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Provocazione in forma d’apologo 220

Creato il 15 maggio 2012 da Fabry2010

Pubblicato da robertorossitesta su maggio 15, 2012

Da bambino ebbe un amore a prima vista e a primo udito per i botti, tutti, fossero di capodanno, di carnevale o del santo patrono. Durante la fanciullezza e l’adolescenza lesse e sperimentò in materia tutto il leggibile e lo sperimentabile, dimostrando oltre alla passione anche un vero talento.
Nell’età delle scelte di vita, avendo caldi sia il cuore che la testa, ed essendo quei tempi quello che erano, si trovò nell’occasione di mettere a frutto la sapienza e l’esperienza accumulate in un gesto che non avrebbe fatto solo rumore. Ma il giorno prima del grande giorno il progetto abortì, senza per fortuna lasciare di sé la minima traccia. Lui e i compagni dell’ impresa non si videro mai più, e lui entrò in una crisi morale dalla quale uscì abbracciando la missione di artificiere. Girò il mondo disinnescando bombe inesplose, ma pure aprendo varchi, spegnendo pozzi di petrolio incendiati, e col suo lavoro salvò vite su vite. Dopo quarant’anni di successi e di soddisfazioni senza un solo incidente stava per andare in congedo col massimo del grado e della pensione, quando gli avvennero fatti strani e preoccupanti. Parlava o tossiva un po’ più forte, e dopo aver avvertito come un’esplosione interna sputava una goccia di sangue; dava una manata sul tavolo per sottolineare un concetto e subito sulla palma gli si formava un ematoma; lo stesso gli avveniva sulla pianta del piede su cui aveva sceso un gradino con un po’ più di energia.
Nessuno dei medici consultati negò la stranezza e la potenziale gravità di quelle manifestazioni; ma nessuno di loro, neppure alla lontana, s’azzardò a spiegarle. Finalmente gli indicarono un medico, o meglio un ex medico, radiato per certi suoi studi e pratiche dalla comunità scientifica considerati eretici; e come extrema ratio gli chiese un appuntamento (che ottenne immediatamente perché costui in realtà avere clienti non poteva) e vi si recò.
Il medico, o come altrimenti chiamarlo, gli chiese che cosa lo avesse condotto da lui, ed egli descrisse i suoi sintomi; quello allora prese delle sottilissime siringhe e gli fece numerosi prelievi nei punti del corpo dove s’eran formati gli ematomi, quindi studiò quei reperti con un apparecchio dall’aspetto insieme fantascientifico e arcaico.
Alla fine dello studio gli chiese: “Ma lei che mestieri ha fatto?”
“L’artificiere, per tutta la vita.”
“Volevo ben dire. Il suo corpo è saturo di microcariche di esplosivi diversi tutti pronti a scoppiare.”
“Ma come può essere? Ho sempre usato maschera e guanti, a volte scafandri integrali!”
“Mi creda: non esiste barriera insuperabile quando chi o cosa la voglia valicare senta dall’altra parte un tacito assenso se non addirittura un espresso richiamo.”
“E che posso fare ora?”
“Stia attento a come si muove, a come parla, a come respira. E, quando sente il bisogno di lasciarsi un po’ andare, vada a farlo in un luogo isolato.”
L’uomo ringraziò, pagò il modestissimo onorario e uscì. Infine rassegnato: il dio al quale aveva creduto di poter voltare le spalle gli presentava il conto, e a lui non rimaneva che pagarlo.


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