Palermo: Lo scorso 8 aprile, i giudici della Corte d’Appello di Palermo avevano emesso il provvedimento di custodia cautelare nei confronti di Marcello Dell’ Utri.
I suoi legali, gli avvocati Giuseppe Di Peri e Massimo Krogh, avevano successivamente avanzato la richiesta del rilascio dell’ex senatore del Pdl – attualmente ricoverato, per problemi di salute, nel reparto detenuti di un ospedale di Beirut.
Oggi, i giudici del tribunale del riesame di Palermo hanno respinto il ricorso contro l’ordinanza di custodia cautelare e la motivazione è che “c’era la deliberata volontà di fuga”.
Dell’Utri non si era recato in Libano su richiesta di Vladimir Putin per sostenere la campagna elettorale di Amin Gemayel, come aveva detto Silvio Berlusconi, bensì era partito per tentare di sfuggire in previsione di una possibile condanna definitiva.
“Emerge amplissima” affermano i magistrati del Riesame “la sussistenza della eccezionale portata delle ravvisate esigenze cautelari che, a fronte di una programmata e dunque deliberata volontà di fuga, consentono di ritenere le esigenze cautelari di un non comune, spiccatissimo e allarmante rilievo”.
I magistrati, che hanno ritenuto di dover confermare la custodia cautelare per il fondatore di Forza Italia, hanno anche ricostruito tutte le varie tappa del suo tentativo di latitanza.
Per recarsi a Beirut, partendo da Milano, Dell’Utri non ha utilizzato un normale volo diretto – che è, ovviamente, operativo – ma ha scelto un volo alternativo che prevedeva anche uno scalo a Parigi.
Le spiegazioni alla base di questa preferenza possono, ragionevolmente, essere solo due: la prima sarebbe una giustificazione di tipo economico sussistente in un risparmio sul costo del biglietto che, però, viene smentita alla luce del prezzo effettivamente pagato – 1.728,89 euro; l’altra ragione è, invece, la possibilità di eludere le consuete procedure di controllo dei passaporti a cui sarebbe stato sottoposto sul territorio nazionale.
Il 25 aprile del 2013, il procuratore generale di Palermo Luigi Patronaggio aveva già chiesto l’immediata applicazione delle misure cautelari nei confronti dell’ex manager di Publitalia che era stato condannato, dalla sentenza della corte d’Appello palermitana, a sette anni di carcere per concorso esterno a Cosa Nostra.
All’epoca, i magistrati non avevano stimato possibile il pericolo di fuga e, quindi, Dell’Utri era rimasto a piede libero.
Appena un anno dopo, però, gli agenti della Dia non hanno potuto notificare all’ex senatore l’ordine di custodia cautelare, in quanto egli aveva abbandonato il territorio italiano.
Questo progetto di latitanza era stato già parzialmente scoperto tramite una intercettazione ambientale in cui il fratello gemello di Marcello, Alberto Dell’Utri, parlava con l’amico Vincenzo Mancuso e raccontava il piano di fuga.
Le cose non sono andate, però, esattamente secondo le previsioni: infatti, Dell’Utri è rimasto alcuni giorni negli uffici dei servizi dell’ intelligence in Libano e, adesso, è ricoverato in ospedale, costantemente sorvegliato dagli agenti di polizia locale.
Il 9 maggio, la Cassazione si pronuncerà sulla condanna.
Intanto il ministero della Giustizia sta portando avanti le pratiche per l’estradizione facendo, innanzitutto, tradurre in francese le motivazioni delle sentenze di condanna di Dell’Utri – così come prevede il trattato che disciplina questo tipo di rapporti fra Italia e Libano.
Il tempo gioca un ruolo fondamentale in questa vicenda: sempre in quello stesso trattato è previsto un periodo massimo di 30 giorni di custodia cautelare in attesa dell’estradizione.
I 30 giorni, in questo caso, avranno termine il 12 maggio, data in cui Dell’ Utri potrebbe tornare libero, anche se la condanna diventasse definitiva.