Tutti sanno che il primo maggio è la Festa dei Lavoratori, ma forse a qualcuno sfugge l’origine di questa ricorrenza. È il 1889 quando a Parigi il congresso della Seconda Internazionale, l’organo di coordinamento internazionale tra tutti i sindacati e i partiti socialisti, decreta che “una grande manifestazione sarà organizzata per una data stabilita, in modo che simultaneamente in tutti i paesi e in tutte le città, nello stesso giorno, i lavoratori chiederanno alle pubbliche autorità di ridurre per legge la giornata lavorativa a otto ore e di mandare ad effetto le altre risoluzioni del Congresso di Parigi”.
La scelta ricadde sul primo maggio perché tre anni prima, a Chicago, una manifestazione di operai, che protestavano contro i licenziamenti, fu repressa violentemente. In Italia la festività fu ratificata nel 1891 e solo nel 1919 i lavoratori poterono celebrare la ragione che aveva dato senso alla nascita di questa ricorrenza e cioè la conquista delle otto ore lavorative .
Prima pagina del giornale palermitano “L’Ora”
Ma questa festa non identificò solo i disagi dei lavoratori, infatti, coincise con i moti per il pane che alla fine dell’Ottocento invasero tutta l’Italia. Nella primavera del 1898 i cittadini manifestarono contro gli aumenti del costo della vita e in particolare contro la decisione del governo di imporre una tassa sul macinato. Proteste che terminarono con i moti di Milano durante i quali numerosi manifestanti furono assassinati dalle truppe del generale Bava Beccaris. Inoltre, nei primi anni del Novecento il primo maggio fu la giornata in cui rivendicare il suffragio universale e, in particolare nel 1911, le proteste contro la guerra in Libia. Con l’avvento del fascismo la festa del primo maggio fu abolita perché considerata sovversiva. In sostituzione fu istituita, il 21 aprile, la celebrazione del Natale di Roma. Il primo maggio com’é inteso oggi, tornò a essere festeggiato solo nel 1945.
Dopo due anni, proprio in questo giorno, fu scritta la pagina più sanguinosa della Festa del Lavoro: la strage di Portella della Ginestra, in provincia di Palermo. Molti contadini del luogo si erano riuniti per festeggiare la vittoria ottenuta alle prime elezioni per l’Assemblea Regionale Siciliana dal Blocco del Popolo, una lista formata dal partito comunista e da quello socialista. Improvvisamente dal monte Pelavet gli uomini del bandito Salvatore Giuliano spararono sulla folla uccidendo undici persone. Ma se questo episodio è ben noto, sia per la tragicità che per il giorno in cui avvenne, ve n’é un altro che invece ebbe luogo prima ancora che la Festa del Lavoro fosse istituita e che vide morire i primi lavoratori dell’Italia unita.
Officine di Pietrarsa
Il 6 agosto del 1863 alcuni operai dell’opificio di Pietrarsa (certe fonti dichiarano quattro, altre nove), furono uccisi a colpi di baionette. Già da qualche mese il nuovo proprietario, Jacopo Bozza, aveva licenziato circa trecento lavoratori e quelli in servizio erano retribuiti in ritardo. Iniziarono gli scioperi e comparvero i primi manifesti di protesta sulle mura dell’azienda. Si temeva che la polizia non fosse sufficiente a mantenere gli operai che in quel fatidico giorno d’agosto si erano riuniti per manifestare per dei diritti che ancora non erano stati riconosciuti. Così furono allertati anche i bersaglieri e questi ultimi furono decisivi poiché sedarono la protesta nel sangue.
Gli anni passano e nonostante non ci siano più soldati o banditi a uccidere operai e manifestanti, oggi è il lavoro stesso a provocare la morte dei lavoratori. Attrezzature poco adeguate e scarsi dispositivi di protezione sono le cause principali. Secondo l’Inail le cosiddette morti bianche in Italia, nel 2013, sono state più di seicento. Troppe per un paese che dovrebbe avere, ogni primo maggio, un motivo per festeggiare.
Fonti: Sandro Provvisionato, “Misteri d’Italia”, Laterza, 1993
Francesco Petrotta, “Portella della Ginestra. La ricerca della verità”, Ediesse, Roma, 2007
Gigi Di Fiore, “Pietrarsa, la strage operaia dimenticata: dopo 150 anni Napoli ricorda l’eccidio”, Il Messaggero, 2013