Promontorio della paura

Creato il 07 luglio 2014 da Taxi Drivers @TaxiDriversRoma

Poco motivato a interpretare il cattivo, e di statura inferiore rispetto a Gregory Peck, in realtà Robert Mitchum interpretò uno dei villain più riusciti della storia del cinema, grazie anche alla regia di J. Lee Thompson, fresco del grande successo di I cannoni di Navarone (1961).

Uscito nel 1962, Cape Fear ebbe molti problemi per quanto riguarda la censura. Subì tagli e imposizioni, a causa delle ricorrenze nella trama circa violenza e stupro.

Ma veniamo alla storia, a molti nota, che vede Max Cady (Mitchum) appena uscito di prigione, dopo avere scontato otto anni per stupro. Cady rintraccia Sam Bowden (Peck), l’avvocato responsabile della sua condanna, e comincia a perseguitarlo, rimanendo all’interno dei confini legali, e attento a non lasciare prove quando li sorpassa.

Ciò che rende Cady un cattivo completo è la capacità di annientare psicologicamente le sue vittime. È un astuto manipolatore, uno stratega dello stalking. La sua impresa è riuscire a portare sullo stesso piano un rispettabile avvocato e padre di famiglia, quale Bowden, costretto ad assumere dei picchiatori per convincerlo a lasciare la città. A questo si aggiunge l’indole violenta e l’uso della forza bruta, che esploderà nella lotta corpo a corpo, dai toni quasi tribali, che avverrà nella palude di Cape Fear.

Da parte sua, Bowden, immerso nell’alta vegetazione e nel fango, scoprirà che per sconfiggere il nemico dovrà combattere alla pari, accantonare le leggi non solo costituzionali ma anche sociali, rinnegare tutto ciò che rende civile un uomo.

La sensibilità di uno spettatore odierno potrebbe non essere stimolata da un film datato, in cui la violenza è spesso lasciata intendere con l’eleganza tipica dell’epoca.

Tuttavia non è solo per questioni di età che il remake di Scorsese del 1991, contrariamente alla norma, è di pari livello se non addirittura superiore all’originale. Un Robert De Niro palestrato e pompato, per apparire superiore sul piano fisico a Nick Nolte (che, come fu per Peck, è più alto del collega), aggiunge a Cady una maggiore nota di perversione. Molto più rabbioso, per certi versi inumano, il Max Cady di De Niro sembra imbattibile. Sta sempre un passo avanti, come se potesse leggerti nel pensiero. Preso alla sprovvista dai picchiatori li elimina con facilità per poi decantare uno dei migliori monologhi del cinema.

È un demone sceso in terra, forse per questo solo la natura potrà fermarlo per sempre.

Marco Parlato


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