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Proiettati verso il passato

Creato il 31 gennaio 2011 da Danielevecchiotti @danivecchiotti

 

Proiettati verso il passato

foto:flickr

 

Il mio ultimo sabato sera l’ho trascorso nel bel mezzo del 1976, dimenticando il digital download di Itunes, la televisione HD con l’abbonamento a Sky, la Wii e qualsiasi altra forma di intrattenimento domestico contemporaneo.
Dentro una scatola di pelle in soffitta conservo un vecchio proiettore per filmini super-8 sonoro marca Chinon, e una collezione di pellicole d’epoca, nonché un bel telone odoroso di passato; così, in barba al piacere del dolby-sourround o della tecnologia home-theatre, io ogni tanto le proiezioni domestiche me le faccio così, come si faceva una volta, con il rumore del motore che gira, i colori usurati dal tempo, e l’obbligo di alzarsi ogni venti minuti e cambiare la bobina, perché l’edizione casalinga de “La febbre del sabato sera”, tanto per fare un esempio, è divisa in cinque rulli da circa venticinque minuti ciascuno, il che significa che, se si vuole godersi tutta la storia di Tony Manero, bisogna mettere in preventivo almeno quattro interruzioni in cui tirarsi su dal divano, accendere la luce, riavvolgere la pellicola e caricare la pizza successiva. Insomma un grande sbattimento che, confrontato con le comodità hi-tech con cui siamo abituati a sollazzarci, suona davvero come una totale follia.
Eppure.
Eppure ha un fascino incredibile, almeno per me, questo modo retrò di vivere l’esperienza del cinema. Dipenderà forse dal fatto che i filmini super-8 erano uno delle mie grandi passioni e dei miei sogni irrealizzabili quando ero bambino, e che gli ardenti desideri dell’infanzia rimangono tutti lì, intonsi, indifferenti al passare del tempo e al cambiare del contesto. O forse perché chi, come me, ama il cinema per l’esperienza che esso rappresenta, e quindi al di là del valore dei film, non riuscirà mai a rassegnarsi agli schermi al plasma, LCD, Full HD, 3D e compagnia bella, né all’idea che lo spettacolo passi per sempre su una televisione e smetta di essere ciò che è sempre stato, e che da sempre ha costituito una grossa fetta del fascino globale: buio, proiezione, un fascio di luce che spalma una fotografia in movimento su un telo bianco. Cinema, appunto. Sarà insomma che sto diventando sempre più vecchiotto, che il passato mi affascina cento volte più del futuro, e che, se potessi permettermelo, anziché un sito internet preferirei gestire un cinemino d’essai. Fatto sta che a me le mie serate di relax piace trascorrerle così, proiettandomi in salotto la mia copia super 8 – piena di tagli da serial killer e con dominante marrone che azzera i colori – di “Lo chiamavano Trinità” (sei bobine) e poi, quando le ore si fanno piccole, organizzarmi un late-night-show con una versione soft core ormai smarrita di “La vera gola profonda” (talmente rara e dimenticata da non esistere nemmeno in DVD, divx nè qualunque altro supporto attualmente in voga) e un montaggio (è il caso di dirlo) di una serie di quei loops porno Swedish Erotica e Color Climax che negli anni ’70 si contrabbandavano come droga, e che crearono il mito delle donne scandinave come le più disinibite e porcelle del mondo.
Insomma non ci sono dubbi… non appena avrò qualche soldo da spendacciare, io non lo userò certo per l’ultimo modello di televisiore ultrapiattissimo e con colorissimi digitalizzati, ma per un fare il grande passo e abbandonare il formato super 8 a beneficio del 16 mm, con un bel proiettore semiprofessionale e una collezione di pellicole degne del miglior cinemino di provincia del 1972.
Certo non rinuncerò alla tecnologia, al piacere di scaricare un film in quattro minuti, di vedermelo con sonoro 5.1 e subwoofer restando comodamente seduto in poltrona per tutta la sua durata. Ma, sebbene questo sia necessariamente l’inevitabile percorso in avanti della mente e della razionalità, non c’è dubbio che, invece, il cuore e l’anima restino proiettati verso il passato.

 


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