Magazine Pari Opportunità
Partirei però sfogandomi finalmente contro l’ampia categoria delle madri italiane, le peggiori nemiche della parità tra i sessi, se le giudico attraverso le mie esperienze con un loro sconfortante prodotto: i figli maschi. Sono stata a pranzo e a cena in abbastanza famiglie, ho coabitato o ospitato abbastanza coetanei, sentito abbastanza storie, conosciuto abbastanza uomini con sorelle o donne con fratelli per rendermi conto che, salvo alcune lodevoli eccezioni, anche nelle nuove generazioni il peso dei lavori domestici ricade sproporzionatamente sulle spalle femminili, senza che nessuno ci veda niente di strano.
Negli anni ho visto quasi solo famiglie in cui erano madri, mogli e nuore ad alzarsi per servire il cibo e sparecchiare, mentre gli uomini stavano seduti ad aspettare, e in cui le donne pulivano, cucinavano e stiravano tutti i giorni mentre gli uomini se la cavavano facendo qualche saltuario lavoretto – salvo le eccezioni ancora peggiori, in cui le donne cercavano e pagavano altre donne perché pulissero loro per tutta la famiglia; ho addirittura sentito di ragazzi che convincevano le loro amiche a pulire le loro case di studenti – e ovviamente mai viceversa.
La maggior parte dei ventenni maschi che conosco, fino a poco tempo fa o tutt’ora:
non sanno cambiare le lenzuola
non sanno usare una lavatrice
non sanno cucinare più di una pastasciutta
non puliscono le stanze della casa
Ci sono anche ragazze così, ma sono molto più rare. Sto dicendo cose banali, lo so, ma fondamentali.
Dò la colpa alle madri italiane perché danno il cattivo esempio in casa, innanzitutto. In quasi tutte le famiglie che conosco, la donna ha o la responsabilità di cucina e pulizia, o il compito di trovare qualcuno che se ne occupi. Le madri trattano anche diversamente, da questo punto di vista, i figli e le figlie, e ai primi abbuonano compiti che sono invece richiesti alle seconde. Basandomi sul campione che ho visitato, tra l’altro, le case abitate da ragazze sono sistematicamente più pulite di quelle abitate da ragazzi – e non si tratta di una differenza solo formale, né di un caso.
Le madri italiane, giustamente, vogliono lavorare anche fuori, la fregatura poi però è che lavorano sia fuori che dentro casa. A me può anche andare bene una divisione di ruoli, ma deve essere equa, e ‘tu aggiusti un rubinetto se si rompe, io lavo, cucino, apparecchio, sparecchio, stiro e riordino tutti i giorni’ non è un patto onesto. Ci sono lavori quotidiani e altri eccezionali.
Soprattutto, le madri italiane stanno ancora crescendo masse di uomini abituati a non muovere un dito se non costretti. Io riponevo molte speranze nelle nuove generazioni, finchè non ho visto che stanno crescendo quasi con le stesse aspettative delle vecchie, solo saltuariamente mitigate.
Io spero che voi non siate d’accordo con quanto dico, perché significa che la mia analisi è errata. Si basa solo sull’esperienza, ma su un’esperienza piuttosto estensiva, e a farmi venire voglia di parlarne non è solo il mio femminismo, ma anche il dolore di vedere donne completamente sfruttate tra le mura domestiche, e quindi stanche, nervose e frustrate.
Passo al secondo punto.
Ultimamente, ho parlato con alcune persone della mia idea che sia sbagliato pagare qualcuno per fare le pulizie nelle nostre case. Quasi nessuno è d’accordo.
La prima obiezione che mi viene mossa è che si crea un posto di lavoro. Ma anche fabbricare mine antiuomo, spacciare droga o vendere prodotti che non servono a nessuno, sono lavori. Come ho già detto, il lavoro salariato non dev’essere un assoluto. Inoltre, anche facendo le pulizie da soli creiamo lavoro, e probabilmente migliore. Semplicemente, per avere il tempo di pulire a casa lavoriamo qualche ora in meno in ufficio, o ovunque siamo, e creiamo l’esigenza di assumere un’altra persona, part-time, lì. Inoltre noi acquisiamo competenze utili nel campo dell’igiene, e le persone liberate da quest’incombenza e assunte con noi acquisicono competenze ulteriori nella medicina, nella finanza o nell’agricoltura.
Pensiamoci, poi: che lavoro è fare le pulizie? Non è un granché. Addirittura qualcuno mi ha detto: io farei la donna delle pulizie! In realtà si trattava di persone che non faranno MAI, per lavoro, le pulizie. Le loro famiglie non lo sopporterebbero. Loro stesse dopo un po’ non ne potrebbero più. Non mi soffermerò sull’ovvietà che si tratta di un lavoro utile e dignitoso, a differenza di altri molto meglio pagati; piuttosto, dirò che è un lavoro pesante e logorante, a contatto non solo con la cragna, ma anche con prodotti chimici aggressivi e polvere, con la schiena piegata e tanta acqua che rovina le mani, o il lattice dei guanti che può creare allergie.
Soprattutto però, io sono profondamente convinta che sia giusto ed educativo che se uno è fisicamente in grado di pulire dove sporca, deve farlo – a casa, a scuola, sul lavoro.
Innanzitutto, a nessuno piace la sporcizia, soprattutto se è di estranei. E poi, se dovessimo pulire dove sporchiamo, io sono sicura che staremmo molto più attenti. Come l’igiene personale e il cibo sano, la pulizia degli ambienti è una questione di benessere e piacere sensoriale, ma anche di salute. Non occuparcene significa non comprendere un pezzo del mondo fisico in cui viviamo, troppo spesso trascurato, con le sue fatiche e le sue soddisfazioni, con i suoi segreti. Ho già scritto altre volte di come la mia generazione aspiri ancora a fare l’università e a trovarsi un lavoro creativo o intellettuale, immateriale, disinteressandosi completamente di chi coltiverà il suo cibo, costruirà i suoi oggetti e le sue case, terrà pulito il suo mondo. Smetterla di delegare queste cose ci aiuterà a capire non solo su cosa si basa la nostra stessa esistenza su questo pianeta, e a rispettare chi se ne occupa, ma anche a conoscere i meccanismi nascosti dello sfruttamento globale e locale, del classismo invisibile e dello snobismo che nessuno vuole ammettere – stiamo parlando, in fondo, del cliché dei lavori che “gli italiani non vogliono più fare”.
Tanti dicono: non ho tempo di pulire. Appunto. Ecco l’ennesima buona ragione per lavorare meno ore e dedicare le altre al resto.
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