Comunicazione sociale
Campagna sulla violenza contro le donne
La violenza contro le donne è una violenza di genere riconosciuta oggi come una violazione dei diritti umani. Numerose sono le campagne promosse da vari enti, statali e non, per sensibilizzare sia l’opinione pubblica sia le donne verso quello che si presenta come un problema sociale molto grave. Vorrei proporre delle riflessioni su alcune differenti campagne pubblicitarie rivolte a questo scopo ma che utilizzano mezzi espressivi differenti.
Questa immagine di donna crocefissa è riferita alla Campagna Pubblicitaria della Onlus Telefono Donna per la Giornata Mondiale contro la violenza sulle donne che cade il 25 novembre. L’anno di riferimento è il 2008. L’Ass. al decoro urbano di Milano Cadeo (An) censurò l’immagine dagli spazi pubblici e ne impedì l’affissione. Certamente, in un Paese cattolico come il nostro, in cui l’opinione della Chiesa ha un peso rilevante anche nelle scelte politiche, l’immagine ebbe un forte impatto emotivo per il parallelismo tra le sofferenze del Cristo e quelle delle donne. Il sacrificio, nel caso delle donne, è involontario e non giustificabile, poiché imposto con la forza e tra l’indifferenza generale. Io penso che questo sia un messaggio efficace e di forte impatto emotivo, volutamente scioccante e polemico in quanto si avvale di una tematica, quella religiosa, considerata da sempre un tabù.
Il successivo spot può essere considerato un Test sociale sul vicinato che diviene uno spot proprio contro l’indifferenza di cui scrivevo in precedenza. Si tratta di un video ambientato a Johannesburg e girato come una candid camera. (inserire video)
Indaga il comportamento messo in atto da gente comune riguardo la violenza verso le donne quando questa si manifesta all’interno delle mura domestiche. E’ suddiviso in due parti. Nella prima viene inquadrato un grande condominio di notte. Subito dopo la scena è occupata un giovane che suona la batteria nel suo appartamento che si trova nello stesso condominio; sono le tre di notte e il rumore è molto forte. Questa scena è un po’ spiazzante. Viene da chiedersi: cosa c’entra con la violenza? A questo punto, i vicini infastiditi senza troppi complimenti bussano alla porta e lo invitano a smettere di suonare. Nella seconda parte vi è la candid camera: lo stesso ragazzo, con un registratore a tutto volume, simula una lite violenta con la compagna. Le urla sono fortissime e inequivocabili, ma non vi è nessun intervento da parte dei vicini. Trovo che questo spot sia efficace nel mostrare quantomeno l’indifferenza del prossimo verso ciò che accade alle donne all’interno della famiglia; questo comportamento è dettato forse da una sorta di pudore radicato negli individui, frutto di un’educazione perbenista e fallace che porta a pensare che i panni sporchi si debbano lavare a casa. Il messaggio si conclude con dei dati precisi ed un numero telefonico, ben in evidenza nella schermata finale, per chiedere aiuto. Lo spot comunica sicuramente senso di colpa, volendo scuotere dall’indifferenza che porta a non sentire, a non agire. Forse si tratta di un messaggio un po’ troppo “sottile”, volutamente di non forte impatto visivo.
Al contrario, il prossimo è uno spot molto “forte” girato da un’attrice di fama mondiale come Keira Knigtley. Ha per titolo “Cut Movie” ed è stato realizzato per l’organizzazione “Women Aid” che si occupa di aiuto alle donne vittime di violenza domestica. La protagonista del video è una bella e giovane donna che fa la modella ed è inquadrata nel suo ambiente di lavoro, dove è tenuta in gran considerazione. Una donna che mai immagineremmo come una vittima.
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Torna a casa a notte fonda e si strucca in macchina mentre guida, forse per far dimenticare a lui e a se stessa che è bella; quando scende dall’auto ha inizio il suo e il nostro disagio. La seguiamo mentre solleva lo sguardo e, insieme a lei, anche noi vediamo la sagoma di un lui dietro la finestra, tre piani sopra, che la fissa, immobile. Non un cenno di saluto, e già questa è una minaccia. In ascensore lei ci comunica la sua ansia. Entra a casa. Lo chiama, va avanti nell’ingresso e vede uno specchio infranto e sangue sul pavimento. A questo punto chi guarda sa già come va a finire. Si prova paura e ci si immedesima perfettamente; questo, in effetti, è lo scopo del filmato, comunicare tensione, paura, partecipazione. La picchia a sangue e noi soffriamo con lei. Un video di forte impatto emotivo grazie alle immagine crude e realistiche di cui si serve. Si sceglie la notte, la tenebra che imprigiona. Lei subisce, si rannicchia e aspetta che passi. Anche in questo spot alla fine sono presentate delle statistiche sulla mortalità delle donne a causa delle violenze domestiche. In questo caso, contrariamente alle scelte dello spot precedente, si sceglie di scioccare, di scuotere le coscienze.
LO spot successivo è di Pubblicità Progresso, per l’onlus Ad Maiore, e si occupa di un altro tipo di violenza, non quantificabile e non visibile perché non presenta lividi sul corpo, ma sull’anima. Si tratta della violenza psicologica che è subdola e difficilmente dimostrabile ma, soprattutto, è molto più difficile prenderne coscienza da parte delle vittime.
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Il video mostra una donna vinta, che non ha alcuna stima di se stessa, che parla di se negandosi ogni qualità, perché convinta in questo atteggiamento da continue sopraffazioni e denigrazioni da parte del marito. La sua voce, mentre parla presentando se stessa, cambia, si fa cavernosa, incute quasi paura, e sconcerta; ma poi, ascoltando meglio, ci si accorge che in realtà, è la voce del marito che parla, che si sovrappone a quella di lei, per dimostrare fino a che punto lei sia plagiata e non riesca a pensare autonomamente. Il monologo ha come ambientazione la cucina: la donna è bella ma sciatta, incurante del suo aspetto; prepara la cena, fedele al suo ruolo di serva non –pensante e consenziente. Il video è breve ed incisivo ma manca, anche se ciò può sembrare una contraddizione, di tensione, di spinta all’azione, non dà indicazioni di comportamento. Manca la speranza.
Lo spot successivo è lanciato da CSVEtneo (centro servizi volontari) diretto ed interpretato gratuitamente da Beppe Fiorello e girato a Scicli.
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Si apre con un paesaggio marino; le onde del mare che si rincorrono, bianche, spumose…. cosa vogliono trasmettere? Forse un messaggio di pace, di tranquillità? O forse di ineluttabilità, di silenzio di paura? Anche il paesaggio urbano, il bellissimo paese di Scicli, è deserto e biancheggia luminoso. In queste strade nude e libere, un solo uomo incontra una sola donna, s’incrociano su un ponte; lei ha la mano sulla bocca ad evidenziare il silenzio, la vergogna; i due vanno in opposte direzioni ma lui si volta, la segue, vuole capire. Cammina dietro di lei ed intanto, una voce fuori campo spiega, offre dei dati concreti, il tutto con una voce pacata e rassicurante. E tu spettatore ascolti, e partecipi, e pensi che possa essere facile. Le strade del paese, ad un certo punto, si riempiono di donne, tante donne, che seguono la prima in una lunghissima processione, tutte con la mano davanti alla bocca, tutte vinte, prigioniere. Lui, uomo, è lì, con loro, le guarda passare e le segue, vuole essere coinvolto. Alla fine, l’uomo sale le lunghe scale buie di un grande palazzo, cerca le donne e le trova raggruppate tutte in una stanza, impaurite, con le mani che nascondono la verità. Lui sorride e toglie a tutte la mano dalla bocca, le libera dal silenzio. Il messaggio traspare forte e chiaro, c’è l’indicazione a fare, c’è la speranza. E’ uno spot fortemente metaforico, ricco di dati e statistiche agghiaccianti che spingono ad una profonda riflessione. Sono presenti altresì dei forti rimandi allo schema della favola classica, l’uomo illuminato, quello che ha la “pìetas”, il cavaliere senza macchia e senza paura, che, lancia in resta, va a salvare la donzella. Solo un uomo ci può salvare? E’ questa la giusta interpretazione? Oppure si può voler leggere il messaggio come un insegnamento rivolto agli uomini, una dimostrazione di come si deve essere; ed anche un segnale per le donne, a fidarsi, a chiedere, che gli uomini sono anche gentili, e comprensivi. Le interpretazioni possono essere molteplici.
L’ultimo spot preso in considerazione è quello della campagna di raccolta fondi di Doppia Difesa, un’associazione creata da Giulia Bongiorno e Michelle Hunziker per la difesa delle donne vittime di violenza.
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Gli spot sono due, uno si apre con la Tatangelo e l’altro con Nek (e poteva mancare!). Molti vip dello spettacolo e grandi dello sport come Totti e la Pellegrini, si alternano a parlare, tutti in primo piano e con la maglietta dell’associazione, fornendo statistiche e suggerendo comportamenti. E’ chiaro che questo è un messaggio che sfrutta molto la notorietà e la credibilità di personaggi molto amati dal pubblico e che quindi devono essere presi sul serio, ascoltati. E’ uno spot che non convince; forse interviene anche una sorta di prevenzione anche se, comunque, oggettivamente, la richiesta di soldi infastidisce molto, svilisce tutto lo spot e lo banalizza, togliendo spontaneità e veridicità all’offerta di aiuto che sembra ridotta ad un mero scambio commerciale.