Il presidente del Consiglio della Regione Puglia, Onofrio Introna (Sinistra ecologia e libertà), ha annunciato l’acquisto di icone di San Pio e San Nicola, nonché di crocifissi, da esporre negli uffici pubblici della stessa regione che ne facessero richiesta.
Il presidente -si legge su AgoraVox- lo ha dichiarato rispondendo alla richiesta del consigliere regionale Pdl Massimo Cassano, firmatario di una mozione per imporre l’esposizione dei crocifissi negli uffici regionali. Cassano aveva presentato la sua mozione il 10 febbraio, chiedendo in particolare di esporre il crocifisso nell’Aula Consiliare e nella Sala Giunta. Secondo il consigliere, il crocifisso rappresenta “importanti valori religiosi” e può essere simbolo anche per i non credenti perché “contiene in sé anche altri valori come l’identità storica e culturale, il concetto di fratellanza, di pace e di giustizia”.
Subito dopo la sentenza della Corte Europea del 3 novembre 2009, in cui si vietava l’esposizione dei crocifissi nelle aule scolastiche, si è potuto osservare un interessante fenomeno di riappropriazione dei simboli e dei valori delle nostre radici cattoliche. Grazie alla campagna “scrocifiggiamo l’Italia” promossa dai razionalisti dell’UAAR, la presenza dei crocifissi in Italia è triplicata. Negli uffici comunali, nei giardini delle città, per non parlare delle aule scolastiche. L’UCCR ha fatto una piccola indagine sul web e i risultati sono stati raccolti nell’articolo: “Grazie all’UAAR, migliaia di crocifissi in più nelle scuole e nei comuni italiani“.
Cogliamo l’occasione per pubblicare una delle tantissime email che ci sono arrivate in cui viene raccontata una di queste vicessitudini capitate nelle scuole della nostra Italia.
«Sono un giovane di Napoli, ho 25 anni e mi sto incamminando verso il sacerdozio. Quest’anno ho ripreso gli studi interrotti un po’ di tempo fa per dedicarmi al lavoro e frequento l’istituto Verga della mia città. Le classi sono piuttosto piccole: 7/8 ragazzi/e ma c’è un buon clima, i professori preparati e aperti, una Preside molto efficiente che fa girare le cose bene (e questo non è poco!). Vi scrivo per raccontarvi un piccolo-grande fatto successo in classe questa settimana che a mio giudizio segnala un fuoco sotto la cenere circa i giovani e la religione e il modo con cui si pilota l’opinione comune che poi non è molto comune ma imposta: forse possiamo ancora recuperare qualcosa se vogliano e se i cattolici la smettono col complesso di inferiorità. Il crocifisso non era in classe. Motivazione: hanno dato il bianco e non l’hanno più rimesso, anzi è proprio sparito (forse è rimasto nascosto sotto la tinta…) nessuno ci ha dato peso. Io si. Ho serenamente fatto notare la mancanza, si è acceso un piccolo dibattito qualcuno ha fatto notare che lo stato è laico, che la fede sta nel cuore, etc. solite storie insipide. La motivazione più bella per giustificare questa dimissione della croce è stata. “Ma siamo in un paese democratico bisogna rispettare tutte le coscienze”. Confesso che ho un po’ gioito di fronte a questa goffa mossa che lasciava il fianco scoperto, e ho tirato la stoccata: ho detto, “Giusto! E…qual’è il metodo per cui in democrazia si approva una decisione?”. Mi hanno risposto: “La maggioranza!”. Ho ribattuto: “Bene, in Italia la maggioranza non è forse cattolica? Voi non siete cattolici? La vostra coscienza non accetta i principi cristiani rappresentati dalla croce?”. La risposta è stata corale: “Si siamo cristiani e cattolici”. Successivamente è iniziato un confronto con una professoressa che giustamente sosteneva il contraddittorio e abbiamo portato l’esempio di altri paesi e religioni: se noi andiamo dove la maggioranza non è cristiana dobbiamo adeguarci alla loro cultura, ma questo non offende la nostra coscienza anzi ci aiuta ad avere maggior rispetto per i valori nei quali crediamo. A questo punto gli studenti erano piuttosto infervorati: “Si siamo cattolici e siamo orgogliosi di quello in cui crediamo. Vogliamo il crocifisso in classe e senza storie come fanno gli altri paesi”, dicevano. Ammetto che un po’ avevo timore di polemiche e antipatie o di essere etichettato, poi però ho pensato: intanto è una giusta causa e poi desidero riconoscere il Signore di fronte agli uomini. Se la veda un po’ Lui, io il “sasso” l’ho tirato. Succede così che la professoressa anticrocifisso decide di andare dalla Preside per esporre la questione. La Preside arriva in classe (incute sempre un sacro timore) ci guarda e dice: “Volete il crocifisso? Bene son d’accordo, c’era prima di voi, starà con voi. Dove lo volete mettere?” Tutti “Bene in vista sulla parete accanto alla lavagna”. La Preside: “Domani chiederò anche alle altre classi. In fin dei conti siamo ancora cristiani e in un paese democratico”. Il giorno dopo arrivo la mattina in classe alle 8.15 e il crocifisso era li. Mi è sembrato solenne, nulla da invidiare a quello sull’altare nella cattedrale di Napoli». Francesco S.