Qualcosa è cambiato, nei miei sogni.
No, non in quello che sogno di fare: vincere alla lotteria e comprarmi un’isola delle Maldive è ancora uno dei miei sogni, così come sposare un milionario e fare la mantenuta spocchiosa per il resto della mia vita.
Sono cambiate le cose che sogno, ecco.
Qualche tempo fa vi ho raccontato che continuavo ciclicamente a sognare le stesse cose, no? Il vecchio posto di lavoro, i vecchi colleghi, lo scherno, il mio dover tornare fra loro e sentirmi fuori posto, non voluta, il loro ostracismo convinto. Cose vissute, un terrore atavico di dover tornare in mezzo a quelle merde (un terrore atavico privo di alcun fondamento visto che a. non mi riprenderebbero mai b. probabilmente – il condizionale è d’obbligo perché nella vita non si sa mai, e potrebbero decidere di darmi un mucchio di soldi perciò accetterei – non tornerei neanche per tutto l’oro del mondo).
Un terrore atavico che ciclicamente mi imponeva di sognare brutti posti e brutta gente che aveva la brutta abitudine di farmi sentire sbagliata, a disagio.
Solitamente sognavo una o due di loro: la migliore amica (o quella che credevo tale, e che poi si è rivelata la peggio cagna di tutte), la mia ex capa (veneravo anche lei, e anche lei si è rivelata una cagna mica da poco – un ottimo esempio da seguire, comunque, se si decide di farsi crescere il pelo sullo stomaco). Sognavo che si ostinavano a non volermi incontrare, o guardarmi in faccia, o rivolgermi la parola.
E la cosa mi faceva incazzare da morire, da sveglia. Perché non lo facevano per vergogna ma perché si ritenevano superiori.. e se c’è una cosa di cui sono più che certa, è di essere sempre stata io ad essere superiore a loro (si, modestamente!) e a non dover rendere conto di nulla.
Ma comunque, questi sogni si capivano anche senza interpellare uno psicologo dei sogni: paura del rifiuto, paura della stigmate sociale, disagio ambientale, bla bla bla.
Qualche notte fa, invece, m’è capitato qualcosa di diverso.
Ho sognato ancora quelle persone, ma questa volta erano loro a venire a cercarmi, loro a chiedermi consiglio, loro ad “inchinarsi” alla mia superiorità. Nessun disagio, nessun sussurro alle spalle, nessuno a dirmi “tu non dovresti essere qui, ti abbiamo licenziata e abbiamo fatto bene”.
Ed io, che ricordavo i torti subiti, non ero nemmeno un briciolo arrabbiata, non un istante risentita, priva della benché minima acrimonia (tanto che mi sono stupita io stessa).
Quando mi sono svegliata, mi sono guardata in faccia un istante, e mi sono capita. Mi sono sentita, per la prima volta da tanto, tantissimo tempo, padrona del mio essere, padrona del mio futuro. E orgogliosa di esserlo, tanto che il mio orgoglio aveva tacitato qualsiasi pretesa altrui di “ridurmi” ad una cosina alta così, senza dignità e senza spina dorsale.
Mi sono anche chiesta che cosa era cambiato, per cambiare i miei sogni così, e poi mi sono anche risposta. Piccoli grandi cambiamenti, ma l’essenziale, probabilmente, come mi vedo adesso: la mia vita ripresa fra le mani, decisioni importanti (e rischiose) prese, piccoli passi che tanto piccoli non sono, e se fatti ogni giorno ti portano lontano.
Di nuovo sulla strada dei tuoi sogni, forse.
Anzi, spero.