Ha provocato scalpore e credo anche orrore la protesta messa in atto dall’artista russo Peter Pavlesnkiy in una piazza di Mosca presentandosi completamente nudo e avvolto in una matassa di filo spinato. E più gli strabiliati poliziotti cercavano di sottrarlo alla vista dei passanti e di districare il groviglio più lo sottoponevano a ferite e sofferenza.
Pavlesnkiy non è nuovo a questi gesti. Lo avevamo già visto protestare con la bocca letteralmente cucita a favore delle componenti del gruppo punk femminista Pussy Riot condannate a due anni di reclusione in una colonia penale da un tribunale russo per essersi esibite in un concerto anti Putin improvvisato in una chiesa.
Questa volta ha protestato contro il governo del suo paese. La sua azione, come ha illustrato, simboleggia la vita dell’uomo in un sistema repressivo in cui qualunque mossa provoca pesanti reazioni da parte della legge che ferisce, non solo metaforicamente, l’individuo. Negli ultimi anni, spiega Pavlesnkiy, sono state adottate delle leggi mirate a sopprimere l’attivismo civico, a rinforzare controllo e intimidazione, a tollerare l’arbitrio della polizia e a fare un numero crescente di prigionieri politici. Per esempio, leggi contro agenti stranieri, l’estremismo, la “propaganda” omosessuale, le proteste, gli scrittori e gli artisti. Tutto questo, conclude Pavlesnkiy, reduce le persone a docile bestiame al quale è permesso solo di lavorare, consumare e moltiplicarsi.
Le immagini che seguono sono di MR7.
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