Romano Prodi e Renzi visti da Luca Peruzzi
Premessa indispensabile: l'elezione del prossimo Presidente della Repubblica è cosa loro cioè qualcosa che riguarda gli equilibri interni alle ristrette oligarchie - economiche, finanziarie, politiche, burocratiche, criminali - che dominano il nostro Paese e sulla quale la stragrande maggioranza dei cittadini non ha alcuna voce in capitolo e tantomeno i cittadini democratici e progressisti. La maggioranza dei cittadini la guarderà solo da spettatori (un po' come juventini, milanisti e romanisti guardano l'esito della Champions League), potrà subirla e basta, al massimo costituirà quel parco buoi al quale bisognerà propinare una scelta non manifestamente e palesemente indigeribile e truffaldina. Aldo Giannuli, uno dei più lucidi politologi italiani, nello stimolante articolo che di seguito viene riportato indica i requisiti "minimi" che dovrebbe avere il nuovo Presidente della Repubblica: una fedina penale (non solo grazie alla prescrizione) immacolata (sembra una cosa assurda in un Paese in cui persino ad un bidello o ad un archivista viene richiesto il certificato dei carichi pendenti ma sappiamo tutti che nel nostro sistema politico è cosa che va ribadita ogni nanosecondo), la lealtà nei confronti della Costituzione (dimostrata dalla propria storia personale), aver ricoperto ruoli di responsabilità nazionale nei quali abbia dato dimostrazione delle proprie qualità politiche e morali e delle proprie competenze sulle materie istituzionali sulle quali sarà chiamato a misurarsi, avere a cuore anzitutto gli interessi nazionali, un curriculum politico importante, essere dotato di equilibrio e imparzialità, aver svolto nella propria vita una qualche rilevante attività professionale senza essersi limitato esclusivamente al mestiere politico. E' evidente che tra tutti i nomi che circolano in questi giorni quali possibili successori di Napolitano (si pensi alle candidature indecenti di Giuliano Amato, di Veltroni, di Padoan, della Pinotti, della Finocchiaro) e che effettivamente hanno qualche possibilità di essere eletti (togliamo dunque di mezzo Stefano Rodotà e Gustavo Zagrebelsky) non vi è nessuno che abbia tutti questi requisiti. Se dovessi scommettere un euro su chi sarà il prossimo Presidente della Repubblica personalmente lo punterei su Piero Grasso: perché puramente decorativo rispetto alle ambizioni di Renzi, perché compatibile con il patto del Nazareno, perché in possesso delle necessarie competenze giuridiche, perché spacciabile come nuovo e come "eroe" dell'Antimafia. Rispetto invece al profilo ideale indicato da Giannuli colui che tra i papabili indicati sui media più vi somiglia o, meglio, è meno distante io direi Romano Prodi. Nella guerra che ha contraddistinto la politica italiana degli ultimi trenta o quarant'anni tra le due destre - quella espressione del grande capitale internazionale e quella emanazione del capitalismo straccione nostrano, Repubblica e il PDS-DS-PD contro Mediaset e Forza Italia - Romano Prodi è stato uno dei campioni della prima. Romano Prodi con le privatizzazioni degli anni '90 di fatto ha contribuito a stravolgere in modo decisivo la Costituzione materiale del nostro Paese, con il proprio ministro del lavoro Treu ha aperto la strada al precariato, con l'ingresso nell'euro ci ha messi in una trappola dalla quale non è più possibile uscire senza bagni di sangue, Prodi ha avuto delle pendenze giudiziarie dalle quali si è tolto d'impaccio grazie alla prescrizione, nel suo excursus politico è impossibile non ricordare quel Gradoli uscito fuori nella "seduta spiritica" a cui partecipava quale rivelazione del covo nel quale era tenuto prigioniero Aldo Moro (come non pensare ad un escamotage per riferire l'imbeccata ricevuta da qualche servizio segreto?). Certamente però Prodi non è un Signor Nessuno, non è un grigio burocrate del Grande Capitale Finanziario Internazionale quale Mario Draghi, non sarebbe un burattino nella disponibilità di Renzi da far muovere con qualche tweet. Prodi è uno dei pochi personaggi italiani in grado di confrontarsi alla pari con la Merkel o Hollande o Cameron e dotato di una capacità di elaborazione politica autonoma, non un semplice testimonial di copioni scritti in serie da altri. Berlusconi a cui tutto si può rimproverare ma non la mancanza di fiuto politico, se è vera l'apertura nei confronti di Prodi, sembra averlo capito. Decisiva l'influenza di Putin con cui entrambi i "nemici" della stagione del Polo e dell'Ulivo intrattengono buoni rapporti? Può darsi ma questo sarebbe uno dei pochi dati positivi: in un contesto in cui non può esservi un nuovo Presidente della Repubblica che possa contestare l'austerità della troika, il jobs act, il divieto per la Bce di stampare moneta e di finanziare gli Stati che aderiscono all'euro, avere un Capo dello Stato che acconsenta, anche minimamente, all'idea di un mondo multipolare e che non sia un fondamentalista ottusamente atlantista come Napolitano è l'unica piccola cosa a cui possiamo aspirare. Di fronte alla quale la grazia per un Berlusconi che sconta una pena ridicola e farsesca ai servizi sociali - tra interventi politici, incontri istituzionali, visite a Milanello - non dovrebbe poter ormai indignare nessuno.di Aldo Giannuli:
Quirinale: no ad un Napolitano ter.
Nonostante non ci sia mai da essere sicuri di certe cose, non penso che, magari dopo una ventitreesima votazione caos, si giunga a rieleggere l’eterno re Giorgio. A tutto c’è un limite. Quando parlo di “Napolitano ter” parlo di un Capo dello Stato in continuità con l’uscente. Ma che caratteristiche dovrebbe avere il Presidente ideale? Diamoci dei criteri.
Il Foglio commentava il recente discorso di Napolitano lodandone lo spirito “rottamatore” della Costituzione vigente. E, lodi a parte, aveva ragione: Napolitano ha svolto una critica acuminata della struttura dello Stato disegnata dalla Carta costituzionale, prospettandone con chiarezza la necessità di sostituirla. Non che non si possa criticare l’attuale Carta, o proporre di cambiarla, ma spetta proprio al Capo dello Stato farlo? Semmai ci si attenderebbe che ne fosse il difensore, quantomeno, d’ufficio. Ma non si tratta solo di questo: nel suo settennato, Napolitano ha strattonato la Costituzione in tutti i modi sino a manovrare per ben due volte, per una revisione costituzionale tutta esterna alle procedure previste dall’art. 138. Ed è stato il regista più importante della trasformazione della forma di governo. Ormai la nostra Costituzione materiale è ben oltre il limite di torsione rispetto a quella formale: il principio di rappresentanza è subordinato alla “governabilità”, dove, per “governabilità” si intende solo il mantenimento degli obblighi internazionali del paese, a cominciare dal debito pubblico. Tutto è sacrificato a questo scopo, ed il Capo dello Stato non è più il rappresentante del paese verso l’estero, quanto, al contrario, il rappresentante degli interessi stranieri (a cominciare da quelli europei ed atlantici) verso l’Italia. In una certa misura si tratta di un processo oggettivo, indotto dalla globalizzazione neo liberista, che presuppone una crescente dipendenza delle parti dal tutto, ma, per il resto, Napolitano ci ha messo del suo. Le formule dei governi “tecnici”, “di emergenza”, di transizione”, “per le riforme istituzionali” nascondono la sostanza di un dominio oligarchico, in spregio ad ogni principio democratico di rappresentanza. Ed il costante rifiuto di convocare il corpo elettorale, anche in presenza di Parlamenti delegittimati come quello eletto nel 2008 e quello attuale, è il segno palmare di questa logica elitaria, per la quale, un Parlamento eletto con un sistema elettorale dichiarato incostituzionale, in cui c’è una sproporzione tremenda fra voti e seggi ed in cui un sesto dei parlamentari ha cambiato partito in un terzo del tempo della legislatura, si trova a dover eleggere un Presidente della Repubblica, riformare la Costituzione e rifare la legge elettorale che, ovviamente, si sta formando con gli stessi meccanismi della precedente! Ci vorrà tempo e lavoro per tornare ad una accettabile normalità costituzionale –semmai riuscirà di farlo- per ora occorre non peggiorare le cose con un “Napolitano Ter”. Intendiamoci: nonostante non ci sia mai da essere sicuri di certe cose, non penso che, magari dopo una ventitreesima votazione caos, si giunga a rieleggere l’eterno re Giorgio. A tutto c’è un limite. Quando parlo di “Napolitano ter” parlo di un Capo dello Stato in continuità con l’uscente che è stato uomo di parte, dimentico di essere il Presidente di tutti gli italiani e fattosi capo di una maggioranza politica, poco sensibile ai valori costituzionali, disinvolto interprete di norme e consuetudini e propenso ad invadere campi non suoi. Ecco: uno così non lo vogliamo. E non vogliamo neppure un Presidente prono ai voleri della Bce e, per così dire, in “sintonia speciale” con Palazzo Chigi. C’è già una quantità di nomi più o meno di questo genere: Veltroni, Cassese, Pinotti, Franceschini, Grasso, Gentiloni e via dicendo. Ma lasciamo perdere i nomi e vediamo i requisiti base che, per noi, un Presidente dovrebbe avere. Ovviamente, il criterio preliminare è quello di non aver avuto alcuna condanna penale o essere uscito da vicende penali per prescrizione. L’ideale sarebbe un candidato mai lambito da scandali e che goda di generale reputazione, ma, di questi tempi, mi pare una ricerca improba. I candidati di questo genere sarebbero mosche bianche. Ad esempio, Prodi il neo del caso Cirio lo ha, anche se mai si è trasformato in un atto giudiziario. E Fassino con quel “facci sognare!” detto a Consorte nove anni fa? Che dire di Giuliano Amato? Personaggio che non ha mai avuto una condanna o anche solo un rinvio a giudizio (va detto), però era a corte di Re Bettino quando nel Psi si facevano cose assai disinvolte, delle quali, naturalmente, non si accorse mai. Insomma vediamo cosa offre il mercato… In secondo luogo, è di basilare importanza che il candidato sia leale nei confronti della Costituzione.Non parlo di una lealtà formale, ma di un sostanziale spirito repubblicano e la biografia può dire molto in un senso o in un altro. Ad esempio, uno come Grasso può essere escluso a priori dopo la vicenda della riforma istituzionale, in cui si è prodotto in violazioni del regolamento senza precedenti. Non ne parliamo nemmeno. Questo criterio ne presuppone un altro: che il candidato abbia una biografia politica alle spalle e che, quindi, abbia esercitato ruoli di qualche responsabilità nazionale. E questo è il terzo requisito che merita d’essere chiarito, perché è in voga una gran voglia di un “Presidente che venga dalla società civile”, che, invece, potrebbe essere un disastro senza precedenti. Il punto è questo: non stiamo eleggendo il sindaco di Minervino Murge o il deputato di prima nomina (per quanto, anche in quei casi, un po’ di conoscenze pregresse non guasterebbero). Stiamo eleggendo il Capo dello Stato, cioè una delle due cariche chiave del sistema politico, il che presuppone due cose: che l’eletto abbia certe conoscenze e che sia conosciuto dagli italiani attraverso la sua biografia. Il presidente deve decidere se firmare una legge o rinviarla alle camere con un rilievo di costituzionalità: non vi sembra opportuno che sia uno che capisca cosa c’è scritto in ciascuna legge che deve firmare? Deve nominare il Presidente del Consiglio ed i ministri, deve decidere se sciogliere le Camere o no, avallare determinati atti del governo in politica internazionale, presiedere il Consiglio Superiore della Magistratura e quello Supremo della Difesa, se concedere una grazia o no eccetera eccetera. Vogliamo che diventi un burattino nelle mani del Presidente del Consiglio, del Segretario Generale della Presidenza o del vice Presidente del Csm? Se vogliamo una persona che sappia orientarsi rapidamente ed in modo autonomo, che sappia resistere alle pressioni interne o internazionali, non possiamo metterci uno qualsiasi che non ha mai fatto politica. Nemmeno se è un luminare nel suo campo. Ad esempio, Riccardo Muti è uno straordinario musicista di cui sono un accanito fan, Renzo Piano è uno splendido architetto, autore di opere smaglianti, ma la Presidenza della Repubblica è un’altra cosa e qui il rischio è di perdere un grande direttore d’orchestra ed un maestro dell’architettura per avere un cattivo Capo dello Stato. Quindi Muti e Piano continuino a fare quello che fanno, ma a maggior ragione evitiamo il primo che passa per strada: ad esempio, la Pinotti chi è? Cosa ha mai fatto? Certo, non è indispensabile che si tratti di un politico di professione a tempo pieno, potrebbe trattarsi di un giornalista di alto livello, di un ambasciatore, di un docente universitario o di un magistrato, anche se, questo espone alla seconda obiezione: se una persona non ha mai esercitato ruoli politici di un certo rilievo, o abbia un modestissimo ed assai recente curriculum politico, noi non sappiamo cosa pensa della Costituzione, della politica estera, dell’economia. E non bastano gli articoli, i libri, le interviste o qualche scritto, per saperlo; quello che conta sono gli atti compiuti e, se fino ad avantieri il candidato ha fatto un altro mestiere, come può aver compiuto questi atti rivelatori? Anche sulla base della biografia politica possiamo controllare il grado di affidabilità costituzionale dell’uomo. Ad esempio, di Scalfaro, che era un dc di destra, sapevamo che, al di là delle sue posizioni politiche, era uomo di forte lealtà costituzionale e, nel complesso, così si è comportato da Capo dello Stato. Occorre anche –e qui siamo al quarto requisito- che sia una persona che abbia uno spiccato senso degli interessi nazionali, che non sia particolarmente “amico” di Washington, di Mosca o Berlino, Parigi, Pechino, Londra o Telaviv, tanto per fare qualche nome a caso. Ad esempio, una come la Bonino ci sembra un po’ troppo amica degli americani per poter essere presa in considerazione. Quinto requisito: aver fatto qualcosa di ragguardevole nella propria carriera politica. Anche qui spieghiamoci: se per l’elezione ad una carica così importante fosse sufficiente una carriera da modesto burocrate, senza infamia e senza lode, potremmo anche procedere con il sorteggio. Per una carica così, serve uno che abbia qualcosa in più della media ed abbia brillato nei ruoli affidatigli. Ad esempio, uno come Veltroni che, per conto del Pci, trattò con Mammì l’infausta legge sulle televisioni che consentì il monopolio berlusconiano delle reti private, vi sembra uno adatto? E come ha fatto il sindaco di Roma? Quando ha fatto il segretario del partito il Pd ha incassato la più lunga ed ininterrotta serie di sconfitte. Poi qualche parentela imbarazzante non manca. Oppure, uno come Grasso che ha avuto una gestione così grigia della Procura Nazionale Antimafia, vi sembra che offra brillanti referenze? E Sergio Romano, che da ambasciatore a Mosca non si accorse che stava crollando tutto, e sosteneva che non stava succedendo niente, vi sembra la persona più adatta? E qui i nomi che potrebbero restare in piedi, temo, sarebbero pochissimi. Ovviamente, sesto requisito, è necessario che si tratti di una persona dotata di grande equilibrio e che sappia essere imparziale. Uno come D’Alema vi sembra l’uomo giusto? Ultimo criterio non irrinunciabile ma preferenziale: che l’uomo (o la donna, si intende) non abbia fatto solo il politico a tempo pieno, ma abbia anche lavorato qualche volta nella sua vita: da avvocato, notaio, docente, medico, magistrato o quel che vi pare, ma che, insomma, abbia avuto un mestiere diverso da quello di politico. Infine, a parità di ogni altra condizione, se fosse donna sarebbe meglio e se non avesse superato i 70 anni sarebbe il massimo. Certo trovarne uno così, con tutte queste caratteristiche non è semplice: possiamo provare con una supplica alla Madonna di Pompei. Ma, in caso la Madonna non ci conceda la grazia, che si fa? Un Presidente “tecnico”? Ad esempio il Presidente della Corte Costituzionale, della Cassazione, o il governatore della Banca d’Italia? Insomma: abbiamo visto cosa ha combinato Monti con il suo governo “tecnico” per cui, se proprio non viene fuori niente dal mondo politico e non c’è altro da fare va bene, ma, se si può evitare… Meglio fare di necessità virtù ed adattarci al candidato che somigli di più all’ identikit ideale o che se ne allontani di meno. L’importante è che non si tratti di un altro Napolitano, questo è l’obiettivo politico minimo. Aldo Giannuli