Realizzato su cassetta, proprio come le vecchie demo pre-cdr, The First Four Moons fa le presentazioni di un trio che abbiamo già avuto modo di testare in sede live e che sa come miscelare con gusto psichedelia americana e rock indipendente vecchia scuola, arricchendoli con melodie malinconiche, cavalcate stranianti, vocals mai urlate (ma sentite) e un retrogusto pop che non si fa mai invadente né stempera troppo il pathos delle composizioni. Detta così pare semplice, eppure i Pueblo People sono davvero la classica scoperta che affascina e colpisce al cuore, non hanno paura di mostrare una debolezza tutta umana (che aumenta la loro sintonia con l’ascoltatore) e riescono a riportare entro i giusti binari la parola alternative, perché realmente alternativi a ciò che continuano a spacciare come tale. A tratti, ci si ritrova a fare i conti con la California dei Settanta, in altri momenti prendono il sopravvento gli Screaming Trees dei primi dischi oppure i Violent Femmes, Neil Young e i Dinosaur Jr., nomi che spaventerebbero molti ma sono vissuti con naturalezza dagli autori di The First Four Moons, quasi si trattasse della scelta più semplice, perché in fondo si tratta solo di suonare ciò che viene naturale e si ha nel proprio dna. Ecco, quindi, farsi avanti la sensazione di ascolto informale, di riunione di famiglia, con i racconti condivisi e i ricordi che scaldano meglio di coperte, senza la paura di lasciarsi andare o di colorare con troppa enfasi questo o quel particolare, ma anche senza il bisogno di dire proprio tutto perché in certe occasioni basta un cenno del capo per farsi capire. L’idea è quella di un gruppo che può piacere a chiunque abbia attraversato anche di sfuggita simili suoni, per cibarsi magari oggi di cose più estreme o sperimentali, perché qui si riporta tutto a casa e lo si fa nel migliore dei modi. Una volta si sarebbe parlato di effetto ipnagogico, ma certi termini in genere preferiamo non scomodarli.
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