Non sono neo-mamma, quindi mi è andata male anche stavolta. Ma non dispero: prima o poi gli 80 euro li darà anche a me. Non è possibile non lo faccia. Altrimenti, prima o poi, mi incazzo: perché a me no?
Premessa per parlare degli 80, quelli seri. Quando c’erano le lire. E John McEnroe. E Clerici-Tommasi che lo raccontavano.
Grazie alla cortesia di Fabio Fazio ho ottenuto un posto di proscenio a “Che Tempo che fa”, nella serata in cui era intervistato John McEnroe. Più di un amico mi ha chiesto com’era. Ero solo di fronte a una folla di psichiatri che non capiscono come mai non profittassi dell’invito di giornalista, per ammirare Mac e i suoi coetanei, Chang, Lendl e Ivanisevic, impegnati a Milano in un torneo esibizione, e ho sinceramente risposto che rivederli in campo mi avrebbe fatto la stessa tristezza che avevo provato nel vedere la prima ballerina Carla Fracci, e altri idoli, sommersi dall’età. Non mi sono per altro del tutto stupito nell’osservare il teatro televisivo pienissimo, e mi sono detto che se abbiamo gli anni dell’ex rivediamo in lui i ricordi della nostra giovinezza, se siamo giovani riusciamo a immaginare come fosse, anche grazie ai filmati, e alle storie che abbiamo letto, o che stiamo leggendo, quella di Mac appena ripubblicata da Fiamme, con il time se un avvocato attaccasse il giudice, e addirittura sputare poteva condurre in cella. II Mac cinquantacinquenne visto a Milano, bianchissimo di capelli e elegante in un completo grigio, era molto diverso da quello dei miei ricordi di spettatore professionista. Migliore? Vorrebbe forse sapere l’aficionado. Certo diverso, nel ricordarci che a “diciotto anni ancora non capivo come fosse il mondo e avere figli (5, da due diversi matrimoni, con Tatum O’Neil e Patty Smyth) mi ha reso più umile, in modo che la mia vita è più bella ora”. Di se stesso campione, del suo comportamento spesso criticato, che lo portò ad essere il primo anche nella squalifica di un tennista professionista, all’Australian Open, Mac ci ha dato una spiegazione: “mi sentivo solo”. E al perché di Fazio, reiterava. “Ti senti nudo, e sei nudo di fronte a una folla di psichiatri che non ti capiscono. Avevo paura, in campo, ma non volevo dimostrare la mia paura, e allora era meglio reagire urlando che piangere”. In seguito a molte critiche, che avevano spinto qualche lettore a ritenermi nemico di Mac, dopo che i nostri rapporti son diventati amichevoli grazie ad una comune ammissione alla Hall of Fame, non potevo non ricordare a me stesso la drammaticità di un gioco che ci costringe soli, di fronte a diecimila persone, spesso in una condizione fisica di profonda fatica, di disagio, di disaccordo con noi stessi, addirittura di uno smarrimento di auto-stima, di un auto giudizio negativo. E ho creduto di capire, meglio di quanto non fossi riuscito nel vederlo nei suo sette Slam vinti o in quelli perduti, che le reazioni verso i giudici, verso un malcapitato raccattapalle, verso quell’accessorio di sé che è la racchetta, altro non fossero che dialoghi negativi, spesso disperati, di un giovanotto che una mano sensibilissima aveva spinto allo sport, così come alla musica un pianista. Ma, per chi non abbia assistito, ieri sera, a “Che tempo che fa”, par giusto riassumere qualche brano. Per primo quello del più famoso tie-break sin qui giocato, il 18-16 della finale del 1980 a Wimbledon contro Borg, in cui Mac salvò sette match point, per poi perdere al quinto set. “La partita che mi rese famoso, famoso per una sconfitta” ha commentato Mac, per aggiungere “dopo quel match, Borg mi fece diventare un tennista migliore. E non ho potuto non capirlo, non ammirare la sua forza di volontà, il suo cuore”. Ci ha anche parlato di sé telecronista, ed ha ammesso di essere molto lontano dagli ascolti di Fazio, in una trasmissione fallita per aver ottenuto lo 0,2%, grazie alla affezionata e ripetuta presenza di Papà e Mamma. Un simile Mac autoironico ci ha raccontato altro, ad esempio la volta in cui sua mamma Kathy lo convinse ad accettare l’invito del Presidente alla Casa Bianca, per sentir Reagan chiedere alla moglie Nancy: “è lui il giocatore di golf che devo vedere?”. Mac ha poi risposto con una risata all’evidente riferimento ad Andrè Agassi, quando Fabio gli ha domandato se non avesse mai odiato il tennis. Una risata che gli ha probabilmente evitato di farci sapere che la biografia del suo giovane epigono è stata brillantemente inventata da un ottimo e bugiardo biografo quale Moehringer. Mac ha concluso con parole di affetto per il suo vecchio partner, Peter Fleming, che giunse ad affermare che il miglior doppio è fatto da John McEnroe insieme a qualunque altro tennista. Una gran serata, insomma, resa ancor più affascinante dal ritrovarmi seduto, e per un’ora, fianco a Filippa Lagerback. Non accade a tutti, amici aficionados.
Gianni Clerici