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Quale differenza c’è fra PROIBIRE ed EDUCARE?

Da Motovita

Approfitto di un commento che ho ricevuto poco fa per affrontare uno di quegli argomenti tanto importanti quanto incompresi: il tema dell’educazione. In particolare vorrei illustrare l’enorme differenza che intercorre fra vietare ed educare. Molte persone confondono i due concetti, mentre di mezzo ci scorre il mare.

Lo faccio copiando ed incollando qui sotto la mia risposta al commento dell’utente, il quale ha replicato al seguente articolo: Abbigliamento tecnico obbligatorio per motociclisti: ogni tanto ci riprovano!

Commento

Pippo:
ma infatti se fa tanto caldo da non poter usare le protezioni forse sulla moto è bene non salirci. Cioè non è perchè mi da fastidio la cintura sono legittimato a togliermela

Risposta

Beh, non è proprio la stessa cosa, Pippo.
La cintura di sicurezza è obbligatoria, l’abbigliamento protettivo no.
Lo sapevi?

Mi sa che non hai colto il messaggio del mio articolo, il quale voleva sostenere un concetto all’apparenza banale: non è attraverso gli obblighi che si educano le persone, bensì attraverso il buon esempio e la cultura. Gli obblighi e i divieti danno fastidio alle persone intelligenti, mentre quelle superficiali continueranno a non rispettarli.

Lo abbiamo sotto gli occhi continuamente. Vedi appunto il caso della cintura di sicurezza. Ci sono zone d’Italia dove nessuno le usa e si muore per un piccolo tamponamento, eppure l’obbligo c’è da decenni. Vedi poi l’obbligo di tenere i bambini sul sedile posteriore all’interno dell’apposito seggiolino. Eppure li vedo spesso sul sedile anteriore, addirittura in braccio ad un adulto.

Vedi il divieto di utilizzare il cellulare alla guida, eppure quando sono in giro fatico a trovare un automobilista che non abbia quel maledetto oggetto in mano.
Ma non era proibito?

Potrei andare ancora avanti, ma penso che chi vuol capire abbia già capito.


Informazione versus Imposizione

Lo stesso discorso potremmo farlo anche per l’obbligo del casco. Una persona mediamente consapevole arriva a capire da sola che è importante indossarlo. Magari ragionandoci sopra arriverà a comprendere che un casco integrale è molto meglio di un casco jet.

Una persona poco consapevole non lo capirà nemmeno se la obblighi a farlo e nella migliore delle ipotesi utilizzerà un caschetto aperto minimale giustificandosi con tutte le scuse possibili: è scomodo, è ingombrante, è pesante, io non faccio incidenti, vado piano ecc.

Ma se tu punti sulla cultura e sull’educazione anziché sulla mentalità fascista, i risultati saranno molto migliori e possiamo constatarlo in certe nazioni estere dove esistono meno obblighi e divieti ma le persone si comportano meglio.

Tanto per farti un esempio, in certi Stati le assicurazioni ti fanno lo sconto se tu ti impegni ad utilizzare sempre l’abbigliamento protettivo quando vai in scooter e in moto. In questo modo tu cittadino vieni spronato a ragionare sulla questione CON LA TUA TESTA. Ad un certo punto realizzerai in piena autonomia che ti conviene indossare giacca e pantaloni dotati di protezioni.

A tal proposito suggerisco di leggere la storia di un ragazzo che ha commesso l’errore di sottovalutare l’importanza del casco integrale. Si è salvato per miracolo da un incidente causato da un automobilista cittadino incauto. Il suo caschetto aperto non ha retto l’urto. Questo per chi ancora è convinto che un caschetto jet sia da preferire ad uno integrale:
http://www.moto39ilblog.it/senza-il-casco-non-ci-casco-usare-il-casco-salva-la-vita/

Animali e persone richiedono sistemi educativi differenti

Un cane può benissimo imparare a rispettare una regola, ma non può capirla.
Se lo addestri affinché non salga sul letto esso eviterà di farlo, ma dubito che arrivi a comprenderne le ragioni.
Esso esegue un ordine in maniera meccanica, anche a costo di danneggiare se stesso e gli altri.
Un essere umano che si comporta nella stessa maniera ha perduto la propria umanità.

Ma l’essere umano, se spronato, può comprendere il nesso fra causa ed effetto, e da quel momento in poi sarà in grado di autoregolarsi.

Prendi un bambino. Fondamentalmente esistono due modi per educarlo:
1) “No, questo non si fa” (come se fosse un cane);
2) “Così non va bene perché…” (spiegazione razionale / buon esempio).

Nel secondo caso il bambino capirà perché è sbagliato agire in un certo modo, ci ragionerà su e probabilmente estenderà la riflessione ad altri campi.
L’adulto non avrà bisogno di imporgli continuamente nuovi divieti, come invece accadrà nel primo caso.

Attenzione, ho scritto che “è sbagliato agire in un certo modo“: è completamente diverso dall’affermare che “è sbagliato fare una certa cosa“. I più sensibili fra voi ne coglieranno il significato.

Insomma sono pochi i comportamenti sbagliati a priori, mentre esistono tanti modi discutibili di metterli in pratica. La mente proibizionistica cerca di eliminare il comportamento in sé, mentre quella costruttiva si concentra sulle modalità attraverso le quali il comportamento si manifesta.

Dobbiamo scegliere da che parte stare: Paura o Consapevolezza?

La mentalità del divieto è passiva, distruttiva, negativa. Non desidera risolvere i problemi ma vuole semplicemente scaricarli su qualcun altro. È motivata dalla paura.

La mente educativa è positiva, proattiva, curiosa. Cerca di analizzare le situazioni più scabrose per individuarne gli elementi edificanti (se presenti). Non proibisce ma gira attorno alle cose finché non trova in esse un appiglio positivo.
È motivata dalla consapevolezza.

Ecco la differenza fra PROIBIRE ed EDUCARE attraverso il buon esempio. Naturalmente per poter trasmettere il buon esempio bisogna innanzitutto averlo interiorizzato.

Tanti obblighi e divieti rendono le persone meno consapevoli


Il divieto rappresenta l’anticamera dell’illegalità, laddove educazione ed informazione vanno a ridimensionare fortemente la carica attrattiva dei comportamenti trasgressivi e/o dannosi per se stessi e per la collettività.

Il divieto e l’obbligo sono la medesima cosa, due lati della stessa medaglia. Entrambi fanno leva sulla paura della punizione. La paura crea dipendenza. La paura rende attraenti cose che in assenza di essa non verrebbero neppure prese in considerazione. La paura genera sentimenti negativi, odio, fissazioni.

Magari ai tuoi occhi non fa alcuna differenza, ma ti assicuro che la differenza è ENORME in termini di consapevolezza individuale. La consapevolezza collettiva è un’emanazione delle singole menti, perciò non possiamo aspettarci grandi risultati all’interno di una società che considera i propri membri come cani da addestrare piuttosto che come persone da educare.

Per me sono concetti abbastanza scontati, ma guardandomi attorno mi rendo conto che non lo sono affatto.

La verità è che ad uno Stato conviene addestrare dei cani piuttosto che formare dei pensatori, ma noi come singole entità possiamo tranquillamente estraniarci da questo meccanismo. Se ci hanno fornito il libero arbitrio ci sarà pure un motivo!

Perché educare significa sopratutto dare il buon esempio?

La questione è semplicissima e potrei chiuderla citando una singola frase di Socrate:
Chi vuol muovere il mondo, muova prima se stesso“.

Se io mi comporto bene influenzerò positivamente chi mi sta vicino, a maggior ragione se quel qualcuno è un bambino. Un bambino non conosce ancora il concetto di giusto e sbagliato, quindi tenderà ad imitare gli adulti che vede attorno a sé.

Se quegli adulti fumano, bevono alcolici, guidano senza cinture di sicurezza, sgasano e impennano con la moto, sono dipendenti dal cellulare e dalla televisione, mangiano tanti dolciumi e cibo spazzatura, prendono medicine per ogni piccolo fastidio fisico (e chi più ne ha più ne metta), il poverino tenderà a considerare perfettamente normale tutto ciò.
E soffrirà quando prenderà coscienza dell’esistenza di altre realtà maggiormente costruttive.

Se i suoi genitori sono attenti alla propria alimentazione, amano la natura e gli animali, riflettono prima di giudicare e si assumono le proprie responsabilità, di conseguenza anch’esso farà proprio uno stile di vita simile al loro.

Gli adulti non sono diversi. Proviamo noi per primi a cambiare una nostra abitudine negativa e ci accorgeremo che gli altri non rimarranno indifferenti.

Verrà meno il bisogno di imporre la nostra volontà sul prossimo (obblighi e divieti) in quanto i comportamenti sani non necessitano di affermarsi attraverso la forza.

Quando i divieti e gli obblighi diventano indispensabili

Intendiamoci, io non sono un anarchico che sogna una società dove ognuno può fare ciò che vuole a discapito degli altri. Al contrario sono una persona piuttosto precisa e maniacale nelle questioni che la riguardano, e credo che il mio modo di scrivere lo confermi.

Quand’è dunque che un divieto può essere considerato giusto?

Per me la risposta è davvero ovvia: quando la mancanza di esso provocherebbe un danno alla collettività.

– Fumare in luoghi pubblici danneggia chi non fuma, ergo il divieto è più che giusto.
– Alcolizzarsi e poi guidare significa mettere in pericolo gli altri, perciò gradirei punizioni ben più severe di quelle attuali.
– Correre oltre i limiti di velocità sortisce lo stesso effetto.
– Guidare distratti dal cellulare è uguale a farlo da ubriachi, dal mio punto di vista.
– Parlare al cellulare in luoghi pubblici disturba gli astanti, dunque andrebbe proibito proprio come il fumo.
– Gettare rifiuti dal finestrino è causa di pericolo per ciclisti e motociclisti e andrebbe punito.
– Fumare durante la guida distoglie l’attenzione dalla strada e non si capisce perché venga tollerato.

Questi sono esempi di divieti condivisibili e persino necessari.

Il divieto e l’obbligo diventano controproducenti quando al loro posto sarebbe sufficiente educare le persone attraverso la cultura e la responsabilizzazione individuale.

Vuoi andare in giro in scooter senza casco? Bene, sappi che vai incontro a grossi rischi e che in caso d’incidente con colpa l’assicurazione non risarcisce un centesimo. Dovrai sostenere personalmente le spese che ne conseguono.
Ti da fastidio la cintura di sicurezza? Bene, sappi che basta una frenata violenta per farti del male e che in caso di sinistro con colpa dovrai pagare di tasca tua.

Questo significa mettere gli individui dinanzi alle proprie responsabilità.
Nel caso dei minorenni i relativi genitori finirebbero per sentirsi responsabilizzati di conseguenza e forse comincerebbero a capire il valore del buon esempio.

Se lo Stato adottasse tale sistema, sono certo che nel giro di un paio d’anni non vedremmo più nessuno guidare senza casco e cintura di sicurezza.

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