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E le indagini sembrano a un punto morto finchè....
Prisoners è il primo film americano del regista franco canadese Dennis Villeneuve, che si era fatto notare in precedenza per due film ottimi come La donna che canta ( vincitore di numerosi premi nei festival internazionali e nominato all'Oscar come miglior film straniero ) e Polytechinique, racconto del massacro di un gruppo di giovani studentesse del Politecnico di Montreal per mano di un misogino patologico.
Con Prisoners conferma tutto quello che di buono si potesse pensare di lui.
Il suo ultimo film rischia seriamente di essere uno dei film dell'anno: immergendosi nel profondo della provincia americana e sfruttando tutti i topoi del genere thriller, Villeneuve eleva il suo cinema ad una forma quasi metafisica regalando allo spettatore un film profondo e stratificato che scava nel profondo di scrupoli e coscienze.
La regia morbida e sinuosa che quasi si vuole estraniare dalla vicenda con sequenze in campo lungo che sembrano voler prendere distanza da quello che si sta narrando denotando un palese disinteresse per le regole non scritte del genere, la durata che a molti parrà eccessiva ( 150 minuti più o meno, un minutaggio che selezionerà parecchio pubblico), un intrigo disseminato di false piste, divagazioni e notazioni a margine rendono Prisoners un qualcosa di unico nel panorama cinematografico odierno, soprattutto americano.
E non dimentichiamo la nazionalità canadese di Villeneuve: non è americano e si vede per come osserva da entomologo una civiltà fondata sull'uso delle armi e su un concetto abbastanza distorto della giustizia, con una pericolosa tendenza al fai-da-te che arriva a creare dei mostri insospettabili nascosti dentro e dietro padri di famiglia onesti e premurosi.
Ma del resto fino a che punto si può arrivare pur di ritrovare una figlia, una bambina indifesa capitata nelle grinfie di un maniaco pedofilo?
Tutti i personaggi di Prisoners sono prigionieri di qualcosa , sia a livello concreto che a livello metaforico e Villenueve pur disseminando il film di domande che ogni essere umano dovrebbe porsi prima di agire in una determinata maniera, si guarda bene dal rispondere.
A farlo ci penserà la sensibilità di ognuno.
Prisoners ha un aspetto retrò da thriller anni '70 (non sembrano per nulla azzardati i paragoni con due capolavori del genere come Mystic River e Zodiac ) grazie alla fotografia plumbea del grandissimo Deakins e ha dalla sua un cast in stato di grazia in cui emergono i due protagonisti.
Hugh Jackman tira fuori dal cassetto un'interpretazione magistrale di un padre di famiglia in preda ai suoi demoni e ai sensi di colpa che ha pochi eguali nella sua carriera, mentre Jake Gyllenhaal conferma tutto il suo talento in un personaggio profondo e sfaccettato come pochi, non è il classico detective tutto di un pezzo ma un uomo alle prese con le sue frustrazioni e le sue debolezze.
Prisoners è uno dei thriller più potenti degli ultimi anni, un qualcosa che non ti lascia nemmeno a distanza dalla visione.
Forse perchè anche al di qua dello schermo siamo un po' tutti prigionieri di qualcosa....
( VOTO : 8,5 / 10 )
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