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Quando i social svuotano le parole

Creato il 09 luglio 2012 da Maestrarosalba
Quando i social svuotano le parole Quando leggo un autore, uno scrittore, in silenzio, nel silenzio che la testa riesce a ricreare, in spiaggia, mentre aspetto, mentre viaggio, mi gusto il senso delle sue parole, messe insieme a significare un'emozione, uno stato d'animo, un pensiero, un'idea. Io Paulo Coelho, Margherita Hack o Alda Merini, Albert Einstein, Karol Wojtyla (e come loro altri) smetterei di citarli. 
Smettere di citare a catena è il modo più efficace per lasciare a ciò che è detto il significato autentico. Citare a catena è svilire il pensiero. Perchè quelle parole fuori dal contesto che le ha generate, tante delle quali ho letto nei libri, lette  migliaia e più volte mi diventano vuote. Scritte, riscritte e copiate, tradotte in una fissa immagine, smettono di trattenere in me l'emozione che hanno generato. Svilendo il valore della lettura e consegnandole ad un eco che le confonde in una marea di tante altre cose anche inutili.  Io le parole degli scrittori le lascerei a loro, nei libri, non me ne approprierei per fare bella figura nei social al posto delle parole che non ho da dire. 
Ogni tanto si può anche fare di ricordare una frase, di riportarla alla memoria perchè efficacemente esprime qualcosa e aggiunge valore a ciò che s'intende raccontare, ma messa così in questo tam tam che sono i social (Facebook e Twitter per primi) finiamo col ricoprire le parole che abbiamo letto, a prescidere che ci siano piaciute o meno, di uno spesso strato di banalità. Questo è uno dei motivi per cui tutto ciò comincia a non piacermi più.  L'eloquente immagine è tratta da facebook.© Crescere Creativamente consulta i Credits o contatta l'autrice.

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