Da mesi e mesi ho in testa un romanzo che, però, non riesco ad iniziare a scrivere sul serio. Continuo a raccogliere appunti, frammenti, pezzi di frasi, ma poi niente, non mi convinco a fare ciò che sempre si deve fare quando ci si concentra su un progetto serio, vale a dire dargli la priorità e dedicargli tutte le attenzioni, il tempo e le energie che merita.
No.. non centra proprio un bel niente il caro vecchio blocco dello scrittore; al contrario, è un fiume di idee, trame, intrecci, personaggi e di parole prontissimo a sgorgare. E allora? Cos’è che mi impedisce di lasciarmi andare all’istinto creativo e di incamminarmi dentro le mie storie per vedere dove esse mi condurranno?
Frequentando ormai da quasi due decenni il sottobosco editoriale, il mio portfolio è pieno di contatti di scrittori, editors, editori, redattori, promotori e affini. Così ho la casella perennemente intasata di messaggi di gente che mi propone il suo ultimo meraviglioso romanzo appena uscito, la sua straordinaria traduzione di uno sconosciuto e per niente interessante saggio, il nuovo titolo della collana di scrittori emergenti da lui/lei curata.
Insomma… oramai un libro pubblicato lo hanno tutti, una buona recensione su qualche sito non si nega a nessuno (scorrete i commenti su ilmiolibro.it: pare siano tutti nuovi Miserabili).
La pioggia di messaggi pubblicitari per capolavori assoluti della letteratura che, a detta del loro autore, non devi assolutamente perderti è di gran lunga superiore alle offerte-lancio supermercati e alle tariffe da urlo delle compagnie telefoniche.
Ecco.. io più qualcuno mi raccomanda caldamente la sua opera e più penso che mai e poi mai la leggerò. Magari mi perderò anche degli straordinari capisaldi della narrativa, ma preferisco correre il rischio ed evitarmi l’irritazione cutanea che l’autopromozione in forma di spam sempre mi scatena.
E l’idea di essere magari finito io per primo, senza nemmeno accorgermene, dentro questa fastidiosissima bolgia di narcisi della domenica castra ogni mio spirito creativo.
Non era per questo che, da adolescente, decisi che la scrittura sarebbe stata una delle colonne portanti della mia vita. E, per quanto a volte ci si mettano di mezzo il mio stesso ego e il mio umano bisogno di rimanere al passo con i tempi e di cercare anch’io i miei proverbiali tre minuti di notorietà (sì, lo so, una volta era un quarto d’ora, ma ultimamente tutto è diventato più svelto e volatile); per quanto sia difficile scrollarsi di dosso i vizi che le regole del mondo in cui siamo immersi mischia con la nostra essenza più vera, credo che sia meglio non ricominciare a lavorare a un romanzo finché non avrò capito davvero che, mentre pubblicare libri serve ormai a renderci tutti uguali e invisibili, SCRIVERE deve imprescindibilmente spingerci a inseguire la nostra diversità, a coltivare la nostra meravigliosa solitudine, il nostro essere unici e incomprensibili ai più.