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Dal 1981 al 1986 ci fu un periodo, tristemente dimenticato, in cui i Fantastici Quattro…erano cinque. Il “quinto elemento” del quartetto era un cittadino inglese, cresciuto in Canada e trapiantato a New York che risponde al nome di John Byrne.
Tra gli appassionati del poker di eroi dalle divise bianche e blu, Byrne oggi è un nome più ricordato che conosciuto, nel senso che molti ne hanno sentito parlare e ma pochi hanno letto le sue storie. Apparsi per anni in Italia sulle pagine dei Fantastici Quattro della Star Comics, gli oltre settanta episodi scritti tra il 1981 e il 1986 dal barbuto autore sono, probabilmente, ciò che di più rivoluzionario fu scritto in ambito fumettistico prima di iniziare a parlare di revisionismo supereroistico, tanto che qualcuno parlò di una seconda Golden Age e “Fantastic Four” tornò ad essere per oltre un lustro “Il più grande fumetto del mondo” (come l’aveva denominato Stan Lee al momento della sua nascita).
Al suo posto nasce la Donna Invisibile, personaggio più moderno, più forte, più donna anni ‘80/’90, che abbandona lo stereotipo dell’insicura donzella dai capelli cotonati che ci aveva accompagnato fin da “Fantastic Four 1”. Questa Sue Storm è una donna che fa quello che deve essere fatto per proteggere la sua famiglia. Compreso far sì che Psycho Man non sia più un problema per nessuno, “per sempre” come lei stessa ammette. Si ha quindi sulle pagine dei Fantastici Quattro, la famiglia per eccellenza in casa Marvel un approccio à la Authority [1] con una trentina di anni di anticipo.
Non si tratterà però della vittima di un “colorato” rapinatore di banche o di uno scienziato pazzo deciso a conquistare il mondo, ma semplicemente un ragazzino triste e ignorato dalla famiglia che si dà fuoco per emulare il suo eroe. Una vicenda tristissima, che introduce, come poche volte era stato fatto prima, il tema del suicidio in un comic book, ancora sotto la ferrea stretta del Comics Code. Il nemico con cui si dovrà confrontare la Torcia Umana sarà un indefinibile e difficilmente affrontabile senso di colpa. Solo con l’intervento dell’Arcano, il personaggio Marvel più simile al concetto di Dio cosciente nella continuity Marvel del tempo, Johnny riuscirà ad elaborare il lutto e a ritrovare la forza di gridare ancora una volta “Fiamma!”, incendiarsi e librarsi nel cielo.
La morte del nemico non risolverebbe i problemi che dalla sua esistenza derivano?
Se con Sue Richards Byrne aveva sposato un revisionismo supereroistico, con il lavoro su Reed Richards l’autore canadese invece affonda le mani nella migliore tradizione narrativa che vuole l’eroe, eroe puro. Contro tutti e tutto. Anche contro l’evidenza e le scelte facili.
Ci sarebbe però stato un lieto fine se non fosse che pochi mesi prima la versione umana di Ben Grimm era stata uccisa dalla sua controparte rocciosa sul pianeta dell’Arcano, in uno scontro dai risvolti freudiani. Un altro punto saldo della storia del quartetto viene messo in dubbio e ribaltato: l’amicizia tra Mister Fantastic e La Cosa si è infranta. Forse per sempre (dove la parola sempre va intesa in senso fumettistico…cioè fino al prossimo cambio di scrittore!). Il posto di Ben Grimm sarà preso dalla “sensazionale” She-Hulk, altro personaggio estremamente caro a Byrne….tanto da portarla nelle storie del quartetto a scontrarsi con un paparazzo reo di voler pubblicare foto osé rubate alla gigantessa di giada.
Insomma, fu una rivoluzione di cui oggi si è persa parzialmente memoria.
Una rivoluzione che toccò il suo apice con la morte del feto della seconda figlia della coppia più famosa dell’universo Marvel, raccontata nel tristissimo Fantastic Four 267, “A small loss”….una piccola perdita.
Un aborto spontaneo che forse si sarebbe potuto evitare se Byrne non avesse voluto raccontare come a volte, anche i supereroi, non arrivano in tempo. Troppo lunga la battaglia tra Reed Richards e il Dr. Octopus, supercriminale e più grande esperto di radiazioni dell’universo Marvel….le stesse radiazioni colpevoli della morte della piccola mai nata.
Storie adulte per un pubblico molto più maturo di quello che oggi è il target di alcune testate della “Casa delle Idee”.
Anche dal punto di vista grafico le innovazioni e le sperimentazioni non furono poche: dalla copertina di Fantastic Four 276, completamente in bianco e nero, al ritorno delle copertine “parlate” tipiche della produzione di Stan Lee, all’episodio “Cityscape”, presentato su Fantastic Four 252 e sviluppato completamente in orizzontale.
Alla luce di tutto questo lavoro e di tutta la ragionata opera di distruzione e ricostruzione che Byrne ha svolto sulle pagine dei Fantastici Quattro, anticipando mode e modi di concepire la figura del supereroe, viene da chiedersi come mai il suo lavoro sia passato nel dimenticatoio così velocemente. Forse ha contribuito il carattere non proprio accomodante e una mancata capacità di rinnovarsi con il passar del tempo, tanto nel segno quanto nella narrazione. Forse essere arrivato per primo e più velocemente di tanti suoi colleghi a tante soluzioni narrative e grafiche ha comportato il suo ad andare fuori moda, quando la moda l’ha raggiunto.
Le sue storie restano però opere da riscoprire e approfondire, sperando di vederle quanto prima raccolte in volume.
Note:
- it.wikipedia.org/wiki/Authority_fumetto [↩]
- it.wikipedia.org/wiki/Uatu [↩]
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