Pubblicato da robertorossitesta su dicembre 27, 2011
Mio padre amava la geografia, sicché, stupidamente, io la odiavo.
Sull’argomento c’era una cosa soltanto a metterci d’accordo: l’enciclopedia geografica della De Agostini intitolata “Il Milione”.
Mio padre, profondo nel suo essere pratico, passava le ore a controllare chi confinava con chi, quali stati e in quale sequenza fossero bagnati da un medesimo fiume; mentre io, in attesa di perdermi nelle mie nebbie, andavo appresso a quelle altrui, e m’incantavo sulle saghe e sulle leggende, sui costumi e sugli usi.
Il ricordo più vivo però non è incantato, né riguarda un uso incantevole.
Riguarda bensì l’antica tecnica di caccia all’elefante da parte dei pigmei. Costoro ben conoscevano le strade percorse dalla loro preda, e in certi punti opportuni scavavano delle buche nelle quali si nascondevano, dopo averle ben coperte di rami e di foglie. Quando l’elefante gli giungeva accanto, balzavano fuori e con lame rozze ma affilatissime lo sgarrettavano, in modo tale da immobilizzarlo e infine abbatterlo. Quindi, sdegnando l’avorio, banchettavano con bistecche di proboscide, banchetti durante i quali si battevano il cinque l’un l’altro, gridando: “Ben scavato, vecchia talpa!”.
Del tempo di quelle letture questo è il ricordo più vivo; nondimeno, essendo io – insieme a tanti altri – ormai piuttosto malvivo, di certo su qualche particolare mi confondo.