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Provincia si o provincia no?

Creato il 25 ottobre 2012 da Bagaidecomm @BagaideComm
PROVINCIA SI O PROVINCIA NO?Fare le cose “all'italiana” è divenuta ormai un'espressione per esprimere i lavori fatti alla bene in meglio, in modo da accontentare il più possibile tutti, creando così guai che poi puntualmente si risolvono “a tarallucci e vino” o a rotta di collo. Parlare dell'organizzazione del territorio in Province ne è stato per molto tempo un esempio: pronti un giorno a ricorrere alla demagogia dell'abolizione “senza se e senza ma”, poi rivista il giorno dopo per non fare torto a qualche “amico” o “collega” che siede su qualche “cadreghino” locale e poi puntualmente smentita dalla continua proliferazione fino a tempi recenti. Questa volta, invece, l'implacabile governo Monti ha deciso di far cadere la scure dei tagli alla spesa pubblica anche sull'organizzazione istituzionale territoriale, prevedendo l'accorpamento delle Province che non soddisfano il doppio requisito congiunto dei 350 mila abitanti e dei 2.500 km2 di superficie (ma la riorganizzazione territoriale passa attraverso il vaglio regionale). Vittime eccellenti riguardano proprio il nostro territorio, stante che le Provincie di Como, Varese e Lecco non rispettano il requisito “dimensionale”. La soluzione che pare essere stata trovata è quella di dare vita ad una Provincia che le riunisca e che avrà capoluogo nella città comasca. Vuoi per campanilismo, vuoi per obiettive esigenze e rivendicazioni, le rappresentanze istituzionali varesotte e lecchesi fino all'ultimo daranno battaglia per evitare quello che, invece, pare ormai inevitabile. Ma ha senso tutto questo rigore? A mio parere, no. Una prima motivazione a questa mia conclusione è di ordine logistico: Como e Varese sono tra loro collegate in modo pessimo, non esistendo una linea ferroviaria né un tratto stradale velocemente percorribile (come invece c'è tra Como e Lecco), soprattutto nelle ore “calde” per i lavoratori. La seconda motivazione è di ordine, potrei quasi dire, “amministrativo”: le difficoltà dell'amministrazione sorgono quando è alto il dato demografico o quello della superficie. Attualmente la Provincia di Varese è quella maggiormente abitata (circa 900 mila abitanti contro i 600 mila di Como), mentre quella comasca ha già la maggiore superficie (1288 km2 contro i 1199 di Varese). Insomma, lo spostamento del capoluogo (e quindi, degli interessi economici e politici) rappresenterebbe per molte zone del varesotto un ostacolo ad una efficiente amministrazione (ma al dato semplicemente numerico, si tenga inoltre conto della presenza di aree montane che rendono maggiore complessità). Quello tra Como e Varese è insomma un matrimonio che, sic stantibus rebus, non s'ha da fare.Purtroppo, però, sarà figlio (se e quando sarà) dei soliti lavori “all'italiana”, da parte di una classe dirigente che per troppo tempo ha visto nelle istituzioni locali un campo di conquista elettorale più che una necessaria ripartizione amministrativa. Sarebbe bastato fare delle provincie un livello amministrativo (fondamentale, basti pensare agli ambiti dell'ambiente, delle risorse, dello sviluppo economico e del lavoro) e non anche politico, con una moltiplicazione di seggi, uffici e, di riflesso, di spesa pubblica. Sarebbe bastato prescrivere per tempo i requisiti minimi necessari per l'esistenza di una provincia, piuttosto che permetterne la costituzione fino a tempi recentissimi, per arrivare poi al dissesto finanziario pubblico e programmare una rivisitazione rigorosa non attenta alle peculiarità delle singole situazioni. Sarebbe bastata una classe dirigente, ma davvero dirigente e non ciarliera di giorno e conta-cadreghini nei consigli provinciali di notte. Ma forse sarebbe stato chiedere non fare i soliti lavori “all'italiana”.
Stefano Beccardi

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