E va bene, ci sono cascato anche stavolta. Lo so che avrei dovuto tacere a costo di staccarmi la lingua a morsi, ma come al solito la foga del dire è stata più forte di me; e del resto la mia dolce 3/4 (7/8, 10/11…) avrebbe letto ciò che avevo in animo sul mio viso troppo eloquente, e che per lei ha meno segreti che per chiunque altro. Così ora lei, signora delle mansuetudini, forte del buon diritto suo e dell’Umanità cui quelli come me attentano, m’incombe di fronte con occhi che lanciano lampi e un sorriso di sprezzo, e incalza sibilandomi: “Tu che sussulti, tu che tremi ad ogni nonnulla… tu sei un guerrafondaio, un violento… con uno come te che ci sto a fare…”.
Non posso non rispondere, quando sente di avermi in pugno non mi permette il magnanimo silenzio che spesso concede a sé. E quindi rispondo, con stanchezza e una leggera nausea, a voce bassa, più che altro parlando a me stesso: “Non c’è compiacimento nella mia visione, ma solo onestà nel riferirla, e disperazione di poter mai cambiare le cose. Quando il leopardo dovesse giacere col capretto saremmo già in un altro mondo, magari con le stesse coordinate celesti di questo, ma pure già un altro mondo; e al passaggio da questo a quello noi uomini possiamo dare un contributo ma non siamo decisivi, quello è il ruolo che spetta a un dio che per ora si fa attendere, troppo occupato non si sa bene se a soffrire con noi o a trattenere la sua collera per non distruggerci tutti insieme, i buoni coi malvagi. Quanto alla guerra, ne esistono di tante specie, molte delle quali non fanno buttare sangue direttamente: e sono le più insidiose, perché in nome di una pace apparente creano l’abitudine all’ingiustizia; un’abitudine che può diventare complicità. Parlo delle guerre mediatiche, diplomatiche, commerciali, finanziarie; e parlo anche delle guerre psicologiche che avvengono per le strade, nei luoghi di studio e di lavoro, all’interno delle famiglie: come quella che si sta svolgendo fra noi due, fra me che credo di amarti accettandoti come sei, e te che dici di amarmi volendomi a ogni costo diverso. Il punto è questo: se tu riuscissi nel tuo intento, io sarei veramente migliore? Allora insisti pure, non posso amare il me stesso di ora oltre ogni buona ragione. Attenzione, però, col nostro filo: nel filarlo, nello svolgerlo, nel reciderlo”.