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Provocazione in forma d’apologo 165

Creato il 06 luglio 2010 da Fabry2010

Non andrà certo a mani vuote a quell’appuntamento, per il quale si è preparato con cura. Ha pensato proprio a tutto, specialmente ai tempi: non si muoverà troppo presto, per non arrivare in anticipo ed essere costretto a ciondolare qua e là; né troppo tardi, per non dover correre dando nell’occhio. Ha pensato a tutto, ma non a quello che per lui rappresentava l’impensabile.
Mancano pochi minuti e pochi metri alla piazza dell’incontro quando una troupe televisiva gli taglia la strada. Con faccia di gommacemento il giornalista gli mette sotto il naso un microfono e declama: “Come va? Si esprima!”. Lui vorrebbe liberarsi in qualche modo dall’ostacolo imprevisto, ma una forza che viene dal suo interno lo blocca sul posto. Senza rendersene conto si mette a parlare, a raccontare, insomma vuota il sacco. A un certo punto il giornalista vorrebbe forse fermarlo, ma poi lo fa proseguire, fino alla fine. E alla fine – lui è stremato, confuso – gli fanno firmare qualcosa che non capisce bene, di cui afferra soltanto la parola “liberatoria”; quindi se ne vanno, piantandolo lì a riprendere pian piano contatto con la propria realtà. Di nuovo in sé consulta l’orologio: l’ora propizia è trascorsa, irrevocabilmente.
Tornando lentamente a casa fa una deviazione per una zona poco frequentata del lungofiume: lì giunto lancia nelle acque veloci e profonde il vecchio oggetto che ormai non potrebbe svolgere più altra funzione che appesantirgli inutilmente la tasca.
Entrando in casa ritorna ai gesti consueti, ma ne fa uno diverso, che non compiva da anni: accende il televisore. Subito appaiono le immagini e i suoni di una di quelle trasmissioni-frullato, montaggi dementi o furbeschi di mille brandelli di vite senza, o con troppi, nessi apparenti. A un tratto si ferma stupito: sullo schermo c’è la sua faccia, c’è lui che a voce alta pronuncia – è quasi un grido – il nome del suo nemico.
La cosa a tutta prima lo sgomenta, poi se la lascia scivolare di dosso, come gli è sempre riuscito con molti – non con tutti – eventi e pensieri. Va a letto e si addormenta all’ora solita, e al mattino seguente all’intera faccenda non ci pensa più.
Ma come mette il naso fuori di casa ci deve pensare per forza, e rendersi conto che la sua faccia pronunciante a voce alta, quasi gridante quel nome, per una banale omonimia è diventata la maggiore icona mediatica del presente e dell’immediato futuro.
Camminare verso l’ufficio è difficile, ad ogni passo qualcuno gli stringe la mano o lo insulta, e a un certo punto un gruppo di individui dalle facce di gommacemento lo ferma e lo trascina in un bar, dove in una saletta appartata gli vengono messi davanti cappuccio, cornetto e contratto. “Legga” gli ingiungono. Lui esegue, ma finge. Vagamente chiede assicurazioni e pone condizioni, che vagamente vengono concesse e accolte, così che senza cerimonie e in fretta firma, come richiesto, il documento.
È nata una stella cadente.



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