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Punti di vista [gianbarly]

Da Gianbarly

Punti di vista [gianbarly]Ancora una volta mi lascio dondolare dal ritmo costantedel respiro. Ogni movimento della cassa toracica mi fa distendere fin quasi allimite massimo delle mie capacità per farmi poi ritornare lentamente alla miaforma originaria. E’ come una ginnastica dolce, distensiva, un massaggiodelicato che tonifica il corpo. Un movimento in perfetta sincronia con le altrecellule dell’alveolo. Tutte insieme ci distendiamo all’arrivo dell’aria fresca,ne assorbiamo quanta più ci riesce e poi via, a risputare fuori altra aria,carica di anidride. Una danza cui tutti partecipano con gioia.
Eh no, che palle! Io non sono certo contenta! Hannovoglia di dirmelo, le altre. Di indorarmi la pillola, di blaterare che questo èil nostro destino, che siamo nate epitelio polmonare e che questo è ciò che cispetta. Che siamo fortunate a non essere nell’intestino o in altri postischifosi come la cistifellea o la vescica. No, non ci sto! Potendo scegliere,avrei preferito essere una fibra cardiaca o addirittura un neurone. Qualcosache conta, insomma. Non una nullità assoluta, dentro uno stupidissimo alveolopolmonare. Potessi almeno parlare un po’, avere una conversazione decente, macon chi? Queste qui a fianco meglio lasciarle perdere, hanno una visione chenon va oltre il loro citoplasma. Ho provato a buttare una voce un po’ più inlà, tanto per vedere se qualcuno mi rispondeva, ma mi hanno detto di star zittoe di fare il mio lavoro senza disturbare troppo.
Per ammazzare il tempo ho cominciato a raccattaretutto quello che l’aria porta fino a qui. Poca roba, in verità. Giusto qualchepelucco, piccoli grumi di strane sostanze. Però, appena qualcosa mi capita atiro, non me lo faccio sfuggire. Mentre prima lo respingevo, come fanno lealtre, ora svelta lo acchiappo e lo inglobo rapidamente. Non ho idea di cosa nefarò di questa roba ma almeno ho qualcosa di interessante da analizzare. Lometto da parte ed inizio a studiarlo.
Ora poi che il tizio ha cominciato a fumare, è quasiuna festa: arriva roba in quantità. La mia raccolta si arricchisce ogni giornodi più e io ho un gran daffare. Da una parte sto attenta a non lasciarmisfuggire nulla di interessante, dall’altra sto cominciando a fare esperimenticon quello che ho accumulato. Analizzando bene, ci sono un sacco di cose notevoli,sostanze che mi permettono di cimentarmi in piccoli lavori di chimica. Hoscoperto che certe goccioline gialle contengono una sostanza che scioglie igrassi. Poi, mescolando adeguatamente diversi componenti, ho cominciato amodificare alcune proteine, ma la cosa non mi riesce tanto bene. A volte ciriesco e a volte no, non riesco a capire dove sbaglio. Più eccitanti itentativi con i cromosomi, invece. Riesco ormai a spezzettarli e a rimetterliinsieme con grande rapidità. Ed ogni giorno arrivano nuovi materiali, con cui possoaffinare le mie tecniche.
Ormai padroneggio gran parte delle mierealizzazioni. Non mi annoio più. Sono proiettata verso nuove frontiere. E’ daun po’ che sto lavorando ad un progetto ambizioso. Del resto senza un po’ diambizione non si va da nessuna parte. Come succede alle mie vicine, che nemmenosi accorgono di quello che sto facendo. Continuano a fare il loro lavoro daschiave senza porsi alcuna domanda. Ben gli sta. Chissà che faccia faranno,quando vedranno realizzato il mio progetto! Io l’ambizione ce l’ho e, grazie adio, anche una buona dose di intelligenza. E la fantasia necessaria adimmaginare un futuro diverso, più eccitante. Qualcosa per cui valga la penavivere, perbacco!
Ce l’ho fatta! Ce l’ho fatta, ce l’ho fatta. Me loripeto di continuo perché neanch’io ci posso credere. Eppure è vero, la vedocon i miei occhi, posso toccarla, non è un’illusione. Ho creato un’altracellula. Un mio doppio. Una esattamente come me, che fa quello che voglio io.Era da un po’ di tempo che me lo sentivo. A forza di riarrangiare il dna, ditagliare, spostare e riattaccare pezzi, sentivo che la mia forza cresceva, chediventavo diversa e migliore delle altre. Alla fine non è stato difficile. E’bastato cambiare un’ultima sequenza di geni e il gioco era fatto. In pochiistanti ho prodotto un’altra cellula. Ora siamo in due a raccogliere quello chearriva nei polmoni. Questo successo mi apre prospettive incredibili. Conl’aiuto di una cellula gemella posso fare molte più cose. Diciamocelofrancamente, il progresso arriva grazie a gente come me, che si mette in gioco,che rischia e fatica ma, alla fine, riesce a cambiare il corso della storia.
Ovviamente il mio successo comincia a dare fastidio.Non mi basta il dover correre tutto il giorno per organizzare ogni cosa neiminimi dettagli. Ho veramente un sacco da fare perché gli affari stannocominciando ad andare nella giusta direzione. Ma quanto lavoro! Da quando hoimparato a creare nuove cellule devo star loro sul collo perché raccolganotutte le sostanze che ci capitano a tiro. Mi servono per i miei esperimenti.Poi bisogna trovare il materiale per loro, per fare nuove cellule, mica sipossono creare dal nulla. Una fatica; ma ora siamo un buon numero. E così sonoarrivate le invidiose. Quelle che non hanno fatto nulla, dico proprio nulla,per cambiare la loro sorte. Capaci solo di protestare perché gli diamofastidio, secondo loro. Certo, abbiamo bisogno di spazio, non lo nego, ma inverità cerchiamo di espanderci verso il lume dell’alveolo, evitando di starglitroppo addosso. Nonostante tutti questi riguardi, che non meritano di certo,vengono a dirmi che non si può andare avanti così, che la nostra presenza leirrita, che chissà dove andremo a finire, di questo passo.
Io però non mi arrendo, non gliela do a vinta. Anzi,ogni ostacolo è uno stimolo per me, ogni critica un modo per capire nuove cose.Mi hanno urlato in faccia, senza alcun riguardo per uno che lavora come unnegro, che tolgo loro il cibo, che non ce n’è a sufficienza per tutti. Bene,questo mi ha fatto venire un’idea. Se c’è poco cibo, facciamone arrivare dipiù. Ho fatto due conti ed ho visto che non è difficile. Con le mie gemelleabbiamo cominciato a costruire nuove piccole arterie, in modo da far affluirepiù sangue là dove ce n’è bisogno. Ovviamente mi son guardata bene da daresoddisfazione a quelle quattro comari. Le nuove arterie sono destinate solo anoi che abbiamo bisogno di crescere ed in fretta. La cosa funziona ameraviglia; più sangue significa più cibo, così ho potuto raddoppiare lavelocità con cui ci moltiplichiamo. Ormai l’alveolo è interamente nelle nostremani e già penso di espandermi in quelli vicini.
Non ci voleva, non ci voleva proprio. Stamattinapresto è arrivata la polizia. Io lo so che non è venuta per caso, certe cosenon piovono dal cielo. So chi li ha mandati. Ma me la pagheranno, lo giuro! Ilfatto è che si sono presentati tre o quattro macrofagi, inappuntabili nelleloro divise ed hanno cominciato a spiegarmi che questo stato di cose non potevapiù essere tollerato, che la mia attività crea disordine. Mi hanno messo sottoil naso l’ordine firmato direttamente dal Sistema Immunitario. Hanno minacciatodi arrestarmi, se opponevo resistenza. Poi, metodicamente, hanno iniziato adistruggere tutto quello che ho creato. A nulla sono valse le rimostranze, ilprotestarmi innocente, vittima di un sopruso. Non hanno voluto ascoltarmiquando dicevo loro che stavano ostacolando il progresso, che la liberainiziativa è l’anima del benessere. Hanno distrutto tutto. Mi sono rimaste soloun paio di cellule che sono riuscito a nascondere per tempo.
Che volete, io sono fatta così. Più mi colpiscono epiù acquisto energia. Se vogliono distruggermi divento furba. Ne so sempre unapiù di loro. C’è voluto del tempo ma mi sono rimessa in piedi. Nuove cellule,più forti e resistenti, capaci di far fronte con successo ai macrofagi. Nuovearterie per poter essere autosufficienti. Soprattutto una nuova strategia. Oranon ho più paura di dare fastidio, per cui ho deciso di avanzarecontemporaneamente su due fronti: continuerò ad espandermi nella cavità delpolmone, conquistando quegli immensi spazi liberi ma, nello stesso tempo, hoaddestrato un gruppo di cellule a puntare verso l’interno. Dobbiamo assicurarcialcune postazioni strategiche. Il primo obbiettivo sono ovviamente i linfonodi.La mia mente lavora febbrilmente, ogni giorno scopro nuove possibilità per darecorpo al mio sogno. Voglio crescere abbastanza da essere riconoscibile daquello che mi porta a spasso dentro di se. Se ci penso mi gira la testa. Io,una piccola insignificante cellula dell’epitelio polmonare, che diventa cosìpotente da costringere il mio ospite a trattare con me.
Sto pensando seriamente di scrivere un libro. Mipiacerebbe poter trasmettere tutta l’esperienza che ho accumulato in questimesi di duro lavoro. Lo intitolerò “Come diventare una cellula di successo”.Che ve ne pare, eh? Non è che mi sto dando troppa importanza, per caso? No, no,direi proprio di no. Se mi guardo intorno, nessuno all’interno di questo corpoha fatto tanta carriera come me, nemmeno quelle spocchiose cellule grigie cheprima mi facevano tanta invidia. E’ facile nascere ricchi, si ha tutto subito,senza alcuna fatica. Molto meglio quelli come me che sono partiti dal nulla,che hanno creato la loro fortuna con il sudore della fronte.
Però che fatica. Bisogna sempre essere sull’avviso,mai abbassare la guardia. Non c’è mai una conquista definitiva, un punto diarrivo. L’imperativo è crescere, crescere sempre perché c’è ogni volta qualcunopronto ad appropriarsi del frutto del tuo lavoro, a metterti da parte e aprendersi tutti i meriti. Bisogna combattere su tutti i fronti, senza alcunacertezza alle spalle. Ogni volta è una partita decisiva. Più punti in alto epiù rischi di cadere rovinosamente. Fermarsi, però, è peggio, significacondannarsi ad una fine ingloriosa. Ora non ci sono solo i macrofagi da cui guardarsi.Stanno cominciando ad arrivare stranissime sostanze, estremamente tossiche, chefanno danni terribili. Ma che sta facendo il tizio? Si vuole avvelenare? Fattosta che le mie cellule muoiono a milioni, è una strage. Mi ci vuole del buono edel bello per rimpiazzarle, per trovare nuovi trucchi in modo da evitare anche questeinsidie.
Mentre combatto sono però ancora più lucida. Ora cheho conquistato posizioni così importanti dentro al polmone e che sono in gradodi resistere anche a quelle sostanze terribili, ho deciso di fare un nuovopasso in avanti. Mi voglio globalizzare. Espandermi, creare delle succursali inaltri organi. Sissignori, il mondo sta cambiando rapidamente ed io non possostare con le mani in mano. Il corpo del mio ospite è molto vasto, mica silimita al mio polmone. Ci sono tante nuove possibilità di crescita per le miecellule. Ho studiato la cosa e credo di poter avere ancora una volta il successoche merito. Adesso che ho il controllo di una fitta rete di arterie possomandare dei miei emissari in ogni parte del corpo. Devo solo fare le cose per bene,per evitare brutte sorprese.
In effetti le mie grandi capacità (penso veramentedi essere la cellula più intelligente di tutto il corpo) vanno sfruttate finoin fondo. So quanto un’impresa può essere difficile. Poi ho la responsabilitàdi un numero enorme di cellule, che io ho creato e che credono in me e mi sonoriconoscenti. Devo dare un futuro a tutte loro. Per questo mi sto muovendo congrande circospezione. Ho cominciato a trattare con gli organi che mi sembranopiù malleabili, i reni ed il fegato. Ho spiegato loro che le cellule che stomandando non devono considerarle come estranee, pericolose. Tutt’altro, glielemando per insegnare anche a loro la via per il progresso. Io, in fondo, sonouna cellula generosa e ci tengo a condividere con gli altri la mia fortuna.
Però trovo ancora così tante resistenze! C’è unaparte del corpo che mi odia, che vorrebbe distruggermi. Ogni giorno ricevolamentele, ingiunzioni, minacce. Il cervello mi è ostile. Cerca di metter sututti gli altri contro di me. Va dicendo che, da quando ci sono io il corpo siindebolisce, che è continuamente attaccato da nuove malattie che prima riuscivafacilmente a sconfiggere. Ma, cribbio! Che rabbia, tutte quelle menzogne. Manon lo vedono, lorsignori, di chi è la colpa? Certo che le infezioni ci sono,non lo nego di certo. Però, se il Sistema Immunitario non fosse politicizzato,se invece di prendersela sempre e solo con me, se invece di combattermi tuttoil santo giorno con uno spiegamento di forze che non ha uguali nella storia, sefacesse invece il suo dovere e si limitasse a combattere le infezioni chevengono dall’esterno, tutti questi problemi non ci sarebbero. Dicono poi che ilnostro ospite sta perdendo peso, che non riesce quasi più a camminare e devestare sempre a letto. Lo credo! Con tutte le medicine che prende. Sfido io, nonpuò mica pretendere di saltare come un grillo. Butta continuamente giù dellarobaccia, sostanze che distruggono le mie povere cellule, e poi si lamenta. Nonè certo mia la colpa. Solo l’interpretazione maligna che ne da il cervello puòfar breccia nella mente semplice di tante cellule. Altrimenti sarebbero tuttecon me. Dalla parte del progresso, del benessere per tutti.
Il cervello mi preoccupa. Da tempo sta lavorandonell’ombra, grazie ai suoi contatti anche con l’esterno. Sta cercando dicoalizzare tutti contro di me, dicendo che sono il male assoluto, che devoessere estirpato. Alcuni amici mi hanno parlato di cose terribili, di lameaffilatissime capaci di penetrare fino a qui e di portar via in un baleno tuttoquello che ho costruito. Stanno già facendo i preparativi. Prima hanno cercatodi eliminarmi per via immunitaria poi, visto che quella strada non funzionava,ci provano in altro modo. Ma io non mi arrendo, sono pronta a combattere e,modestamente, a vincere ancora una volta. Anche se dovessero asportare tutto ilpolmone ho già dei saldi avamposti in un sacco di altri organi. Non ditelo anessuno, ma voglio rivelarvi un segreto: ne ho uno anche nel cervello!

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