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Trapani, 26 maggio 2012 – Inizia intorno alle 11.30, dopo il ricordo della strage di Capaci, l'udienza numero ventinove del processo volto a fare luce sull'omicidio del giornalista e sociologo Mauro Rostagno, tenutasi mercoledì. A deporre sarebbero dovuti essere Roberto Sipala ex appartenente al clan dei Cursoti negli anni dello stragismo di Cosa Nostra e del quale il pubblico ministero Gaetano Paci ha ricordato l'inattendibilità ed i consulenti tecnici Biagio Manetto e Luca Soldati, tutti convocati dalla difesa.
Sipala, però, non si è presentato in aula ed è per questo stato necessario chiedere l'acquisizione delle sue testimonianze precedenti.
Questa è, inoltre, la prima udienza svolta dopo che il procuratore aggiunto di Palermo Antonio Ingroia e i sostituti Gaetano Paci e Francesco Del Bene sono stati ricevuti nella sede dei servizi segreti civili e militari, tornando a Palermo con materiale volto a definire eventuali collegamenti tra questo omicidio e quello avvenuto il 20 marzo del 1994 a Mogadiscio, dove furono uccisi la giornalista del Tg3 Ilaria Alpi e il suo operatore Miran Hrovatin nonché il reale uso che in quegli anni si fece del centro “Scorpione”, nodo trapanese – ed unica sezione aperta nell'Italia meridionale – della struttura segreta Gladio, operante nell'isola tra il 1987 ed il 1990 considerando anche che tra i responsabili della struttura c'era Vincenzo Li Causi, di cui si è sempre detto essere stato tra i più importanti informatori di Ilaria Alpi in terra somala.
Tornando all'udienza, il primo a testimoniare è l'ispettore Manetto della polizia scientifica di Palermo al quale sono state poste domande in merito ai pezzi del fucile, alla traiettorie dei bossoli ed alla dinamica generale dell'omicidio. «Sono nella polizia scientifica dal gennaio del 1983 e mi occupo di balistica dal 1987. Da quell'anno mi sono occupato di tutti i casi della Sicilia occidentale che riguardavano il gabinetto di Palermo» ha esordito l'ispettore, ricordando come si sia occupato varie volte dell'omicidio in questione, sottolineando inoltre come non sempre sia stato possibile svolgere il proprio compito nel migliore dei modi, basti pensare al fatto che la comparazione tra le cartucce – esaminate nel 1996 – ed i bossoli è avvenuta solo nel 2007.
«I fucili usati nell'omicidio Rostagno sono tre. La sequenza dei colpi è questa: prima cinque colpi di fucile davanti, pio i colpi alla testa e poi i colpi di fucile sparati attraverso il lunotto dell'automobile» ma, ha sottolineato l'ispettore dopo essersi concentrato sulla sequenza dei colpi sparati contro la Fiat Duna del giornalista – ucciso con tre fucili, di cui uno esplose in quanto troppo vicino al parabrezza dell'auto, ed un revolver - «non c'è compatibilità con i colpi usati negli omicidi per cui è stato condannato Mazzara». Impossibile, comunque, definire la cronologia dei colpi sparati nonché l'esattezza di altri elementi, date le difficoltà – non sempre casuali – con cui sono state svolte le indagini.
Prossima udienza prevista per mercoledì 30 maggio, quando termineranno le deposizioni dei teste convocati dalla difesa. Il 13 giugno, invece, verrà ascoltato Sipala.