Approfitto dell’ennesimo grido di allarme scattato oggi su Facebook per parlare di foto, privacy e internet.
L’antefatto: da quanto ho capito una ex- amministratrice di un gruppo si è vendicata di non so quale sgarbo copiando le foto di bambini pubblicate in quel gruppo e nei profili delle utenti iscritte al gruppo e inserendole sotto un falso profilo in un album intitolato “I miei bambini”.
La mia prima reazione, quando ancora non sapevo dello scopo di tale “furto”, è stato un sentimento di pena. Per questa donna che, evidentemente un po’ squlibrata (tutte informazioni dedotte dai commenti) si appropriava delle foto dei figli altrui perché non ne poteva avere di suoi.
Poi ho letto il seguito e gli altri commenti e sono rimasta basita: offese, minacce, denuncie. Sì, è vero, appropriarsi delle foto altrui, anche se rese pubbliche è illegale: la foto rimane di proprietà di chi l’ha scattata e se la vuoi copiare devi chiedere il permesso. Quindi la seganalazione su Facebook o anche la denuncia è lecita. E anche lo sdegno perché quello che questa persona ha fatto è, oltreché illegale, anche piuttosto maleducato e stupido.
Ma quello che più mi ha fatto tristezza è stata la “corsa ai ripari”: via tutte le foto dei bambini, via tutti i concorsi in cui si pubblicano foto di bambini, via le pagine fotografiche dai gruppi se ci sono bambini… via da Facebook!
Quando ho aperto il mio blog mi sono chiesta se fosse il caso di pubblicare le foto dei miei figli e i loro nomi. Ho valutato un po’ di ipotesi, ho guardato i blog che frequentavo di più e, alla fine, ho scelto di non avere paura. Più che altro perché penso che non ci sia nulla di cui avere paura.
La “brutta gente” c’è un po’ dappertutto. Di recente è stato arrestato un uomo per molestie ad una bimba proprio qui vicino, lo vedevo spesso in giro, lo salutavo anche. Ma questo e ciò che implica è un discorso troppo ampio e delicato (un film che consiglio è “The Woodsman – Il Segreto” con Kevin Bacon). Il motivo per cui lo scrivo è per dire che la paura dovremmo/potremmo provarla sempre: quando facciamo bancomat potrebbe esserci un impiegato “cattivo” che si copia la parte del filmato in cui si vede anche nostro figlio, il vicino di casa potrebbe avere installato una videocamera di sorveglianza che punta anche sul nostro giardino, un folle potrebbe scattare una foto da una fotocamera nascosta quando lo incrociamo per la strada…Con l’attuale tecnologia la privacy non esiste più. Forse proprio perché ce ne rendiamo conto è diventato un tema così caro e cerchiamo di difenderlo con le unghie e con i denti, firmando liberatorie per la privacy anche per assistere ad una lettura animata se c’è la telecamera del telegiornale.
Io rispetto chi non vuole pubblicare foto sue o dei suoi figli; quando vendo un mei tai faccio sempre presente che mi farebbe piacere pubblicare una foto del mei tai “in uso” e chiedo sempre se posso mettere anche il nome di mamma/papà e del piccolo. Così come quando nelle foto ci sono i figli dei miei amici. Perché credo che sia un diritto non vederli pubblicati.
Resto però dell’idea che la paura di quello che “sta fuori” sia sempre un po’ triste e un po’ pericolosa: tende ad isolarci, a farci perdere serenità e fiducia.
Quindi io continuerò a pubblicare le nostre foto senza oscurare i volti dei bambini, a mettere foto su Facebook sapendo che, anche se ho l’impostazione della privacy alta, non sono comunque garantita al 100%, invierò le mie foto per il contest di EquAzioni, continuerò a pubblicare le mie foto coi bambini nel gruppo su Facebook “Portare i bambini”…