Magazine Lavoro
"Rimettere in discussione tutto il processo politico che ha portato la sinistra alla sua attuale condizione di marginalità e d’irrilevanza". Sono parole di Riccardo Terzi, oggi dirigente dello Spi-Cgil, nella prefazione ad un libro che porta un titolo singolare “Il pipistrello di La Fontaine, Crisi Sinistra Partito” (Ediesse). L’autore è Luigi Agostini, anche lui nel passato dirigente Cgil. Quel titolo riecheggia una favola di La Fontaine riferita a un pipistrello che a seconda delle circostanze si presentava come “uccello” o come “roditore”. Nella immagine ripresa da Agostini il soggetto multiforme dovrebbe essere oggi il Pd capace di essere “di volta in volta, roditore e uccello” ovverosia capace “di aderire a tutte le pieghe della condizione sociale e di produrre, innervandovi la sua presenza, il massimo di socialità collettiva”. Un intento polemico, insomma, nei confronti di chi continua a teorizzare un partito leggero, liquido. Terzi apprezza lo sforzo dell’autore ma pensa che sia illusorio sperare che il Pd possa trasformarsi. E’ convinto, invece, che il PD stia diventando "un partito nichilista di massa, dove le idee sono del tutto soppiantate dalla voglia spasmodica di vincere, a qualunque costo, nell’indifferenza per i contenuti".
Ma è proprio sui contenuti che Agostini testimonia la volontà di insistere. Per lui “L’identità del Partito Democratico, il tratto identitario non può che essere l’eguaglianza”. Ovverosia un Partito neosocialista “non macchina puramente elettorale". Ecco perchè polemizza con “le primarie passepartout che scaricano il partito da ogni responsabilità, rendendolo però progressivamente superfluo, tranne che per compiti di servizio”. Un modo di agire che porta a “un partito a coesione interna sempre più debole, in marcia quotidiana verso l’evaporazione finale”.
La proposta di una “ricostruzione del partito della sinistra” non poggia solo su metodi tradizionali, l’insistenza dell’autore è sulle “immense ed inedite possibilità aperte tecnologicamente dalla rivoluzione digitale”. Nonché dalla definizione di nuovi istituti quali un nuovo Statuto dei diritti del lavoro e una nuova Carta del lavoro dell’era digitale. Si rifà agli studi del francese Alain Supiot che in un rapporto alla comunità europea ha suggerito un nuovo diritto del lavoro, “capace di garantire la continuità della traiettoria lavorativa di una persona, il passaggio da una condizione lavorativa ad un’altra; un diritto capace cioè di inglobare le diverse forme di lavoro che chiunque è suscettibile di svolgere nell’arco della propria esistenza, e in grado di coprire, con la proposta dei diritti sociali di prelievo, tanto i periodi di inattività, quanto i periodi di formazione, impiego, lavori fuori dal mercato o indipendenti e così via".
Accanto al mondo del lavoro c’è poi, secondo la riflessione dell’autore, il mondo dei consumatori e così sarebbe necessario uscire da una specie di “pregiudizio produzionista” per vedere “il ruolo essenziale che svolge il consumo nel determinare comportamenti e scelte sia individuali che collettive”. Fatto sta che anche per i sindacati, insomma, dovrebbe suonare la campana del cambiamento. Una nuova “confederalità” dovrebbe, sostiene l'autore, possedere “una strategia capace di tenere insieme lavoro ed esclusione: una specie di ritorno alle origini del sindacato”. E a proposito di sindacati un largo spazio ha il caso Fiat. Agostini non nasconde il suo appoggio alla Fiom ma osserva che si poteva tentare di opporre una piattaforma diversa al nuovo sistema di lavoro voluto da Marchionne. Tale sistema, molto più delle vecchie catene di montaggio, azzera ogni possibile soggettività del lavoratore. L’invito, in definita, é a uscire dalla tenaglia tra “un sindacato per così dire embedded, cioè un sindacato al seguito dell’azienda, e un sindacato d’irriducibili, minoritario, imbozzolato in un antagonismo aprioristico…”. Agostini ricorre a un insegnamento lasciato da Sergio Garavini): “se ai nuovi problemi che insorgono nell’organizzazione della produzione non danno risposta i lavoratori e il sindacato, la risposta verrà data dal padronato…”. E conclude: "La sinistra italiana, nelle sue varie componenti, sembra aver smarrito una cultura della produzione: è diventata una sinistra distributiva. 'Da sfruttati a produttori' di Bruno Trentin è diventato un testo introvabile anche dove dovrebbe essere di casa".
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