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Qatar2022, Blatter choc:  ‘C’era pressione politica’

Creato il 19 settembre 2013 da Mbrignolo
Blatter esplode il colpo:

Joseph Blatter, presidente della FIFA
ha ammesso le pressioni politiche sui Mondiali2022

INCHIESTE. Calcio e politica, politica e calcio. Com’è il detto? Cambiando l’ordine degli addendi il risultato non cambia? Beh, anche in questo caso l’incontrovertibile assunto matematico non sarà smentito: il dio pallone prosegue nell’intreccio perenne fra l’ormai poca imprevedibilità di una sfera che ruota su un rettangolo verde e la calcolata inerzia originata da una pressione, enorme, esercitata dalla lobby politica che proprio nel calcio ha messo profondissime radici.
L’ultimo capitolo della saga risale alla giornata di ieri, quando il “grande stratega” Joseph Blatter, presidente della FIFA da tempo immemore (in realtà dal ’98, ma è all’interno dell’organismo dal lontano 1977), ha dichiarato con la nonchalance tipica di chi oramai ha i gradi per dire ciò che più gli pare che “i Mondiali del 2022 sono stati assegnati al Qatar per via delle grandi pressioni esercitate dagli uomini di governo dei vari paesi sui loro rappresentanti con diritto di voto in seno alla FIFA”. Così, senza filtro, senza pudore, come fosse la dichiarazione più banale.
In verità, dietro a queste poche e potenti parole, si cela un gioco di potere che è solamente agli inizi e che potrebbe aprire scenari inauditi da qui al 2022.

Innanzitutto, le parole di Blatter inaugurano ufficialmente la campagna elettorale per l’elezione del prossimo Presidente della FIFA, prevista per maggio 2015. Spazzato via, quindi, l’apparente tentennamento di Michel Platini, attuale numero uno della UEFA in predicato di candidarsi proprio alla presidenza FIFA: Blatter fa sul serio, e lo fa sin da subito. Nella sua lunga esperienza come tessitore di rapporti internazionali e stratega di missioni considerate impossibili (il suo attuale quarto mandato ne è un chiaro esempio) , Blatter ha imparato a non guardare in faccia nessuno, menchemeno le canoniche tempistiche. Eccolo, quindi, a lanciare il dardo, un’esternazione cui il sistema mediatico internazionale non ha voluto prestare attenzione (non ne avevamo alcun dubbio) ma che invece in Qatar è arrivata forte e chiara. I Campionati del Mondo del 2022 sono ancora in dubbio, quantomeno per ciò che riguarda il paese che li ospiterà.
Ma come, vi chiederete, nel ricco emirato del Medio Oriente i preparativi sono già partiti da un pezzo (e Calciolab vi mostrerà presto immagini esclusive), il movimento calcistico ha già mosso diversi passi ingaggiando uomini di sport importanti per l’immagine e lo sviluppo del prodotto-Qatar, come possono interrompere un meccanismo di dimensioni simili peraltro dagli ingranaggi già messi in moto? La risposta può apparire banale, ma tant’è: è una questione d’interessi.

Che l’assegnazione dei Mondiali del 2022 sia stata accolta con spiacevole sorpresa dai grandi governatori del calcio è una notizia che notizia non è mai stata: sin dall’inizio, infatti, l’ipotesi di dover trasferire baracca e burattini in un paese così distante, non solo geograficamente, dalle capitali calcistiche attuali è stato visto immediatamente con una bella matrice di scetticismo. Se tutto il mondo è paese, infatti, è un mondo escluso agli Emirati. Lì bisognerà rispettare l’ordine imposto dai ricchi sceicchi, sarà impossibile per le lobby attuali andare a fare il bello e cattivo tempo in casa d’altri, pena una bella bolla diplomatica pronta a scoppiare. E in un’economia – calcistica e non – che si dirige sempre più verso i nuovi ricchi del pallone (russi e sceicchi, appunto) non è proprio ideale entrare in conflitto con i nuovi investitori.
Di questo, in Europa, ce ne si è resi conto, però, evidentemente tardi: il 2022 sembrava ancora lontano, con il Vecchio Continente impegnato a specchiarsi all’interno dei suoi innumerevoli problemi (ragione reale, anche se utilizzata come alibi da Platini per mantenere riserbo sulla sua possibile candidatura nel 2015).

Il campanello d’allarme è suonato in Inghilterra poco tempo fa: la Premier League chiude il più ricco contratto di cessione dei diritti TV della sua storia e, puff, improvvisamente il 2022 è dietro l’angolo. E anche in questo caso l’attenzione mediatica è totalmente da rivedere: Oltremanica si concentrano sulla stagionalità della manifestazione (meglio l’estate, chissenefrega che in Qatar ci saranno 50 gradi all’ombra, noi abbiamo i nostri match a Natale e Capodanno ottimamente pagati dalle tivù), mentre all’estero credono sia tutto un problema inglese. Macchè!
La realtà vede la Serie A nutrire, proprio come in Spagna, Francia e Germania, le stesse ambizioni dei lord inglesi: chiudere contratti milionari riguardanti i diritti televisivi nel giro di pochi mesi,al  massimo pochi anni. Dover interrompere la disputa dei campionati per dar spazio a un Mondiale in inverno, non è proprio la credenziale giusta per onorare un contratto appena stipulato (vedi Premier) o per chiuderne uno a breve.
Siamo quindi davanti a un “blocco europeo” nato su iniziativa inglese seguita a ruota dalle altre leghe, un blocco su cui i candidati alla presidenza FIFA dovranno inevitabilmente fare affidamento per puntare a sedere sul trono del calcio mondiale. Da una parte Blatter, criticato dai suoi stessi “sudditi” ma potente più di tutti, dall’altra Platini: il primo, con questa abile mossa, ha fatto intendere che per accontentare chi lo condurrà al trionfo è pronto a tutto; dal canto suo Le Roi Michel, che fa affidamento sui “falchi” (giusto per attualizzare maggiormente il minestrone) della FIFA e sui buoni uffici di cui gode stando a capo della UEFA. Non è un caso, a tal proposito, che le grandi riforme economiche tanto decantate dal francese – leggasi alla voce “fair play finanziario” – siano ben lontane dal diventare realtà, o meglio, dal colpire quelle realtà che stanno ribaltando il calcio europeo a suon di petroldollari sonanti.
La strategia di Platini non è meno perfida e calcolata di Blatter, tutt’altro: la sua apparente titubanza è dovuta al conflitto di interessi che lo vede protagonista. Michel ha ottimi rapporti con gli sceicchi, presso i quali lavora da tempo il figlio di Platini, Laurent (avvocato della Qatar Sport Investments) e da qui al 2015 sa di dover percorrere un sentiero tortuoso mantenendo intatti i legami europei e gli interessi asiatici. In questo cancan di “emozioni”, prendete nota, all’orizzonte si profila lo sbarco di un grande alleato di Platini: Al Jazeera. Se è vero che in Europa ci si è svegliati una volta toccato il nervo scoperto dei diritti TV , proprio un network potente come quello arabo potrebbe togliere le castagne dal fuoco a Platini garantendo alle leghe del Vecchio Continente un morbidissimo paracadute sul quale atterrare.
Ecco, quindi, che tutto torna. Compreso il rischio, il buon vecchio Sepp ha iniziato la partita più importante della sua carriera entrando immediatamente in scivolata: “Volete farmi le scarpe? E io vi faccio saltare il giochino”. In questo caso, però, sarà un gioco che durerà a lungo, almeno fino al maggio del 2015.

 

Contenuto ceduto in esclusiva dall'agenzia alaNEWS. Riproduzione vietata. Anno 2013.

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