Quadri da un sistema scolastico

Creato il 12 aprile 2011 da Lanterna
È luglio, io sono a casa con i bambini. Chiama un'amica di Luca che ormai è anche amica mia. Una persona che purtroppo non ha trovato posto nella ricerca e che per fortuna porta la sua esperienza nella scuola pubblica. Mi dice che il suo network sta preparando una proposal per una casa editrice americana e che hanno bisogno della mia esperienza di editing e revisione linguistica. I tempi sono strettissimi, loro si ritrovano a discutere della proposal fino a tarda notte. La maggior parte di loro sono precari, manco pagati durante il periodo estivo. Eppure ci credono, lavorano, mettono insieme 40 esperienze di buone pratiche della scuola italiana, dalle elementari alle superiori. La casa editrice accetta e, se tutto va bene, nel giro di un anno anche il mio nome comparirà su quel libro.

È settembre. Ho 14 anni. Entro nel liceo che per 5 anni diventerà la mia casa. Un ex convento con soffitti altissimi e talvolta affrescati, finestre dai vetri sottilissimi, parti inutilizzate, spifferi ovunque. E professori che potevano essere bravissimi o scarsissimi, a seconda della fortuna e di chi andava in pensione. Per dire: ho fatto un liceo classico e non ho mai saputo il greco.


Venerdì pomeriggio, corro alla materna a ritirare i bambini, per poi partire verso Torino. Loro giocano in giardino, io aiuto la ragazza del doposcuola a far uscire una lucertola che era entrata in classe. Ridiamo, e io penso che sta davvero bene coi bambini. Altrimenti è un'attrice da Oscar.


L'anno scorso, il colloquio con le maestre mi aveva lasciata interdetta e vagamente ferita. Allora avrei parlato di una scuola che non si preoccupa dei bambini ma solo delle loro abilità, che intruppa, che vuole l'omogeneità a tutti i costi. Sono così contenta che le maestre di quest'anno, sia di Amelia sia di Ettore, abbiano smentito questa impressione.


L'anno prossimo ci aspetta il grande salto. Mi fa paura, non lo nego. Ho paura che Amelia non sia pronta. Ho paura che la scuola del nostro paese ci faccia rimpiangere quella del paese vicino, che però non accetta i non residenti. Ho paura del cambio di ambiente: dal paese più ricco di Lombardia, abitato da professionisti e gente mediamente colta/consapevole, a un paese che è a metà tra la riserva di operai agricoli e il dormitorio dei pendolari. Un paese per nulla attento ai bisogni delle famiglie e dei bambini, tant'è che l'asilo nuovo è stato progettato senza tenere conto dei piani regolatori e dell'afflusso di nuove famiglie. Un paese dove la biblioteca è aperta un'ora al giorno, in un orario impossibile. Un paese che ha un parroco talmente potente e idiota da pensare di chiudere il rifugio di una rara specie di pipistrelli, roba che in Francia ci farebbero un villaggio a tema intorno. Non ultimo, ho paura delle maestre che incontreremo: la scuola in Italia è una lotteria.


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