Mentre lo spread risale e il presidente della Corte dei Conti lancia l’”allarme corruzione”, proponendo di rinforzare le misure contro il falso in bilancio. Mentre parte da subito la caccia ai 150 miliardi di evasione fiscale con Serpico pronto a ricevere milioni di input. Mentre la Confcommercio ci dice che gli italiani hanno speso per questo Natale la bellezza di 400 milioni di euro in meno e a Londra la gente si accoltella, a Oxford Street, per un posto in fila davanti ai negozi dei “saldi” di fine anno. Mentre Minzolini dice di aver compreso finalmente i ricorsi in tribunale di Santoro e minaccia di trascinare in giudizio l’intera Rai, cameramen compresi e a Olbia tirano l’ennesima bomba (non metaforica) contro Equitalia e le sue ganasce tributarie, la Lega disegna la Padania a Mantova: come sarà il nuovo stato, quale moneta avrà e quale esercito ne controllerà i confini. Ormai in pieno delirio, dopo essere stato per anni un ministro della repubblica italiana, Bossi è tornato al suo vecchio cavallo di battaglia, la secessione, adottando lo stesso linguaggio che, qualche anno fa (prima della modifica delle leggi da parte della stessa Lega al governo), sarebbe costato l’ergastolo a 41 dirigenti para-celtici. Insomma. Riprende vita il Clp (Comitato di Liberazione Padano) che imita in tutto e per tutto il Cln (Comitato di Liberazione Nazionale) sorto in epoca fascista. La fregatura (per Bossi) è che il Cln combatteva contro i nazifascisti mentre il Clp non si sa ancora contro chi cazzo combatta, forse contro Casini. Il Clp avrà il compito di creare lo stato Padano che, udite udite, non nascerà con un “gavremo tutti il mitragliatore in mano”, come amava dire l’Umberto 15 anni fa, ma con una sorta di moral suasion che prevede il distacco consensuale dapprima del Veneto e del Piemonte e, a seguire, della Lombardia (“devo sentire che ne pensa il mio amico Formigoni” – ha detto Umbertino), della Liguria, del Trentino Alto Adige, del Friuli e della Valle d’Aosta. Il nuovo stato padano dovrebbe seguire il modello della separazione consensuale della repubblica Ceca da quella Slovacca e accorpare anche porzioni di Austria, qualche cantone svizzero, un po’ di Croazia e perfino un paio di chilometri quadrati di Slovenia. Ovviamente se gli austriaci, gli svizzeri, i croati e gli sloveni dovessero recalcitrare, ecco pronto l’esercito padano che li ridurrebbe a più miti consigli: il baffuto Adolf, in confronto, era un dilettante perché partì solo dalla Polonia. Il nuovo stato, quello che Bossi sta disegnando con una fantasia sfrenata da psicopatico perso, avrà una nuova moneta (“finito l’euro – ha detto il senatur – non torneremo alla lira ma batteremo moneta padana”); un esercito di verde vestito, sulla scia delle guardie inventate nel 1997 da Roberto Maroni che, per questo motivo, Berlusconi nominò ministro dell’Interno ma, soprattutto, un solo sistema fiscale con un’aliquota al 25 per cento due sole imposte, una diretta sui redditi e una indiretta sui consumi. Novità assoluta dopo l’esperienza berlusconiana: il nuovo stato padano tasserà le mignotte. C’è da dire, tanto per renderci ancora di più conto della feccia che ci ha governato in questi anni, che nel periodo “buio” della minacciata secessione, i leghisti non teorizzavano soltanto, ma si muovevano sulla scia degli altri movimenti separatisti e indipendentisti europei. L’ex ministro Bobo Blues Maroni, da responsabile dell’ufficio esteri padano, era incaricato infatti di tenere rapporti strettissimi con gli indipendentisti baschi, catalani, irlandesi, scozzesi e perfino con gli ultranazionalisti russi guidati dall’ex generale dell’Armata Rossa, Vladimir Zhirinovskij. Era il periodo in cui Mario Borghezio disse che “l’Europa guarda con grande interesse alla creazione di uno stato padano che faremo facendo tintinnare le sciabole”, e che l’allegra brigata al governo, composta da Forza Italia, Udc e Lega (con l’astensione dei Verdi) votò la depenalizzazione dell’articolo 241 del codice penale, quello che aveva invocato il giudice Papalia rinviando a giudizio i dirigenti della Lega per “aver commesso atti diretti a disciogliere l’unità dello stato italiano mediante disgregazione del suo territorio e la costituzione della Padania). Bossi, a Mantova, è tornato quindi alle origini, e nominato plenipotenziario leghista a Roma per discutere di separazione consensuale dall’Italia, l’ex ministro dell’Interno Maroni il quale, da quando non siede più sulla poltrona di capo del Viminale, non si sente vincolato dalla Costituzione italiana sulla quale ha giurato appena due anni e mezzo fa. Non sappiamo come giudicare ciò che i padani stanno cercando di porre in essere tra una bistecca d’orso e una trota salmonata, quello che è certo è che la rabbia leghista per essere stati estromessi dalle poltrone e dai privilegi ministeriali è grande, incommensurabile, cattiva. Lontano dal poter essere considerato folklore, quello della Lega è l’ennesimo tentativo di giocare sulla disperazione e su qualche figlio di puttana che gode come un porco a sfasciare tutto. Facciamoglielo fare questo referendum, una volta che l’avranno miseramente perso magari si renderanno conto che gli italiani, a parte gli allevatori di mucche da latte, sono più seri di come li descrivono i leghisti, i discepoli di Odino che attingono alle sorgenti del Po l’acqua di cui è composto il loro cervello. E poi c’è sempre il solito quiz cinefilo che potremmo formulare, rivisto e corretto con: “Il problema della Padania è che ci sono troppi leghisti”.
Magazine Politica
Pronta la Costituzione dello Stato Padano. Il fisco si baserà sulle tasse alle mignotte. Salvi i produttori di latte.
Creato il 27 dicembre 2011 da Massimoconsorti @massimoconsorti
Mentre lo spread risale e il presidente della Corte dei Conti lancia l’”allarme corruzione”, proponendo di rinforzare le misure contro il falso in bilancio. Mentre parte da subito la caccia ai 150 miliardi di evasione fiscale con Serpico pronto a ricevere milioni di input. Mentre la Confcommercio ci dice che gli italiani hanno speso per questo Natale la bellezza di 400 milioni di euro in meno e a Londra la gente si accoltella, a Oxford Street, per un posto in fila davanti ai negozi dei “saldi” di fine anno. Mentre Minzolini dice di aver compreso finalmente i ricorsi in tribunale di Santoro e minaccia di trascinare in giudizio l’intera Rai, cameramen compresi e a Olbia tirano l’ennesima bomba (non metaforica) contro Equitalia e le sue ganasce tributarie, la Lega disegna la Padania a Mantova: come sarà il nuovo stato, quale moneta avrà e quale esercito ne controllerà i confini. Ormai in pieno delirio, dopo essere stato per anni un ministro della repubblica italiana, Bossi è tornato al suo vecchio cavallo di battaglia, la secessione, adottando lo stesso linguaggio che, qualche anno fa (prima della modifica delle leggi da parte della stessa Lega al governo), sarebbe costato l’ergastolo a 41 dirigenti para-celtici. Insomma. Riprende vita il Clp (Comitato di Liberazione Padano) che imita in tutto e per tutto il Cln (Comitato di Liberazione Nazionale) sorto in epoca fascista. La fregatura (per Bossi) è che il Cln combatteva contro i nazifascisti mentre il Clp non si sa ancora contro chi cazzo combatta, forse contro Casini. Il Clp avrà il compito di creare lo stato Padano che, udite udite, non nascerà con un “gavremo tutti il mitragliatore in mano”, come amava dire l’Umberto 15 anni fa, ma con una sorta di moral suasion che prevede il distacco consensuale dapprima del Veneto e del Piemonte e, a seguire, della Lombardia (“devo sentire che ne pensa il mio amico Formigoni” – ha detto Umbertino), della Liguria, del Trentino Alto Adige, del Friuli e della Valle d’Aosta. Il nuovo stato padano dovrebbe seguire il modello della separazione consensuale della repubblica Ceca da quella Slovacca e accorpare anche porzioni di Austria, qualche cantone svizzero, un po’ di Croazia e perfino un paio di chilometri quadrati di Slovenia. Ovviamente se gli austriaci, gli svizzeri, i croati e gli sloveni dovessero recalcitrare, ecco pronto l’esercito padano che li ridurrebbe a più miti consigli: il baffuto Adolf, in confronto, era un dilettante perché partì solo dalla Polonia. Il nuovo stato, quello che Bossi sta disegnando con una fantasia sfrenata da psicopatico perso, avrà una nuova moneta (“finito l’euro – ha detto il senatur – non torneremo alla lira ma batteremo moneta padana”); un esercito di verde vestito, sulla scia delle guardie inventate nel 1997 da Roberto Maroni che, per questo motivo, Berlusconi nominò ministro dell’Interno ma, soprattutto, un solo sistema fiscale con un’aliquota al 25 per cento due sole imposte, una diretta sui redditi e una indiretta sui consumi. Novità assoluta dopo l’esperienza berlusconiana: il nuovo stato padano tasserà le mignotte. C’è da dire, tanto per renderci ancora di più conto della feccia che ci ha governato in questi anni, che nel periodo “buio” della minacciata secessione, i leghisti non teorizzavano soltanto, ma si muovevano sulla scia degli altri movimenti separatisti e indipendentisti europei. L’ex ministro Bobo Blues Maroni, da responsabile dell’ufficio esteri padano, era incaricato infatti di tenere rapporti strettissimi con gli indipendentisti baschi, catalani, irlandesi, scozzesi e perfino con gli ultranazionalisti russi guidati dall’ex generale dell’Armata Rossa, Vladimir Zhirinovskij. Era il periodo in cui Mario Borghezio disse che “l’Europa guarda con grande interesse alla creazione di uno stato padano che faremo facendo tintinnare le sciabole”, e che l’allegra brigata al governo, composta da Forza Italia, Udc e Lega (con l’astensione dei Verdi) votò la depenalizzazione dell’articolo 241 del codice penale, quello che aveva invocato il giudice Papalia rinviando a giudizio i dirigenti della Lega per “aver commesso atti diretti a disciogliere l’unità dello stato italiano mediante disgregazione del suo territorio e la costituzione della Padania). Bossi, a Mantova, è tornato quindi alle origini, e nominato plenipotenziario leghista a Roma per discutere di separazione consensuale dall’Italia, l’ex ministro dell’Interno Maroni il quale, da quando non siede più sulla poltrona di capo del Viminale, non si sente vincolato dalla Costituzione italiana sulla quale ha giurato appena due anni e mezzo fa. Non sappiamo come giudicare ciò che i padani stanno cercando di porre in essere tra una bistecca d’orso e una trota salmonata, quello che è certo è che la rabbia leghista per essere stati estromessi dalle poltrone e dai privilegi ministeriali è grande, incommensurabile, cattiva. Lontano dal poter essere considerato folklore, quello della Lega è l’ennesimo tentativo di giocare sulla disperazione e su qualche figlio di puttana che gode come un porco a sfasciare tutto. Facciamoglielo fare questo referendum, una volta che l’avranno miseramente perso magari si renderanno conto che gli italiani, a parte gli allevatori di mucche da latte, sono più seri di come li descrivono i leghisti, i discepoli di Odino che attingono alle sorgenti del Po l’acqua di cui è composto il loro cervello. E poi c’è sempre il solito quiz cinefilo che potremmo formulare, rivisto e corretto con: “Il problema della Padania è che ci sono troppi leghisti”.
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