Quella mattina, appena sveglia, aveva avuto paura di essere in ritardo, di aver dormito troppo. Erano le sei, e una strana luce entrava dalla finestra nella piccola stanza da letto. Ancora un po’ intontita aveva guardato fuori e la vista sembrava diversa. Che l’avessero spostata in un universo parallelo durante la notte? Tanto, per quanto è profondo il mio sonno – pensò – non mi sarei accorta di nulla.
Quella mattina, appena sveglia, aveva avuto paura di essere in ritardo, di aver dormito troppo. Erano le sei, e una strana luce entrava dalla finestra nella piccola stanza da letto. Ancora un po’ intontita aveva guardato fuori e la vista sembrava diversa. Che l’avessero spostata in un universo parallelo durante la notte? Tanto, per quanto è profondo il mio sonno – pensò – non mi sarei accorta di nulla. Guardò di nuovo l’ora, le sei e cinque, guardò fuori. Ah ecco, l’albero era stranamente di un rosa pallido. Potevano essere gemme spuntate durante la notte… o semplicemente la sua miopia che le offuscava la vista. Cercò gli occhiali. Guardò di nuovo e sì, erano proprio piccole, morbide, fitte gemme rosee che ricoprivano l’albero di fronte alla sua finestra.
Mentre preparava il suo doppio caffè si rese conto che, da quando era venuta ad abitare in quella casa, quell’albero era sempre stato spoglio. E poi, pensò, ieri non c’era nulla. Possibile che sia successo tutto in una notte?
Prese il caffè, la sua fettina di pane con la marmellata, controllò le mail (da quando viveva da sola sperava di ricevere sempre qualche mail interessante, o un commento, un pensiero di qualcuno nei suoi confronti, visto che non parlava mai con nessuno… ma puntualmente trovava solo vagonate di pubblicità) Andò a farsi la doccia, si vestì, mise tutte le cose nella borsa del lavoro, mentre pensava alla giornata che l’aspettava e organizzava le cose da fare nella sua testa. Guardò ancora l’ora. Le restava qualche minuto, ma aveva esaurito le cose da fare. Quindi prese lettore e cuffie, chiuse la porta e uscì.
Mentre andava a prendere il treno ebbe la strana sensazione che tutto avesse la luce giusta, il sole si rifletteva sui resti di neve pannosi sulle montagne, il fiume scorreva azzurro come non mai, e l’aria, di solito così asettica, aveva un buon odore di …di mimose. Finalmente sentiva un profumo di fiori. Persino le canzoni random che il suo ipod sceglieva per lei sembravano perfette.
In quel momento si sentì talmente piena di vita: aveva voglia di cantare e fare la strada ballando e saltando… E stava per farlo se non fu che una macchina passando suonò il clacson. Per un istante non capì, pensando di essere investita, istintivamente fece un passo indietro e si immobilizzò. Chissà perché, aveva sempre questo pensiero ricorrente: nei momenti in cui ti senti veramente felice, potresti, improvvisamente, morire. Per uno strano scherzo del destino – pensava – se morissi in questo momento, morirei felice. Di solito, il pensiero successivo era: se morissi in questo momento, nessuno lo saprebbe, visto che qui nessuno mi conosce. Poi le passavano velocemente in mente le storie più strambe a proposito di cadaveri ritrovati dopo anni dalla propria morte, a causa della solitudine… Ma, per fortuna, tutto questo durò meno di un secondo, prima di rendersi conto che la macchina che le aveva suonato, voleva solo salutarla. Allora alzò il braccio e sorrise, anche se la macchina era già scomparsa.
Arrivò alla stazione. Poco dopo prese il treno.
Quando era in treno, in genere teneva le cuffie, ma abbassava il volume, a volte spegneva la musica. Perché lo faceva? Beh, primo per accorgersi se qualcuno le parlava, ma questo non avveniva quasi mai – se escludiamo il controllore. Però soprattutto se c’era gente che parlava accanto a lei, le piaceva ascoltare di nascosto e costruirsi nella propria immaginazione un ritratto di quella persona: da dove veniva, dove stava andando, che lavoro faceva, qual era il legame con l’altra persona con cui parlava, etc etc.
Ma quella mattina non aveva voglia di sentire nessuno. Tranne se stessa. Continuava a pensare allo strano risveglio, alla luce, alle gemme, al profumo. Senza rendersene conto aveva indossato abiti leggeri, e aveva sostituito lo sciarpone di lana con un foulard leggero e colorato.
Ma certo, pensò, oggi è primavera!!! Come ho fatto a non pensarci prima!
Ebbe voglia di scendere dal treno, prendere una bici e pedalare fino al mare, incontrare i suoi amici e fare un picnic, e magari indossare una salopette come quando era una bambina e faceva le scampagnate di pasquetta in campagna. Mentre pensava queste cose un velo di nostalgia scese sui suoi occhi. Un paio di lacrime erano lì dietro pronte a fare il loro ingresso plateale nella prima giornata di primavera. Improvvisamente il treno si fermò. “Avvisiamo la gentile clientela che a causa di un impedimento sui binari, la corsa non potrà più continuare. Vi invitiamo a scendere qui e proseguire a piedi fino alla prossima stazione dove troverete un pullman ad attendervi. Scusandoci per l’inconveniente, vi auguriamo una splendida giornata!”
I passeggeri, alcuni incuriositi altri innervositi, si affrettarono a scendere. Appena fuori, tutti si accorsero dell’enorme ciliegio fiorito che ingombrava i binari. Ma come, ci siamo passati ieri, non sarà mica cresciuto stanotte? Si domandavano tutti… e proseguirono in ordine, come una brava scolaresca, dall’altra parte dell’ingombro e fino alla stazione successiva, non molto distante a dire il vero. E già qualcuno saliva sul pullman quando la ragazza vide la bicicletta appoggiata al ciliegio. Senza pensarci due volte si mise la borsa a tracolla, salì sulla bici, e partì. La strada non la conosceva, seguì l’istinto e pedalò a lungo, finché non lo sentì… l’odore del mare.
Senza sapere come, era a casa, a casa sua, con i suoi amici, davanti al mare. Era quel momento particolare della giornata poco prima dell’inizio del tramonto, quando la luce del sole è abbagliante ma non brucia… è il momento che vorresti non finisse mai. Qualcuno le lanciò un pallone per invitarla a giocare. Nessuno pensò che fosse strano che lei fosse lì, nessuno si era accorto della cosa o quantomeno non sembrava interessarsene.
Posò la bici, prese il pallone, si sistemò la salopette e andò a giocare.
Prodigi della primavera.