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Profonda apparenza

Creato il 05 giugno 2011 da Lanterna
Sarà il tempo, che ha fatto un salto indietro di 2 mesi e svariati gradi. Sarà che casa mia si è trasformata in un lazzaretto, con marito esantematicamente malato da lunedì e figlia gastroentericamente malata da martedì (e figlio sano attaccato alle balle della mamma, poveretto lui e poveretta me). Sarà che ho trascorso un bellissimo pomeriggio tra donne ed è raro che ore passate così non diano i loro frutti. Sarà anche che mi sono data lo smalto (color nerorosso, mentre l'aubergine l'ho appena tolto) e per un po' sono rimasta a far niente per evitare di rovinarlo. Sarà anche che ho deciso di inaugurare un nuovo regime alimentare e di movimento, per motivi estetici e di salute.
Insomma, in questi giorni ho avuto tempo e opportunità di occuparmi del mio aspetto e di stare a contatto con una persona che ne ha sta facendo un lavoro.
Frivolezza? Desiderio di evasione? Per niente: l'evasione l'ho avuta con le chiacchiere e il tè, e anche con le uscite da sola con Ettore, ammettiamolo.
Invece questa riconsiderazione del mio aspetto è una cosa molto seria. Molto profonda, perché sono convinta che, al di là dei vecchi adagi, il nostro aspetto rifletta la nostra condizione interiore.
Salto indietro di quasi 10 anni: inizio a lavorare in un ambiente prevalentemente maschile. Sono giovanissima (ho 24 anni) e il fatto di essere minuta e bassa mi fa sembrare una bambina. L'ambiente di lavoro è molto informale, ma ci sono gli incontri con clienti e partner. Dal momento che non mi è mai stato chiesto, non mi sono mai presentata a questi incontri in tailleur: pantaloni a sigaretta e una bella maglia d'inverno, abiti di lino dalla linea sobria d'estate. Ero a mio agio e questo mi permetteva di sentirmi alla pari.
Fast forward di un paio d'anni: comincia la primavera dopo un inverno bello tosto e io non me la sento più di ingessarmi in pantaloni classici e gonne dritte. Ho un'esperienza, non ho più bisogno di sentirmi alla pari. Comincio ad esplorare e a osare qualche gonna lunga, a evitare le camicie, a cercare uno stile più morbido. Ne parlo col mio collega di allora, che mi stava manifestando un desiderio di cambiare modo di lavorare, e lui mi liquida come "frivola". Non ricordo se sono rimasta a spiegargli che quella ricerca non era solo esteriore: a volte penso che gli uomini non abbiano gli strumenti culturali per capire.
Nel corso degli anni, ho variato spesso il rapporto col mio aspetto. Due volte sul lavoro mi sono sentita inutile e vuota, e per due volte ho perso il controllo della bilancia. Ho fatto due figli ed entrambe le volte sono dovuta scendere a patti con la me stessa della gravidanza e del post.
Ecco, con queste premesse, comprarmi due smalti nuovi e vistosi dopo 2 anni che quelli vecchi seccavano nel cassetto non è superficialità: è occuparmi di me stessa, farmi un piacere con un minimo sforzo. E regalarmi qualche seduta di un corso di trucco significa accettare il mio viso, anche se non sono più la silfide di 8 anni fa.
Comprarmi un paio di scarpe da corsa non vuol dire voler tornare indietro di 8 anni, ma accettare la sfida del futuro: invecchiare senza rimpiangere nulla, con un corpo sano pronto a servire la mia mente.
Mi manca solo di caricare le pile dell'mp3.

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