamente il piccolo clacson, si procede, schivando ed essendo schivati a stretto contatto di gomito, facendosi forza se si è in numero maggiore o più veloce nella medesima direzione, facendo muro compatto che quindi obbliga il nemico che spinge nei fianchi a rallentare o a fermarsi per riprendere subito dopo movimento e posizione appena si apra un varco di pochi centimetri. A parte il rumore dei clacson che forma una colonna sonora bitonale costante, non vedi però cenno di dispute verbali o di contestazioni di precedenza. Vige insomma comunque una specie di codice in cui passa sempre chi riesce a mettere la ruota del suo scooter davanti a quella degli altri, impedendone fisicamente il passaggio. E' un diritto che non viene contestato, né evidentemente visto come una prepotenza. Come nel rugby, bisogna quindi avanzare, avanzare sempre senza pietà per chi ti è vicino, compagno di ventura ma nemico ad un tempo da sopravanzare e sconfiggere, se vuoi arrivare a casa. Buttarsi in ogni piccolo spazio lasciato casualmente libero per conquistare la meta e guadagnare punti. Così se un tratto di marciapiede rimane miracolosamente vuoto di mezzi parcheggiati e allo stesso tempo libero delle mille attività ambulanti che di solito lo occupano, ecco che diventa subito via secondaria in cui buttarsi per superare il fiume dalle acque immobilizzate dalla piena delle strade laterali.
Anche il semaforo è chiaramente un optional, poco seguito. Vale solo per le situazioni in cui il flusso è troppo veloce per essere interrotto, negli altri casi ci si butta tranquilli, se la speranza di passaggio data dal rallentamento generale lo consente. Nessuno si adombra, tutti schivano i mezzi che rimangono imprigionati nel centro dell'incrocio, senza comunque la minima comprensione per farli almeno procedere a che si tolgano di mezzo per intralciare di meno. Ho visto un sacco di città dal traffico caotico e assordante, ma vi assicuro che questa è una cosa unica che diventa un vero spettacolo, basti osservare gli sparuti occidentali bloccati su qualche angolo e intenti a filmare il tutto come fosse una attrazione turistica vera e propria. A questo punto mi chiederete come si inserisce in tutto questo il pedone, pure presente in maniera massiccia, se pure minoritaria, per le vie di Saigon. A parte i locali che, evidentemente su questo fronte, sono frutto di una selezione darwiniana e sgaiattolano con una certa agile facilità, pur trasportando masserizie ingombranti sui bilancieri, con passo ondulato, per tutti gli altri sarebbe necessario fare un piccolo corso, o comunque leggere attentamente un libretto di istruzioni, diversamente si corre il rischio di rimanere su un lato della strada per diverse ore. Sgombrato subito il campo dall'idea balzana di servirsi delle strisce, che pure sono puntigliosamente disegnate dovunque, ma forse solo a scopo ornamentale, è necessaria decisione, conoscenza della situazione e soprattutto assenza di paura. Come il samurai diventava grande e imbattibile solo se acquisiva tra le sue capacità la mancanza della paura della morte, l'aspirante attraversatore di un flusso di traffico saigonese, deve individuare con capace colpo d'occhio il momento in cui il flusso di motorini sia anche solo leggermente meno denso o in via di generale rallentamento, dovuto ad un blocco di un altro flusso perpendicolare, quindi deve iniziare un attraversamento in linea leggermente diagonale controcorrente verso il marciapiede opposto, verso la meta agognata.
Il percorso deve rimanere perfettamente rettilineo, privo di tentennamenti e soprattutto essere eseguito a velocità costante e senza mostrare titubanze od esitazioni che possano indurre i guidatori di motorini a temere che ci si debba fermare in mezzo alla strada. Non bisogna assolutamente preoccuparsi che ci siano decine di mezzi che puntano verso di voi anche a velocità sostenuta, come se vincessero un premio abbattendo la bambolina, ma si deve procedere sempre e comunque senza paura. Il criterio è che chi arriva, vi vede a calcolando la vostra traiettoria vi deve scansare. Siete voi in sostanza che avete messo la ruota davanti per primo, tocca agli altri non centrarvi in pieno schiacciandovi sull'asfalto come una lattina di Coca Cola. Almeno questa è la teoria. Comunque, fa parte dell'avventura, A chi piace il bungee jumping, a chi il kytesurf, a chi gettarsi col paracadute. Diciamo che si può equiparare a uno sport estremo, molto adrenalinico che vi darà un sacco di soddisfazione, soprattutto quando atterrerete sull'altro lato della strada dopo essere stati sfiorati mille volte dai freni dei 6 milioni di motorini che circolano per le vie di Saigon ogni giorno. D'altra parte se siete lì, non potete perdervi neanche volendo questa emozione, pena lo starsene chiusi in albergo tutto il giorno. Comincerò ad allenarmi da domani, come in tutte le cose bisogna applicarsi. Intanto ecco il mio albergo dove mi congiungo con i miei due compagni di viaggio arrivati via terra dal confine cambogiano. Sono contento di vederli, non mi piace viaggiare da solo, è vero che non litighi con nessuno, ma non hai neanche la possibilità di girati verso il tuo amico per dirgli: "dai che se non passiamo adesso rimaniamo sullo spartitraffico tutta la notte". E poi in tre si fa massa critica e i motorini ti vedono meglio e ti evitano più facilmente.
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