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Pubblico e “privato”

Creato il 19 dicembre 2010 da Fabry2010

di Lietta Manganelli


Mi accingevo a stendere un bilancio sul coinvolgimento pubblico alle “scommemorazioni” per i venti anni dalla morte di mio padre, Giorgio Manganelli, quando sono rimasta idealmente con la penna a mezz’aria.

Certo le amministrazioni pubbliche hanno fatto qualcosa, non lo nego: il Cantiere Manganelli 2 a Roma, che anche se ridimensionato più volte in corso d’opera per mancanza di fondi, alla fine è risultato coinvolgente e interessante. La Scommemorazione presso l’Università di Pavia, a cura del Centro Manoscritti, con il suo apporto di studiosi manganelliani “storici” e non, ha presentato un panorama che più completo non si poteva, e ha registrato un “tutto esaurito” di pubblico.

Certo si poteva (e si potrebbe) fare ancora molto, se è vero, come si dice, che Manganelli è uno dei maggiori scrittori del Novecento… Ma a questo punto mi sorge spontanea una domanda: perché mai il “pubblico” dovrebbe impegnarsi economicamente per sostenere una iniziativa che al “privato” non interessa assolutamente?

Mi spiego meglio.

È girato in rete un mio appello per far sì che il nascente (o meglio, il non nato) Centro Studi Manganelli potesse continuare la sua attività di studio e di ricerca a favore di studiosi e studenti, persone che in questi anni hanno usufruito delle attività del Centro stesso. Si chiedeva un minimo impegno personale economico, in modo che l’attività non pesasse tutta sulle spalle di una persona sola, che se prima, sia pure con fatica, poteva far fronte, ora non è più in grado di farlo.

La risposta? Sei persone. Sì, avete letto bene: sei.

A questo punto mi chiedo: per quale motivo il pubblico dovrebbe investire su iniziative che interessano a un così esiguo numero di persone? Che senso avrebbe? Potrebbe venir accusato, e nemmeno a torto, di sperperare il denaro pubblico!

Certo da un lato non mi meraviglia: è un costume italiano pensare che lo Stato debba fare e provvedere anche a quello che nessuno chiede, ma forse in questo caso un po’ di movimento dal basso, da quella che politicamente si chiama la “base”, avrebbe potuto convincere il “pubblico” che forse non sarebbero stati soldi sprecati. Bene, questo movimento non c’è stato.

Una piccola e semplice considerazione: il sito di mio padre conta di più di 800 visitatori; sarebbe bastato che la metà di questi avesse contribuito con 50 euro ciascuno, per dare ossigeno al Centro e permettere la realizzazione di tutte quelle attività che erano state programmate o forse solamente sognate.

Temo a questo punto di dover, mio malgrado, dare ragione al ministro Tremonti: «Con la cultura non si mangia». E noi aggiungiamo, senza tema di smentita: «Se con la Divina Commedia non si mangia, con Manganelli non si beve nemmeno il caffè».

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Centro Studi Giorgio Manganelli



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