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Quale Giustizia?

Creato il 11 dicembre 2010 da Albix

giustizia2Il dibattito sulla giustizia, soprattutto negli ultimi lustri, ha perso di vista il suo vero obiettivo: il miglior servizio da rendere al cittadino, sovrano nell’accezione più ampia di cui all’art. 1 della Costituzione.

Nei primi anni di applicazione della Carta Costituzionale ci si è persi, animati dalle migliori intenzioni, in fumose e teoriche disquisizioni sui massimi sistemi; in altri periodi hanno prevalso le lobbies degli avvocati o quelle dei magistrati; ultimamente, poi, il discorso ha viaggiato sui falsi binari di una riforma pro o contro i magistrati;la classe politica, nell’arco di più d’un cinquantennio non è stata capace di avviare una seria riforma.

Ma è davvero così difficile far funzionare la macchina giudiziaria?

Ebbene, non è certo facile; ma si può e si deve cercare di farlo.

Innanzitutto occorre fare una distinzione fra il processo penale ed il processo civile(per semplicità tralascio il processo amministrativo e quello tributario che, ovviamente, sono particolari, seppure importantissimi e, per certi versi, anche più degli altri due,  per la ricaduta che essi hanno nella sfera economica e sociale dei privati, pesantemente invasa da organi amministrativi e finanziari,  nei confronti dei quali il cittadino,  ha più che mai bisogno di una tutela efficace, celere e trasparente.

Con riguardo al processo penale occorre sottolineare che rispetto al vecchio codice Zanardelli (tutto incentrato sulla figura del magistrato inquirente, vero e assoluto padrone del processo), l’attuale codice di procedura penale ha innovato in maniera radicale, tentando un salto culturale che non ha tenuto conto da un lato della cultura giuridica degli operatori nostrani del diritto (in primis gli avvocati); dall’altro della fragilità ed inadeguatezza delle strutture (soprattutto cancellerie e servizi di notificazione); così è naufragata una riforma il cui processo oggi premia i furbacchioni, i maestri forensi del cavillo facile e i farabutti (complice anche un legislatore schizofrenico e insicuro, strattonato di qua e di là, confuso tra il senso dello Stato e la pressione di poteri occulti, ben presenti nei suoi gangli vitali).

La soluzione potrebbe essere quella di assegnare a ciascuna Regione, mezzi e risorse per creare un modello processuale più consono alle esigenze locali (come avviene negli Stati Unitid’America); ma occorre agire con cautela e nel lungo periodo; nell’immediato, una legge tampone potrebbe affidare l’ingente arretrato a dei magistrati onorari presi dai ruoli degli avvocati cassazionisti, depenalizzando nel contempo reati di scarso allarme sociale (anche se ottimi strumenti di propaganda) quali ad esempio l’immigrazione clandestina e il consumo di sostanze stupefacenti leggere.

Il processo civile, invece, segna il passo, come un elefante senza memoria, che vaga in una intricata foresta di sentieri che si incrociano e non si incontrano mai.

Nella mia ormai venticinquennale esperienza nella professione forense penso, a ragion veduta, di poter puntare il dito sul principale tra i mali che affliggono la giustizia: quel male si chiama formalismo.

Faccio subito un esempio, sperando di spiegarmi bene anche per in non addetti.

Supponiamo che io faccia una causa di separazione in cui i coniugi separandi abbiano dei beni da dividere: la casa, delle somme di danaro, dei mobili, un’impresa commerciale ecc. ecc..

Ebbene, il bizantinismo imperante nel processo civile arriva ad imporre agli avvocati (e quindi agli utenti e destinatari finali del servizio), dopo avere avviato la causa di separazione, di avviare tante cause quanti sono i beni da dividere (una causa per l’impresa; una causa per l’abitazione; un’altra causa per i soldi; teoricamente queste cause si potrebbero anche unificare ma a rischio e pericolo dello stesso coniuge nel cui interesse le cause venissero avviate, che rischia di trovarsi di fronte un magistrato ostile o nella migliore delle ipotesi impreparato a conoscere questioni di diritto civile e commerciale, beni mobili ed immobili, diritti reali e relativi trattati in unico contesto giudiziario).

Potrei fare cento altri esempi, ma penso di essere stato chiaro: il nostro sistema giudiziario è parcellizzato in una miriade di compartimenti a stagnazione separata, che non sono in comunicazione tra loro.

Sembra di essere ancora ai tempi del diritto romano classico, quando bastava sbagliare una formula, per perdere la causa.

Quali barbari dovremmo aspettare, per modificare il nostro sistema processuale?

Ma non basta: queste cause andranno avviate dopo che la sentenza sarà passata in giudicato (col giudizio di Cassazione o con giudizio di merito non impugnato nei termini di legge).

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