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Provocazione in forma d’apologo 162

Da Fabry2010

In un’epoca in cui il ciclo della profezia era chiuso da tempo e l’interpretazione sembrava diventata l’unica realtà, come un’edera fattasi più importante della pianta che abbraccia, vivevano un attardato profeta, e un interprete schivo.
I due, malgrado ogni circostanza avversa, erano amici, e in privato si scambiavano sobrie informazioni sui loro simbolici mali: il primo soffriva di atroci dolori di gola e di cali di voce, ossessionato dal continuo imperativo di cacciarla fuori; il secondo di disturbi digestivi generalizzati, per il cronico sforzo di cuocere la pietra a sé e agli altri.
Un giorno i due guarirono di botto: il primo, gridata l’ultima parola, perse definitivamente la voce; il secondo, posata per sempre la penna, si mise a fissare un punto lontano, forse il vuoto. Entrambi non sentivano più alcun dolore.
Quel giorno, dopo tanti tira-e-molla, dopo troppe finte, ebbe irreversibile principio il lunghissimo Giorno del Giudizio



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