Una delle cose peggiori all’interno del postribolo insalubre della grande azienda è avere un capo. Sulle teste dei lavoratori di ogni ordine e grado egli sta. Appollaiato a guisa di orrido e malefico volatile affonda gli artigli scheggiati sui crani funesti. La prima cosa che si apprende vivendo nella grande azienda è che un capo c’è sempre. Il vostro capo, a sua volta, ha un capo e cosi via in una piramide fino a raggiungere la sommità: l’amministratore delegato. Il princeps, il dux, il pontifix: in una parola "lui".
Quasi sempre in tutte le aziende questa figura nota ai più perché cambia BMW come un calciatore cambia i calzettoni è identificato con il titolo del proprio ordine professionale: il più diffuso è solitamente “l’Ingegnere”. Se il tale non ha una laurea gli si riconosce comunque di default il rango generico di “dottore”. Tutto questo ha come unico fine quello di non pronunciarne mai il nome. C’è un che di reverenziale, una sorta di superstiziosità endemica simile ad un tabù ancestrale che sembra riecheggiare quegli antichi culti e credenze pagani secondo i quali il solo invocare il nome del nume era in grado di scatenarne la collera e di attirare sciagure sugli ingenui che osavano tale empietà.
La ziggurat gerarchica, sulla cui sommità solo pochi eletti possono stazionare al fine di sputacchiare quelli che passano di sotto andando a timbrare il cartellino, viene definita organigramma. Non fatevi ingannare da questo termine coniato da qualche minchione che ha usato la sua laurea in economia aziendale per fumarsi i copertoni di chissà quale trattore: questa parola definisce un assetto che in realtà è la riproposizione della satrapia persiana ibridata con la tirannide greca.
L’amministratore delegato, tendenzialmente, è l’equivalente lavorativo di un dittatore sudamericano anche se, a conti fatti, è più simile ad un bulletto della degradata periferia suburbana che a un feroce gerarca militare appoggiato dalla CIA. Ma questo solo perché non regge i sigari ed il rhum.
Il capo, nonostante i sottoposti gli attribuiscano doti soprannaturali e capacità taumaturgiche, non può controllare in modo diretto tutte le attività che si svolgono nella grande azienda. In realtà si rompe semplicemente i coglioni. La maggior parte del suo tempo, infatti, la trascorre in ufficio: quando entra ha sempre sotto il braccio una copia de Il Sole 24 Ore. Ma ad uno sguardo attento non sfuggirà un particolare importante: è sempre la stessa copia dal 1995 che serve unicamente allo scopo di occultare agli sguardi indiscreti pubblicazioni quali La Gazzetta dello Sport e Cronaca Vera. Cosa faccia nel sancta sanctorum dopo le edificanti letture rimane un mistero su cui nessuno, in realtà, ha mai ritenuto interessante indagare.